18ª settim. TO. – Mercoledì – Il fondamento della legge
Dilata, Signore, il mio cuore perché io possa correte nella via dei tuoi comandamenti (Salmo 119, 32)
• « Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri »…
O Signore, tu stesso ci hai dato questo amore vicendevole, tu che ci hai scelti quando eravamo infruttuosi non avendo ancora scelto te. Tu ci hai scelto e ci hai costituito affinché portiamo frutto, cioè affinché ci amiamo a vicenda: senza di te non potremmo portare questo frutto, come i tralci non possono produrre nulla senza la vite.
Il nostro frutto è dunque la carità che… nasce da un cuore puro e da una coscienza buona e da una fede sincera. È questa carità che ci consente di amarci a vicenda e di amare te, o Signore. Fa’ che io comprenda che l’amore vicendevole non sarebbe autentico senza il tuo amore, che si può amare il prossimo come se stessi soltanto se si ama te… In questi due precetti della carità si riassumono infatti tutta la legge e i profeti: questo è il nostro frutto…
« Frutto dello spirito è la carità »;… tutti gli altri sono derivanti dalla carità e ad essa strettamente legati… E in verità come ci può essere gioia ben ordinata se ciò di cui si gode non è buono?
Come si può essere veramente in pace se non con chi sinceramente si ama? Chi può essere longanime, rimanendo perseverante nel bene, se non chi ama fervidamente? Come può dirsi benigno uno che non ama colui che soccorre? Chi è buono se non chi lo diventa amando? Chi può essere credente in modo salutare se non per quella fede che opera mediante la carità? Che utilità essere mansueto se la mansuetudine non è ispirata dall’amore? E come potrà uno essere continente in ciò che lo contamina se non ama ciò che lo nobilita?
Con ragione dunque, o Maestro buono, insisti tanto sull’amore ritenendo sufficiente questo solo precetto. Fa’ che comprenda che senza l’amore tutto il resto non serve a niente, mentre l’amore non è concepibile senza le altre buone qualità grazie alle quali l’uomo diventa buono.
(S. Agostino, In Io 87, 1)
_______________
da “Intimità divina”
Roma 1992