Novena a San Gerardo_7

ME LA SPASSO NELL’IMMENSITÀ DEL MIO CARO DIO
7. Padre, non la mia, ma la tua volontà sia fatta – Lc 22, 42

Mio caro Dio, unico amor mio, oggi e sempre mi rassegno alla vostra divina volontà, e in tutte le tentazioni e tribolazioni dirò: Fiat voluntas tua. Terrò sempre gli occhi al cielo per adorare le vostre divine mani, che spargono sudi me gemme preziose del vostro divino volere“.

San Gerardo fissò in questa breve preghiera, composta da lui negli ultimi anni della vita, l’atteggiamento fondamentale della sua anima, la nota caratteristica della sua spiritualità. Se riflettiamo infatti ai vari periodi della sua esistenza, li troviamo contrassegnati dall’attenzione e dall’adesione alla volontà di Dio.

La volontà di Dio è la luce interiore che lo guida, la forza misteriosa che lo sostiene e lo porta avanti in tutte le sue azioni. Infanzia, fanciullezza, adolescenza, vita religiosa hanno così una linea di continuità e di sviluppo sempre nella stessa traiettoria: è la volontà di Dio che conferisce unità alla vita di san Gerardo Maiella.

L’amore effettivo della divina volontà suppone l’esproprio di se stesso, della propria volontà e del proprio egoismo, di tutto ciò che non è Dio. “Sarò poverissimo di ogni piacere, cioè di mia propria volontà, ricco di ogni miseria. Non siano più in me queste parole: voglio e non voglio, vorrei e non vorrei; ma solo: vota tua, Deus, et non mea… Per fare la volontà di Dio, bisogna che mi stacchi da tutto ciò che non è Dio. Mi scorderò di cercare qualunque cosa per amor proprio“.

Qui troviamo il segreto della penitenza, delle mortificazioni aspre, delle rinunce eroiche di san Gerardo: egli sa che in se stesso e nelle cose si annida un nemico pericoloso che contrasta la volontà di Dio e potrebbe impedirne la realizzazione; allora occorre sferrare un attacco frontale contro di esso e abbatterlo coraggiosamente. L’attacco si opera appunto con la penitenza per mezzo della quale si ottiene il dominio di se stesso e il controllo degli istinti; allora Dio trova via libera per entrare e spazio per agire nell’anima. Nulla deve resistere a Dio, e ogni ostacolo deve essere abbattuto: “Quando si tratta di volontà di Dio, cede ogni cosa“, scrive ancora san Gerardo.

E si comprende questa sua insistenza perché egli sentiva la volontà di Dio come la “sostanza della sua anima”, che costituiva il tutto per lui. Di qui si spiega la sua reazione a una lettera di una suora la quale in un affare spinoso, gli raccomandava la calma e la rassegnazione alla divina volontà; era questa una specie di offesa per Gerardo; e che cosa aveva egli cercato nella vita? Perciò risponde risentito alla suora: “Mi dite che mi contenti della volontà di Dio. Sissignore, levatemi questa e poi vedete cosa mi resta“.

Ad essa aveva guardato sempre, l’aveva spiata attentamente per poterla cogliere e attuare; ad essa si era afferrato in tutte le circostanze, specialmente in quelle dolorose, e lì aveva trovato il conforto e la pace: “Il suo divino volere vuole che io cammini in sott’acqua e sotto vento; così voglio io; perciò che sia fatto sempre il suo divino volere“.

C’è un altro motivo che spinge san Gerardo su questa via: egli si era posto come norma inderogabile di non offenderemai Dio, ma di piacergli in tutto, di essere, come Gesù, la compiacenza del Padre; e questo ideale si ottiene con l’ubbidienza fedele e perfetta; perciò scrive ancora: “Quale altra cosa maggiore può trovarsi per dargli gusto, quanto il fare sempre e in tutto la sua divina volontà?“.
D’altro canto l’uomo trova la vera gioia nella risposta e nell’adesione al volere di Dio. Dio infatti opera tutto per la felicità dell’uomo; è questo un altro motivo che spinge Gerardo nella medesima direzione; egli vuole iniziare fin da ora il paradiso, vuole essere un angelo in terra: “Ciò che fanno gli angeli in cielo, vogliam fare anche noi sulla terra. Volontà di Dio in cielo, volontà di Dio in terra, dunque paradiso in cielo, paradiso in terra“.

E veramente Gerardo pregustò in qualche momento la felicità del paradiso come quando un mendicante alla porta del convento di Materdomini si mise a suonare la canzoncina di sant’Alfonso “Il tuo gusto e non il mio“; egli fu preso da tale commozione e trasporto, che si astrasse da ogni cosa presente, si fissò in Dio e si sollevò da terra quasi a volare al cielo.

Ma Gerardo sapeva che era ancora in terra, e in terra doveva vivere e continuare a fare la volontà di Dio. Dio ha lasciato una luce in terra, che serve di orientamento, e sono i suoi rappresentanti legittimi. La volontà di Dio, infatti, si incarna nella Chiesa e nei superiori, e così questi tre termini per Gerardo diventano equipollenti. Dirà spesso nelle sue lettere: “Dio vuole così“, quando lhanno voluto invece la regola religiosa o i suoi superiori. Perciò il proposito di fare la volontà di Dio si estende all’ubbidienza assoluta alla Chiesa e alla gerarchia della Chiesa: “Signore mio Gesù Cristo, farò quantola Chiesa cattolica mi comanda“.

Ai superiori sono equiparati, nella dignità, i sacerdoti: “Da oggi in avanti tratterò i sacerdoti con tutto il riserbo possibile, come fossero la persona di Gesù Cristo, riguardando in essi la gran dignità“.

San Gerardo fu fedele al suo impegno, sempre, fino al giorno del suo tramonto sulla terra; fu allora, sul letto di morte, che rifulse in maniera straordinaria la sua virtù fondamentale, l’adesione alla volontà di Dio; scrisse infatti a grossi caratteri in un foglio, che appese alla porta della stanza, le seguenti parole: “Qui si fa la volontà di Dio, come vuole Dio e per tutto il tempo che piace a Dio“.
La breve frase ci appare come il suo testamento e compendia stupendamente la profonda lezione che l’umile e grande fratello Redentorista aveva dato con la vita, con la voce, con gli. scritti. 

Mario Barberis - S. Gerardo dinanzi a S. Alfonso nel momento della calunnia: egli non si discolpa, lascia che sia il "suo caro" Dio a trovare la via di uscita. E così avverrà (Foto Pasquarelli - Raccolta Marrazzo).