5. QUINTO GIORNO (27 luglio)
Dalla promulgazione di varie opere, sino all’ elezione del Vescovado.
(dall’ anno 64 sino a 65 di sua vita).
Stabilita Alfonso le basi del suo Istituto, nel regolamento interno e nelle opere Apostoliche, volle impiegare tutto se stesso per lo bene dei prossimi con dare varie opere alle stampe. E’ un meraviglia come un uomo costantemente applicato avesse potuto scrivere tanto per vantaggio della Chiesa e dei fedeli.
Conoscendo che il mezzo dell’ orazione, e della preghiera era l’unico sostegno della misera umanità formò un operetta intitolata: Efficacia dell’Orazione.
Vedendo che la maggior parte dei Sacerdoti trapazzavano le funzioni, ed i misterj più sacri, diede alla luce una operetta intitolata: la Messa e l’Uffizio strapazzato.
Acceso egli di amore verso Gesù Sacramentato, promulgò il celebre libretto della Visita del Sacramento, che è stata universalmente gradita, e tradotta in quasi tutte le lingue conosciute.
Volendo dare una norma a tutti i Missionarj fece stampare la sua celebre Teologia Morale; l’uomo Apostolico; l’istruzione e pratica per Confessori; il Confessore diretto per la confessione della gente di campagna; l’istruzione al popolo sopra i precetti, e Sacramenti; gli Esercizj per gli Ecclesiastici, e la Rettorica per i Missionarj; i Sermoni per tutte le Domeniche dell’anno, ed altri opuscoli, che si possono leggere nel Catalogo delle sue opere. Fin quì ognun vede le sue fatiche per formare un uomo Apostolico.
S’incaricava Alfonso anche degli errori dei tempi, vedendo la religione discreditata si applicò a sostenere i dritti della Chiesa di Dio, diede alla la Verità della Fede, ove parla impareggiabilmente contro i Materialisti, contro i Deisti, e contro la libertà dei culti; vi aggiunge una ammirabile Confutazione dell’esprit ecc. Forma alcune Dissertazioni Teologiche appartenenti alla vita eterna. Forma una operetta intitolata: Condotta ammirabile della Divina Provvidenza ecc… Forma un altra opera intitolata: Vittoria dei Martiri; e finalmente dà alla luce il Trionfo della Chiesa. Così manifestò il suo zelo contro i nemici della Religione.
Conoscendo la necessità che hanno tutti i sudditi di ubbidire alle leggi del loro Sovrano, fece una operetta intitolata: La fedeltà dei sudditi al Sovrano. Volle benanche estendere il suo zelo con dare a tutti i Vescovi una norma per bene regolare gli affari della loro coscienza, e della loro Diocesi, e formò un operetta sulle obbligazioni di un Vescovo. Si applicò quindi a fare varj regolamenti per ben regolare i Seminarj, per regolare le Comunità delle Religiose; altri regolamenti per i giovani studenti, per conoscere la propria vocazione, e per avere una guida in tutta la vita.
Tante altre opere che sono registrate nel suo Catalogo, tutte dirette a coltivare il buon costume, ed all’aumento della virtù, e della perfezione, che qui si tralasciano, bastando di dire in una parola, che Alfonso in circa novant’anni di vita non perdè un momento, in cui, o colla voce, o colla penna, o coll’ orazione non s’ impiegasso per la salute delle anime.
Il corso poi delle missioni non fu mai da lui interrotto, anzi Dio lo glorificò con varj prodigj. Predicando nella Città di Foggia si fe vedere il maestoso volto della Regina del Cielo, che spiccò un raggio sulla sua faccia a vista di tutto il popolo. Predicando nella Città di Amalfi convertì due contrade dette una Vagliendola, e l’ altra S. Simone che erano ammorbate di cattive donne; e le ridusse a tante vere pentite. Un certo Matteo Colavolpe si confessò ad Alfonso, mentre Alfonso predicava in Chiesa. Un certo Chierico per nome D. Domenico Casanova tagliò una porzione del mantello al Beato Missionario, e all’ istante lo vide intero con una sorpresa. Una donna presentò ad Alfonso un figlio epilettico; Egli lo benedisse, e gli profetizzò l’ ottima riuscita, come in fatti fu un Santo Parroco per nome D. Domenico di Stefano. Questi prodigj accaduti in Amalfii furono confermati dalla Vergine Santissima, perchè si vide due palmi elevato sul pulpito, mentre predicava sulle grandezze di Maria.
Così sino all’ anno 1761 proseguì il prodigioso corso delle sue fatiche, avendo 65 anni di vita.
MEDITAZIONE QUINTA
Il Beato Alfonso eroico nella pazienza, perché: 1. soffrì in pace tutte le persecuzioni: 2. desiderò ardentemente di patire per Dio.
I. PUNTO
Considera come il Beato Alfonso con invitta pazienza soffrì le persecuzioni dei nemici di Gesù Cristo. Chiamato Alfonso al ministero apostolico, doveva armarsi di pazienza, perché le opere di Dio sono sempre contradette. Tutto l’ inferno si armò contro di lui, ma egli paziente, e forte corrispose ai disegni di Dio. Per farsi Ecclesiastico soffrì con pazienza disprezzi, e contradizioni.
Per formare la sua Congregazione sostenne una guerra crudelissima, che gli fecero gli empi, animati da diabolico spirito. Nella formazione di ogni Collegio ebbe tante amarezze, che ci volle una pazienza eroica per superarle. Soffrì pazientemente le maldicenze degli ostinati, i disprezzi dei mondani, l’indiscretezza della gente rozza, né mai dimostrò il minimo risentimento.
Era Alfonso come uno scoglio sempre fermo in mezzo alle tempeste. Animava i suoi compagni a patire per Dio tutte le avversità. Sempre uniformato nei disagi della vita apostolica, nelle gravissime infermità, nelle ingratitudini di tanti beneficati da lui; si rese una viva immagine di Gesù Cristo.
Anima mia confonditi, che per piccole avversità ti disturbi, e ti risenti. Vorrei imitarti, o mio caro Beato; deh fatemi capire che la pazienza mi è necessaria per salvarmi.
II. PUNTO
Considera come il Beato Alfonso non fu mai contento di sé. Quanto più pativa, più considerava di patire. Se passava un giorno in cui non si vedeva tribolato quasi si lagnava con Dio che si era dimenticato di lui. Diceva spesso: Chi non sa soffrire non è uomo, non è Cristiano, e non può essere Missionario Apostolico. Nei patimenti si conosce la fedeltà.
Contemplava i patimenti di Gesù Cristo e si animava sempre più a patire. Vide Gesù Cristo impiagato in un estasi maravigliosa e lo fece delineare per mostrarlo ai popoli, e per animare tutti a patire per lui. Sfogava il desiderio di patire con una continua mortificazione. Si mortificava nel dormire sopra di un durissimo letto di semplice paglia. Si mortificava nel cibarsi, accompagnando il cibo con erbe amarissime. Si mortificava nel vestire prendendo per sè il rifiuto degli altri. Mortificava il suo corpo, le sue passioni, i suoi sensi con una continua contradizione. Disciplinava spesso il suo corpo, e lo teneva soggetto allo spirito. Fu dunque Alfonso vero seguace di Gesù Cristo, ed accettò la morte con tanta allegrezza, perchè il patire era per lui un godimento.
O pazienza eroica del mio Beato! Se io non amo i patimenti, non merito di essere glorificato con Gesù Cristo. Voi dunque, o Beato Alfonso, ottenetemi spirito di vera pazienza, ed amore al patire, affinchè dal breve patire di questa vita io ne ricavi l’eterno godere in Cielo.
Affetti e Preghiere
Anima mia comprendi che la strada dei predestinati, è quella della pazienza. Sì, mio Dio, volete che non mi riescano i miei disegni, ed io son contento. Volete che sia vilipeso, infamato, posposto, malveduto, anche dai miei più cari? ed io l’accetto. Vi piace che vada mendicando, e sia discreditato da tutti? ed io vi benedico. Mi volete infermo? ed io l’abbraccio. Deposito la mia vita nelle vostre mani. Fate ciò, che volete di me, che io ne son contento. Mi rassegno alla vostra Divina volontà.
E voi, mio caro Beato; fate che accetti sempre quanto Iddio mi manda in questa misera vita. Imprimete nel mio cuore il desiderio di patire per Dio, per essere sempre in pace con Dio, e per andare a godere nel Regno di Dio.
CANZONCINA composta dal Beato
Il tuo gusto, e non il mio
Amo solo in Te mio Dio,
Voglio solo, o mio Signore
Ciò che vuol la tua Bontà.
Quanto degna sei d’amore
O Divina volontà!
Nell’amor Tu sei gelosa,
Ma poi sei tutt’amorosa,
Tutta dolce, e tutt’ardore
Verso il cor che a Te si dà.
Quanto degna sei d’amore,
O Divina volontà!
Tu dai vita al puro affetto:
Rendi tu l’amor perfetto.
Sospirando a tutte l’ore
L’Alma ch’ama a te sen va.
Quanto degna sei d’amore,
O Divina volontà!
Tu le croci cangi in sorte:
Tu fai dolce ancor la morte:
Non ha croci, né timore
Chi ben Teco unir si sà.
Quanto degna sei d’amore,
O Divina volontà!
L’Alme belle, e fortunate
Solo in Ciel Tu fai beate,
Senza Te darebbe orrore
Anche il Cielo e chi vi stà.
Quanto degna sei d’amore,
O Divina volontà!
Nell’inferno se i dannati
A Te stessero legati,
Le lor fiamme, i lor dolori
Dolci lor sarian colà.
Quanto degna sei d’ amore,
O Divina volontà !
Oh finisse la mia vita
Teco un giorno tutta unita !
Chi tal muore, non già muore,
Vive, e sempre viverà.
Quanto degna sei d’ amore,
O Divina volontà !
Dunque a Te consacro, e dono
Tutto il core, e quanto io sono,
Mio Gesù sol ‘il Tuo core,
L’ amor mio sempre sarà.
Quanto degna sei d’ amore,
O Divina volontà!
Voglio solo a Te piacere
Nel patire, e nel godere;
Quel che piace a Te mio amore
A me sempre piacerà.
Quanto degna sei d’ amore,
O Divina volontà !
Massime del Beato
- Il peso di tutti i mali si diminuisce colla pazienza e si accresce senza la pazienza.
- La pazienza ci avvicina a Gesù Cristo e ci fa camminare per la via che conduce al Cielo.
- Chi non ha pazienza sente il suo cuore in tempesta, sta sempre afflitto, si macera tra se stesso, non gode vera amicizia col prossimo, ed infine si danna.
Miracolo 5
Nella città di Amalfi dove più volte il Signore volle far conoscere la prodigiosa Santità di Alfonso, accadde il seguente prodigio. Un fanciullo di anni 8 per nome Pasquale di Stefano, figlio dell’ Architetto signor Silvestro di Stefano, era divenuto all’ intutto cieco. Dopo varie cure, si sperimentarono inutili e vani tutti i rimedj. I medici di quella Città, ed altri anche di Napoli disperarono della sua guarigione. Esauriti i mezzi umani, i suoi parenti ricorsero al Beato Alfonso. Applicarono sugli occhi una reliquia delle vesti del detto Beato, ed in un momento il fanciullo ricuperò la vista, né mai più in appresso vi ha sofferto impedimento di sorte alcuna, come viene assicurato dai suoi parenti, e specialmente dal degnissimo suo fratello D. Felice di Stefano Canonico di quella Chiesa Arcivescovile e Rettore del Seminario di quella Archidiocesi.
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