Petrosini Tommaso redentorista

Diacono Tommaso Petrosini (1729-1751) – Italia.

Diacono Tommaso Petrosini (1729-1751)

Di lui il P. Landi narra che lasciò la famiglia il giorno della sua promozione agli ordini minori, senza confidare a nessuno il segreto della propria vocazione, e, desideroso di camminare sulle tracce di S. Alfonso, volò al nostro Noviziato.
Uno dei suoi vicini, che lo incontrò per la strada gli domandò: «Dove vai a quest’ ora ? – Vado a Ciorani per farmi santo, rispose Tommaso, fatemi il favore di dirlo ai mie genitori».

Questi è il Diacono che aveva richiamato l’attenzione di S. Alfonso sul contegno del Lettore P. Muscari, e finito dai continui trabocchi di sangue, era per rendere la sua bell’ anima a Dio.
«Fate di tutto per guarirlo – diceva un giorno S. Alfonso al P. Fiocchi – poiché darei volentieri la mia vita per salvare la sua: io sono un essere inutile, mentre che egli procurerebbe a Dio una gran gloria».

Il santo giovane prendeva tutte le medicine che gli davano, ma non si faceva illusione sulla sua sorte. Ad ogni trabocco di sangue, esclamava: «Paradiso! Paradiso!» con una gioia indicibile.
I suoi parenti stavano a Pagani, e uno dei suoi fratelli voleva per forza ricondurlo in famiglia col pretesto che sarebbe meglio curato. «Giammai – rispose Tommaso – io sono venuto per morire nella Congregazione, ed ora che il Signore mi fa la grazia, voi vorreste privarmene! ….».
E a chi gli suggeriva di cominciare una novena al P. Sportelli per ottenere la guarigione: «No- rispondeva- voglio che la mia forza sia accanto alla sua, senza che tra noi vi sia nessun altro».

Ad uno dei Padri che si affaticava ad attaccare un’immagine di Maria in faccia al malato: «Non vi incomodate, osservò sorridendo, io l’ho qui nel mio cuore».

Aveva ricevuti gli ultimi Sacramenti, e, aspettando la morte con una serenità tutta celeste, quando il P. Muscari andò a trovarlo un’ultima volta: «Caro fratello – gli disse commosso – quali sono dunque i sentimenti che Dio v’ ispira in questi ultimi giorni del vostro pellegrinaggio ?»
Il malato lo guardò fisso con gli occhi semispenti, e in grave tono rispose: «Padre mio, quanto è dolce morire nella Congregazione!»
Poco dopo un altro Padre domandò al caro moribondo, come si sentisse, ed egli: «Padre, mormorò sorridendo, poche remate ancora, e saremo al porto». Difatti spirò poco dopo il 9 Febbraio 1751.
Ai funerali, che furono solenni, Muscari scorse il fratello del defunto che piangeva a calde lagrime gli si accostò, e gli disse all’ orecchio: «Non piangete, Tommaso è certamente volato in Paradiso, senza toccare il Purgatorio».

Sortì in Nocera i suoi natali a Pagani nel 1729.
Detto P. D. Giuseppe Muscari, calabrese di nascita, fu espulso in questo stesso anno 1751 per aver fatto perdere la vocazione a quattro nostri giovani studenti, mettendo in cattivo aspetto la Congregazione. (Berthe 402-410. 369, 462).

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Profilo tratto da
Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone – vol.1
Pagani, Archivio Provinciale Redentorista
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L'abate Giuseppe Muscari, entrato nell'Istituto redentorista, da professore dei giovani studenti redentoristi cercò di influenzare con le sue idee, alquanto lontane dalle Regole di S. Alfonso, anche Tommaso Petrosini, nativo di Pagani. Il giovane resistette alle lusinghe letterarie e teologiche del suo professore e restò fedele alla Regola, mentre altri suoi compagni uscirono dall'Istituto. Morì da santo; successivamente S. Alfonso espulse l'abate "troppo" intellettuale e "poco" missionario.
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