P. Alberto Menonna (1885-1911) – Italia.
P. Alberto Menonna (1885-1911)
(dall’elogio funebre)
Questo giovane modello, che la morte rapì nel fior degli anni all’ affetto della famiglia e della Congregazione, nacque in Albano di Lucania il 1° gennaio 1885.
I suoi fortunati genitori, nobili e pii furono il Cav. Giuseppe e D. Amalia Adamo, i quali formarono di questo fanciullo, lor primo figliuolo, un oggetto di delizie e di speranza.
Il piccolo Alberto insieme al latte materno nutriva la sua bell’ anima con la pietà istillatagli dai genitori. Quindi egli fin dalla fanciullezza dava a dividere belle e celesti speranze. E la sua breve vita è ricca di particolari attestati da predire la sua destinazione al Cielo.
Il Signore gli fu largo di benedizioni e gli infuse sentimenti che hanno del prodigioso.
Rifulse in lui, meravigliosamente, una carità verso i poverelli. « Aveva appena un anno, racconta il padre, ed io solevo tenerlo seduto sul banco della mia Farmacia. Ora, facendo io, un giorno, i conti con dei biglietti di banca, quand’ ecco entra un poverello a chiedere la limosina; il piccolo Alberto, rapito dalla vista del povero, prende un biglietto da 50, e glielo offre. Una commozione per tale atto invase gli astanti, ed il povero ricolmò il bambino di benedizioni».
Altra volta, essendo più grandicello offrì ad un mendicante una sua camicia di lana; ed in prosieguo fu sempre felicissimo quando poté esercitare la carità. Dovendo Alberto essere caro a Gesù ed a Maria, quasi istintivamente nella sua infanzia non mangiò mai cibi di grasso nei giorni di venerdì e di sabato.
Aveva una tenerezza ed amore per la Chiesa e per le cose sante. Era tanto piccolo che lo si reggeva colle retinelle, e pure uscito appena in istrada, trascinava la persona che lo guidava verso la Chiesa Cattedrale di S. Gerardo Vescovo nella città di Potenza, ove io allora dimoravo.
Nella Chiesa poi sembrava un angioletto per la sua compostezza, e trovava in essa le sue delizie. Questi indizi celesti indussero i suoi genitori a destinarlo alla vita religiosa.
Tale decisione divenne un voto nell’ occasione di una grave malattia che colpì il piccolo Alberto. E così nella loro gita annuale a Valle di Pompei posarono sull’ Altare della Vergine il loro piccolo Alberto, promettendole di farlo religioso domenicano.
Ma in un altro giardino di Santi doveva essere piantato questo fiore di paradiso. Quindi essendosi portato con Mons. Durante al Centenario di S. Alfonso nel 1887 a Pagani, decise di farlo Liguorino, rapito dalla santità dell’ Istituto.
La formazione
Così, compiti il giovanetto il ginnasio prima in sua patria e poi nel Collegio dei Bianchi in Napoli, andò a Pagani, e subì un felicissimo esame di ammissione al Noviziato.
Entrato appena nel novembre del 1900 nell’età di 15 anni in Noviziato, mostrò entusiasmo ed amore per la carriera intrapresa. Ed oh! quale lettera di ringraziamento indirizzò al padre.
In tutto il periodo di dieci anni che visse in Congregazione, mostrò nelle sue lettere un profumo di santità e di amore alla Congregazione.
Nel Noviziato, racconta il suo Maestro P. Biscotti, il giovane Alberto si mostrava sempre ilare e gioviale, uguale a se stesso e sempre ubbidiente e pio.
Nel giorno della vestizione poi, proruppe in tenero pianto in vedersi tagliare i suoi biondi capelli, ingenuamente esclamando: «Oh! Mammà si prendeva tanto fastidio in accomodarmeli, ed ora debbo tagliarmeli».
Finito l’anno di noviziato, l’ 8 dicembre 1901, sacro all’ Immacolata, con gioia dei Superiori e con suo gaudio professò i santi Voti.
Percorse con ideali celesti l’ arduo cammino degli studi, quali compì con meraviglia e consolazione dei Superiori.
Mostrò pure in tal tempo il suo amore per il canto gregoriano e per la Musica Sacra. Finalmente giunse al beato giorno di sacerdozio il 15 settembre 1907. Ed a quello stesso altare, su cui era stato offerto a Maria, andò a celebrare una delle sue prime Messe in ringraziamento.
La malattia
Nel mattino più bello delle sue speranze fu colpito da una emottisi così violenta che in breve lo ridusse alla morte. E così ebbe termine il suo sorridente apostolato.
Ammirabile fu la pazienza che esercitò nel periodo di un anno e mezzo di sua ultima malattia. Tutto egli soffrì in pace, prima in Ciorani, poi in Teano, e finalmente in casa sua, dove morì.
Soffrì febbri furenti, vomiti strazianti, tosse ostinata, piaghe di decubito, ascessi da iniezioni ed altri simili strazi; ma non emise mai una parola di lamento. Nei momenti di maggiore sofferenza soleva dire: «Mio Dio, misericordia! Signore, sia tutto in sconto dei miei peccati! Tutto per te, o Signore..!».
Aggravato dal male, prossimo alla morte, diceva ai suoi genitori: «Non vi turbate, se il Signore mi vuol far morire, quello ch’Egli vorrà sarà il meglio per me e per voi».
Ma qui si manifestò un segno della sua predestinazione. Tre giorni prima di morire gli apparve in visione o sogno, narrano i genitori, S. Gerardo Maiella e gli disse: «La grazia non l’avrai, se non distacchi il tuo cuore dalla terra».
Si esamina, ma nulla ricorda che si fosse impadronito del suo cuore. La visione si ripeté. Allora ricordò che portava un po’ di affetto al suo bel Breviario; e così volle che telegraficamente si avvisasse il suo Superiore di Teano P. Titomanlio, di spedirlo al suo Lettore, il P. Jacovino, Superiore di S. Andrea sullo Jonio.
Da tutti si pregava per la sua guarigione; il padre ed una sorella si recarono in pellegrinaggio a Materdomini per ottenere da S. Gerardo la grazia, ma altra grazia gli era serbata, quella del Cielo.
La morte
La morte era imminente. Il P. Mennona volle munirsi dei Sacramenti. Ed oh! quali dolci ricordi si presentarono alla sua mente alla vista di Gesù Sacramentato. Il Padre era amantissimo di Gesù in Sacramento. Ed era bello vederlo nello Studentato di Pagani preparare a Gesù lampade e fiori nella commemorazione del giorno in cui si era ottenuto il SS.mo Sacramento nello Studentato.
Ricevuti i Sacramenti fra il pianto dei suoi e degli astanti, aspettò con gioia la morte. Diede quindi alla madre le disposizioni delle sue esequie, ordinando che fosse vestito del suo povero abito Liguorino, da lui, tante volte baciato, e volle che per amor della santa modestia, appena morto, fosse vestito dal padre e dalla madre, soli, e poi permettessero agli estranei di entrare. «Mammà, – le diceva – non vorrei morire perché non ho fatto nulla per la mia diletta Congregazione».
Ma un grande dolore gli sopraggiunse nell’estremo di sua vita. Un contadino ardì avvicinarsi al suo letto, e, pretendendo essere un assistito, gli disse che la malattia proveniva dall’ essersi allontanato dalla Congregazione. Allora il povero morente esclamò nel dolore: «Ah! son ridotto in uno stato da non poter lasciare il letto, ma se mi venisse l’ordine di dover partire, io mi farei trasportare in barella per tornare al mio posto».
Tale era la sua ubbidienza e il suo attaccamento filiale alla Congregazione, che solo per ordine dei medici e per ubbidienza si indusse andare in famiglia, sperando il beneficio dell’aria nativa.
In tutto il tempo che passò in casa fu fedelissimo nelle osservanze delle nostre Regole. Nutriva tanto amore per il nostro diletto S. Alfonso, che al solo sentirlo nominare gli riempivano gli occhi di lacrime per la tenerezza.
Cosa meravigliosa! Il morente Padre recitò insieme al Sacerdote assistente le preghiere degli agonizzanti, strinse fra le mani la corona della Beata Vergine, guardò amorosamente il Crocifisso, e ricordò ai suoi che S. Gerardo gli aveva ottenuto la grazia del Paradiso.
Indi levò per un momento lo sguardo al Cielo, e, col sorriso sulle labbra, pronunziò le sue ultime parole, esclamando: «Pieno Paradiso!»; poi reclinando dolcemente il capo, spirò la sua bell’anima nel bacio del Signore, nel mezzogiorno del giovedì 17 agosto 1911, nella fiorente età di 26 anni, mesi 7, e giorni 16.
Appena spirato, il suo volto acquistò una bellezza ed un sorriso celestiale; e così quelli che accorsero numerosi ad onorare la sua salma, esclamavano: «Così muore un santo! Ha fatto una morte da santo!».
Il P. Mennona era alto nella persona, bello nell’aspetto, di fronte spaziosa, di occhio vivo e penetrante, biondo nei capelli, e in tutte le sue maniere ispirava soavità ed amore.
Cosicché tutte le sue belle qualità fisiche e morali, il suo soffrire sereno e tranquillo, le sue ultime parole: tutti questi dolci ricordi lasciarono imperitura nella mente di tutti la sua cara memoria.
Compianto da tutti, e da tutti benedetto, una era la voce comune che si ascoltava nella sua patria: «Beato lui! È morto da santo!».
Sul feretro sembrava S. Luigi… sembrava S. Gerardo….
Dagli Atti personali
- 1885/01/1: nato; certificato 1900/10/23
- 1885/05/06: battezzato; certificato 1900/10/23
- 1900/05/07: cresimato; certificato 1900/10/23
- 1900/10/23: situazione di famiglia.
- 1900/10/23: certificato di sana costituzione.
- 1900/10/23: certificato di buona condotta rilasciato dal parroco.
- 1901/10/14: la Curia attesta che è stato costituito il Sacro Patrimonio.
- 1903/07/20: ammissione alla prima tonsura e ai quattro ordini minori.
- 1907/09/02/: ammissione al suddiaconato.
- 1907/09/09: ammissione al diaconato.
- 1907/09/16: ammissione al sacerdozio.
__________________________
Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.3 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
__________________________
_____________