Petrucci Rocco redentorista

Fratello Rocco Petrucci (1850-1935) – Italia.

La sera del 29 aprile 1935, tra le armonie degli angeli, nel collegio di Pagani, all’ombra delle venerande spoglie di S. Alfonso, moriva il Fratello Rocco Petrucci.
Il più alto elogio che può farsi di lui si compendia nella espressione: fu il vero Fratello Redentorista, dallo spirito semplice e pio.

Nato a Caposele, il 22 novembre 1850, involandosi alla sua famiglia che gli ostacolava la vocazione religiosa, entrò presto nell’Istituto di S. Alfonso, di cui aveva potuto ammirare i migliori e venerandi Soggetti nel vicino Collegio di Materdomini; e fin dalla giovane età, ispirandosi alle più elette virtù del santo Fratello Gerardo, sulla gloriosa tomba di lui, mostrò grande amore all’Istituto, alla osservanza regolare e al proprio annientamento.
Emise i santi voti il 16 aprile 1886. Sempre sottomesso; non fu mai che venisse meno alla sua vita austera, raccolta e pia: anche i pochi minuti, liberi dal lavoro, li impiegava in preghiera dinanzi a Gesù Sacramentato.
La pietà, colla ubbidienza, fu la caratteristica sua. Stima e benevolenza di Confratelli e Superiori, specie del servo di Dio P. Antonio Losito, che assistette intimamente fino alla morte, non alterarono giammai la sua umiltà, sempre uguale in tutta la sua vita rifulgente di carità verso Dio e verso il prossimo.
Col suo animo gentile, educato alla musica sacra, allietò, fino a pochi anni fa, le sacre cerimonie nella nostra Basilica, con le armonie dell’organo, accompagnate dalla sua voce robusta e commovente.

Gli ultimi anni della sua vita, quasi nonagenaria, sono stati un ininterrotto apparecchio al gran passaggio: una continuata unione con Dio, sospirandone la visione beatifica, corona di tutte le grazie, assorbimento di ogni desiderio, perpetuazione eterna della nostra felicità in Paradiso.

Caro a tutti, cui mai dette il minimo fastidio o noia di sorta; laborioso fino agli ultimi giorni; esempio luminoso-educativo di varie generazioni di Fratelli Redentoristi; benedetto da tutta la Congregazione, ora è andato nel cielo ad acerescere il numero dei Santi Fratelli, che han da vicino seguito l’esempio di S. Gerardo Majella.

S. ALFONSO, anno 1935, pag. 136..

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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985

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Altro Profilo

Fratello Rocco Petrucci
di Alfonso e Ruglio Raffaela.

Nato a Caposele (Dioc. di Conza e Prov. Avellino) il 22.11.1850 = Prof. 16.4.1886 = + a Pagani 29.4.1935.

Dimorò per molti anni nella Casa di Lettere (Seminario) ove si erano ritirati durante la soppressione i due fratelli Padri Fusco Raffaele ed Emanuele dopo la rivoluzione del 1860, con la loro sorella Rosa. Questi comprarono quella casa.

Nel 1912 lo troviamo a Pagani, lavoratore indefesso, senza mai spostarsi, fino alla morte. Prova questa della sua preziosità in quella laboriosa Comunità. Religioso di straordinaria virtù nei suoi impegni giornalieri, uniti ad una somma umiltà.
Suonava l’organo della Basilica, dal quale traeva l’espressione della presenza di Dio… dalle melodie natalizie ai flemmatici lamenti della quaresima e della Passione di Gesù e della Vergine Addolorata. Il suono era pieno da ricolmare la grande chiesa ed accompagnato dalla sua voce baritonale, che scuoteva tutti i nostri animi.
Degna di somma ammirazione era la sua assoluta disposizione a tutte le funzioni liturgiche, sia di mattino per le continue messe cantate, sia la sera per le giornaliere funzioni.

Guardarobiere esimio ed ordinato. Distribuiva ogni sabato sera la biancheria personale e comune, che deponeva sul letto di ciascuno di noi.

La sua attività giovanile era stata maggiore, a suo dire, dovendo fare tante altre incompense ormai scomparse, come pulire tutte le lucerne ad olio ed alimentarle continuamente; mettere i colletti ad ogni corista (allora erano di tela); scopare spesso corridoi, stanze, refettorio che erano tutti di lastricato battuto!

Lo ricordiamo tutti quando ci toglieva, con bel garbo, le vesti di dosso un pò scucite, le portava in sartoria e ce le riportava rattoppate per bene, con un bel sorriso e soddisfatto di vederci ordinati e puliti, specialmente verso quelli che fiutavano tabacco!.. Meraviglia maggiore era non pronunziare mai parola alcuna che fosse stata inutile.

Potevamo affermare di non conoscerelasua voce, senon. quando cantava sull’organo. Era per me veramente ammirevole, quando mi avvicinavo a lui, per qualche disposizione, (Ero io prefetto di Chiesa e dei Fratelli), egli si alzava e mi ascoltava con lo zucchetto fra le mani, composte sul petto, con un bell’inchino del capo, in segno di approvazione e di umile consenso…

Pregava sempre pei corridoi e nelle officine. Era sempre il primo in coro la mattina presto e l’ultimo ad uscirne, dopo le recite delle comunitarie preghiere. Soleva ripetere (ed io l’ho ascoltate più volte) che egli implorava con fiducia dal Signore la grazia di ottenere non più di tre giorni di malattia e di agonia, per evitare” disturbi ai suoi confratelli; poi morire fra le braccia di Lui, assistito dalla Madonna.
E così avvenne nel bel mese dei fiori del 1935. I suoi funerali furono semplici, ma sereni di luce celestiale, come era stata tutta la sua vita silenziosa e santa.
Si allontanò da noi tutti, con rispetto e senza farsene accorgere!Mancino.

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da Ricordo di fraterni amici
del P. Francesco Santoli
Tipolitografia Irpina, Lioni 1980

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