23 – Il servo di Dio Nicola de Sanctis
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 01-feb-1818
- Morte = 20-mar-1834
- Professione = 01-nov-1833
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
Su un’alta collina della Lucania, nella diocesi di Muro, sorge una città abbastanza popolosa, Castelgrande, dove il 1° febbraio 1818 respirò la prima aria il servo di Dio Nicola de Sanctis, al quale si possono adattare la parole della Sapienza: La sua anima fu gradita al Signore; perciò egli lo tolse in fretta da un ambiente malvagio. (Sap 4,14.
I genitori, assai pii, innanzitutto presero la felice decisione di offrire il figlio avuto alla Vergine Madre di Dio perché lo accogliesse sotto la sua protezione; poi gli dedicarono ogni cura perché il bambino camminasse in una vita retta.
Perciò egli, a poco a poco, realizzando la sua vocazione cristiana, fin dalla tenera età onorò la Beata VergineMaria. Infatti non aveva ancora sette anni che, in suo onore, ripeteva il saluto dell’angelo più volte di ora in ora, recitava ogni giorno il santo rosario e nelle feste a lei dedicate premetteva un digiuno di nove giorni; abitudine che non trascurò neppure negli anni seguenti.
Era un piacere ascoltarlo cantare le canzoncine composte da S. Alfonso in onore della Madonna e lo faceva con tanta grazia e dolcezza che inteneriva e addolciva i presenti.
In verità non può succedere che chi onora la Madredi Dio, non arrivi, con l’aiuto di lei, all’amore del Cristo; perciò, il fanciullo fu visto, spesso, ogni giorno, partecipare alla Messa, accostarsi alla comunione e sostare davanti al tabernacolo.
Non appena capì che un fervente amore per Cristo non poteva nascere se non rintuzzando le voglie di sensi né conservandole nel cuore, spesso richiamava alla mente il ricordo del Cristo sofferente e imparò a frenare le passioni del corpo con mortificazioni, specialmente con stretti digiuni, con i quali, tredici volte all’anno di venerdì, ricordava Cristo crocifisso.
L’amore per Cristo non si può separare dall’amore per il prossimo: infatti chi ama Dio, ama anche il suo fratello. Pertanto, giovinetto, ottenne dai genitori il permesso di dividere il suo cibo con i poveri; si mostrava cordiale e servizievole con tutti. Ansioso per la salvezza degli uomini, piangeva con calde lacrime l’infelice sorte dei peccatori.
Ornato di queste qualità il 5 novembre del 1832 affrontò nella Casa di Caposele la prova sugli studi umanistici, ai quali si era applicato in casa e la superò felicemente. Quindi a Pagani parlò con il P. Generale della Congregazione, sicuro di essere subito accolto tra i figli di S. Alfonso che da tempo aveva scelto come suo protettore e di cui aveva letto le opere giorno e notte.
Non si perse di coraggio alla risposta che la sua richiesta non poteva essere accolta prima che avesse compiuto i 15 anni. Infatti rispose con la prontezza di cui era fornito: “Non ritornerò a casa di mio padre; rimarrò qui dove mi chiama Dio; vi prego di trattarmi per il momento come servo”. Ottenne di essere accolto con una insolita generosità.
Intanto la casa di Pagani raccoglieva tutte le sue forze per festeggiare solennemente il primo centenario della nascita della Congregazione [9 novembre 1832]. Perciò a Nicola, che supplicava di essere mandato a Ciorani per il noviziato, i Padri e gli altri gli chiedevano di non trasferirsi prima di quella data, in cui egli avrebbe potuto gioire. fisicamente e spiritualmente, per una solennità così importante.
Ma egli non ammise indugi. Con ripetute preghiere stancò i superiori, finché non ottenne dalle loro labbra il permesso di andare a Ciorani, con una gioia che è più facile pensarla che dirla. Fu oltremodo felice nel giorno in cui indossò l’abito dell’Istituto: infatti le lettere, che inviò alla famiglia, contenevano all’inizio queste parole: Qui regna la pace, la quiete, qui si trova il paradiso.
Terminato il noviziato tra mille elogi, fu trasferito a Deliceto, dove, emise subito i voti e proseguì gli studi. Ma pochi mesi dopo, il 20 marzo 1834, essendo stato colpito da tifo, fissando l’immagine della Beata Vergine e con volto atteggiato a leggero sorriso, tirò l’ultimo respiro.
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