7 sett. Tempo Ord. – Lunedì – La povertà evangelica
O Signore, fa’ che io usi le cose di questo mondo come se non ne usassi (1 Cor 7, 31).
• Dall’esperienza imparai, o benignissimo Signore Gesù Cristo, smisuratamente ricco di amore, che nulla è più penoso in questo mondo dell’essere arso di desideri terreni, poiché l’amore per le ricchezze della terra è insaziabile e con le sue esigenze tortura molto più l’anima, che non le procuri refrigerio con il suo godimento.
L’acquisto delle ricchezze richiede infatti molti travagli; il loro possesso genera grandi preoccupazioni, e la loro perdita cagiona gravi affanni. Chi le ama, non può amare te, o Signore, ma con queste cose caduche cade egli pure in perdizione; e chi si attacca ad esse con il proprio cuore, con esse viene meno nella tristezza. Chi le trova, perde la propria pace; e mentre veglia, pensa al modo di aumentarle; quando dorme, sogna i ladri; durante la giornata è pensieroso e la notte è pieno di paura, e così è sempre un povero infelice.
(R. Giordano, Contemplazioni sull’amore divino 35, p 144‑5).
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• O mio Signore Gesù, come sarà presto povero colui che amandoti con tutto il suo cuore non potrà sopportare d’essere più ricco del suo Beneamato…
O mio Signore Gesù, come sarà presto povero colui che, pensando che tutto ciò che si fa ad uno di questi piccoli lo si fa a te, che tutto ciò che ad essi non si fa non lo si fa a te, allevierà tutte le miserie alla sua portata…
Come sarà presto povero colui che accoglierà con fede le tue parole: « Se vuoi essere perfetto, vendi quanto hai e dallo ai poveri… Beati i poveri… chiunque avrà abbandonato i suoi beni per me riceverà quaggiù cento volte di più, e in cielo la vita eterna » …
O mio Dio, non so se è possibile a certe anime vederti povero e restare volentieri ricche… e non voler assomigliarti in tutto… Io penso, sì, che esse ti amino o mio Dio, ma tuttavia credo che manchi qualcosa al loro amore;… non posso concepire l’amore senza un bisogno imperioso di conformità, di rassomiglianza e soprattutto di partecipazione a tutte le pene, le difficoltà, le asprezze della vita…
(C. De Foucauld, Ritiro a Nazareth, Op. sp. p 520‑1).
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da “Intimità divina”
Roma 1992