2ª settim. Avvento A – Martedì – Se tu conoscessi il dono di Dio!
Cantate al Signore, benedite il suo nome; annunziate di giorno in giorno la sua salvezza (Sal 96, 2).
• O mio Signore e mio Bene, non è senza lacrime e grande gioia della mia anima che io ricordo questa cosa! Possibile, Signore, che tu ami tanto di startene con noi?…
Se non è per colpa nostra, noi possiamo avere in te la nostra gioia, come tu hai la tua nello startene con noi, avendo detto tu stesso che è tua delizia l’abitare coi figlioli degli uomini! E cos’è questo, Signor mio? È sempre di grande gioia per me udire questa frase.
È mai possibile, Signore, che un’anima, dopo aver compreso che tu ti delizi con lei, torni ancora ad offenderti e a dimenticare tante grazie e così grandi prove di amore di cui non può dubitare, per vederne chiaramente in se stessa le opere?
Purtroppo sì, o Signore! Io sono quest’anima, io che ti ho offeso non solo una volta, ma molte… Da ciò la tua infinita clemenza ha già ricavato del bene, perché dove più grande è la miseria, più risplendono i benefici delle tue misericordie! Oh, le tue misericordie, con quanta ragione dovrei io sempre cantarle! Signore, dammi di poterle can tare in eterno.
( S. Teresa di Gesù, Vita 14, 10)
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• Mio Dio, io sono sbigottito, ho voglia di dire: « Allontanati da me, o Signore, perché sono un peccatore », però non lo dico, oh!, no, ma al contrario: « Resta con noi, o Signore, perché viene la notte ».
Io sono nella notte del peccato, e la luce della salvezza non può venire che da te; resta, o Signore, perché sono peccatore, ma sono sbigottito nel vedere tutte le imperfezioni che ín qualsiasi ora, in qualsiasi istante continuamente commetto dinanzi a te… Tu sei dentro di me; e dinanzi a te, in te, io commetto dalla mattina alla sera, in ogni momento, imperfezioni, mancanze senza numero, in pensieri, in parole, in azioni…
È una delle cose che hanno contribuito ad impedirmi per lungo tempo di cercarti in me stesso per adorarti e per mettermi ai tuoi piedi. Ero sbigottito nel sentirti così dentro di me, così vicino alle mie miserie, così vicino alle mie innumerevoli imperfezioni.
C. De Foucauld, Sulle feste dell’anno, Op. sp. p 311
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da “Intimità divina”
Roma 1992