16a Sett. TO – Sabato – Speranza della gloria
Signore, tu sei la mia porzione, per questo voglio sperare in te (Lm 3, 24).
• Mio Dio, tu vuoi che io ami te più che le tue creature, e più le cose eterne che quelle di questa terra, come sta scritto: cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date per giunta…
Fa’ che io comprenda che il mio scopo è l’eternità e che le cose del tempo mi sono date in uso… Invece spesso, quando cerco i beni temporali, non mi curo dei premi eterni…
Ma se cercassi le cose celesti, già la mia fatica sarebbe fruttuosa; infatti quando l’anima in preghiera sospira la tua bellezza, o mio Creatore, infiammata da desideri divini, si unisce alle realtà celesti, si distacca dalle cose inferiori; nella gioia del suo fervore si dilata per meglio capire, e comprendendo s’infiamma.
Amare le cose superne è già un salire; e mentre con gran desiderio l’uomo aspira alle cose celesti, in modo mirabile comincia già a gustare proprio quello che domanda di ricevere.
(S. Gregorio Magno, Moralia XV, 53).
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• O Signore, tu sei quaggiù la mia speranza, ma non sei quaggiù la mia eredità, bensì nella terra dei viventi. Infatti questa è la terra dei morienti: di qui ce ne dobbiamo andare, ma ciò che importa è dove si va.
Quaggiù va per la sua strada il cattivo, va per la sua strada il buono; non già che il buono passi e il cattivo rimanga quaggiù, o che il cattivo passi e il buono rimanga: passano entrambi, ma non diretti entrambi al medesimo termine…
Diversi luoghi li ricevono perché diversi meriti li accompagnano…
Dal momento che quaggiù ci nutre la speranza, la nostra vita perfetta non è se non quella che ci viene promessa. Intanto quaggiù ci sono ancora gemiti, ancora tentazioni, ancora affanni, ancora dolori, ancora pericoli… perché siamo esuli lontani da te, Signore. Se infatti stare uniti a te è vita, andar lontano da te è morte. E che cosa ci consola? La speranza.
Fa’, o Signore, che viviamo nella speranza; dalla speranza fiorisca la lode, il canto a te… Nel nostro faticoso pellegrinare, in mezzo alla malvagità e alle insidie del nemico, frastornati da ogni parte dalle tentazioni del mondo, destinati a vivere nella fatica e nella sofferenza, fa’ che non siamo abbandonati dalla speranza!
(S. Agostino, In Ps 145, 7 . 9).
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da “Intimità divina”
Roma 1992