Pregare sempre 332

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34ª settim. Tempo Ord. – Giovedì – Il trionfo dell’amore
Il mio cuore e la mia carne esultano per il Dio vivente (Sal 84, 3).

• O amore ardente che con i tuoi movimenti amorosi mi stai dolcemente glorificando, secondo la mia massima capacità e forza! Tu mi dai cioè intelligenza divina secondo la capacità completa del mio intelletto, mi comunichi 1’amore secondo la massima forza della mia volontà, mi diletti nella sostanza dell’anima con il torrente dei tuoi piaceri, per il tuo divino contatto e per l’unione sostanziale, secondo la maggiore purezza della mia sostanza e la capacità e ampiezza della mia memoria!…
O tocco delicato, Verbo Figlio di Dio, che per la delicatezza del tuo essere divino penetri sottilmente nella sostanza dell’anima mia, e toccandola delicatamente l’assorbi tutta con delizie e soavità mai udite sulla terra! … O tocco profondamente delicato del Verbo, per me tanto più delicato in quanto che hai scosso i monti e spezzato le pietre sul monte Oreb con l’ombra della tua potenza e della tua forza che ti precedevano, e ti facesti sentire soave e forte al Profeta nel sibilo dell’aura leggera (1 Re 19, 11‑12)!

O aura lieve, poiché sei aura leggera e soave, dimmi come mai tocchi così delicatamente e leggermente, Verbo, Figlio di Dio, mentre sei tanto terribile e potente. Fortunata l’anima che tu toccherai in maniera delicata e soave, mentre sei terribile e potente! Dillo al mondo, no, non glielo dire, poiché esso non sa niente di aura delicata e quindi non ti accoglierà, poiché non ti può né ricevere né vedere. Dio mio e vita mia, sentiranno e vedranno il tuo tocco delicato soltanto coloro che, allontanatisi dal mondo, saranno diventati finemente sensibili,… e così ti potranno sentire e godere…

O tocco mille e mille volte soave, tanto più forte e potente quanto più sei delicato, poiché con la forza della tua soavità annienti l’anima, l’allontani da tutte le altre cose e la serbi e la unisci solo a te!
(S. Giovanni della Croce, Fiamma 1, 17; 2, 17‑18)

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da “Intimità divina”
Roma 1992

Io mi moro per desio di vederti, o mio Gesù; già m’annoia, o mio bel Dio, il più vivere quaggiù. Star lontan da Te, mio caro, è un tormento così amaro, ch’io soffrir nol posso più. Vivo qui da Te diviso, ma a Te fido e sempre grido, Paradiso, Paradiso (S. Alfonso).