7 novembre
EFFEMERIDI C.Ss.R – 1814. Morte dell’ex Generale P. Francesco de Paola a Frosinone.
1814. Morte dell’ex Generale P. Francesco de Paola a Frosinone.
Il Presidente P. Francesco de Paola nel Capitolo del 1793 diede le dimissioni dopo aver governato per dodici anni le case dello Stato Pontificio, ma stipulò una convenzione che avrebbe conservato il titolo di ex-generale e goduto di alcune prerogative.
Trascinato dalla passione del comando, non comprese che ormai doveva ubbidire al Rettore Maggiore Blasucci, e, come era stato la croce del santo Fondatore, diventò la croce del suo successore.
Manovrò, per dieci anni, per rendersi indipendente nello Stato pontificio ed a dividere di nuovo la Congregazione. Con incessanti ricorsi a Roma, ottenne privilegi inconciliabili coi diritti del Superiore generale, privilegi che il Papa, meglio informato, gli ritirò.
Infine, non potendo avere ragione del vigile ed intrepido Blasucci, si sforzò, di concerto coi magistrati di Frosinone che gli erano amici, di trasformare il convento, di cui aveva la direzione, in una casa di insegnamento.
Siccome nel suo audace tentativo aveva mancato gravemente ai voti di povertà e di ubbidienza, il Rettore Maggiore scagliò contro di lui un decreto di espulsione. Francesco si appellò al Sommo Pontefice che confermò puramente e semplicemente la sentenza del Blasucci.
L’ex Generale avrebbe dovuto lasciare il convento di Frosinone, dove aveva trascorso quasi trentacinque anni; ma, visto l’età e le infermità, sebbene non appartenesse più all’istituto, Blasucci gli lasciò la camera che occupava, e gli concesse un Fratello per servirlo.
Quando gli invasori, poco tempo dopo, espulsero i religiosi, Francesco de Paola, non facendo più parte della comunità, fu autorizzato a restare nella casa in qualità di custode.
– Tali furono i destini di questo uomo agitato ed appassionato, singolare mescolanza di grandi qualità e di grandi difetti. Si potrebbe applicargli l’affermazione di uno storico: «Ha fatto troppo bene perché si dica male, e troppo male ché si dica bene».
Dio misericordioso, avrà dimenticato il male avendolo espiato con le ultime umiliazioni, e avrà ricompensato il vero bene che operò Francesco de Paola con le missioni e fondazioni, con l’ammissione di San Clemente nella Congregazione e per la pubblicazione di un eccellente lavoro sulle Grandezze di Maria.
Morì il 7 novembre 1814, fortificato dalla benedizione del Sommo Pontefice e fu seppellito nella chiesa del convento.
P. BERTHE, Vita di S. Alfonso II, p. 645.
[I dati ufficiali indicano l’8 novembre 1814 quale giorno della morte].
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* 1880. I decreti di espulsione dei religiosi e la Comunità di Contamine-sur-Arve.su-Arve.
La comunità di Contamine, in questo mese di novembre, fu preservata da questa disgrazia mentre i membri delle altre comunità erano espulsi dalle loro celle.
Eccone il motivo. Gli avvocati sostenevano la salvaguardia della casa, poiché il trattato dell’annessione della Savoia alla Francia, le dava una posizione privilegiata. Non ci fu dunque un processo. Il Viceprefetto di Bonneville ed il Prefetto di Annecy non chiedevano altro che sposare una soluzione che li esentava da una impegno oltremodo odioso.
Ma più tardi l’11 dicembre 1909, sotto Combes, ministro dell’interno e del culto, il P. Çarrier non aveva più le giurisdizioni per salvare la casa che aveva in custodia in qualità di Rettore, e l’iniquità fu consumata.
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IN MEMORIAM
P. Pierre. Mergès. Santiago, 1889.
Nato a Bruch, diocesi del Lussemburgo, il 29 marzo 1832 il P Mergès fu compagno di infanzia del P. Raus, diventato poi Rettore Maggiore.
Alunno all’Ateneo del Lussemburgo, Mergès sollecitò l’ammissione alla scuola veterinaria di Bruxelles. Il P. Zobel, Redentorista, suo direttore gli disse un giorno: “Figlio mio, non sei chiamato ad essere il medico delle bestie ma il medico delle anime”. Esitando, si confidò con un Padre Gesuita che gli disse: “Dovete essere Redentorista, entrate nella Congregazione di S. Alfonso al più presto”.
Il P. Mergès fu ricevuto a Téterchen dal P. Desurmont. Di conversazione piacevole, di umore dolce e di tatto squisito, per tutta la vita egli fu un missionario ardente, in Alsazia e soprattutto in Cile, nel Perù ed Ecuador. Sopportò grandi sofferenze fisiche e morali nella fondazione di diverse case in America.
Molto devoto alla Santissima Vergine fin da giovane, appena conobbe la Madonna del Perpetuo Soccorso, la prese, una volta missionario, come Patrona dei lavori e ne constatò la meravigliosa protezione, soprattutto nel momento della morte.
Fu il creatore della “Novena perpetua” alla Madonna del Perpetuo Soccorso nella casa di Santiago e nelle missioni in America. La Sainte Famille ha pubblicato dal 1880 al 1889 lettere molto interessanti sulle sue missioni.
Il P. Mergès morì lo stesso giorno ed alla stessa ora del P. Rose allora Provinciale al quale, aveva dato appuntamento in cielo, quando lasciò la Francia. Un istante prima di entrare in agonia pronunciò queste parole:«Ecco i miei santi protettori mi vengono incontro, dite Gloria Patri».
La morte fu quella di un santo. «Dio è buono, disse morendo, e come è bello morire nella Congregazione!» « Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt».. Eccli. 24-31.
Professione: 19 marzo 1855.
Ordinazione sacerdotale: 18 giugno 1859.
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P. Costant Rose. Argentan 1889.
Settimo superiore Provinciale della Provincia gallo-elvetica – 1887-1889.
Originario di Templeuve, diocesi di Lille, il P. Rose nacque il giorno 8 gennaio 1838. Entrato nella Congregazione, diventò presto uno dei migliori missionari della Provincia. I superiori lo nominarono prefetto degli Studenti, poi Rettore di Argentan; esercitò questo incarico per quindici anni.
– Era un religioso dal carattere retto, dalle idee elevate e dal cuore generoso. Era di aspetto semplice, di bella intelligenza, di spirito profondo, e di grande fermezza. In tutta la persona traspariva la estrema bontà. Si prodigava con tutti coloro a cui pensava di poter essere utile, impiegando l’esperienza, le relazioni ed i brevi momenti di riposo che gli lasciavano il suo incarico ed i doveri della vita religiosa.
Ha medicato tante anime ferite e tanti cuori con tatto che gli era particolare! La fisionomia sincera ed il linguaggio senza ipocrisia ispiravano rispetto, fiducia e affetto.
Le sofferenze morali che aveva sopportato al tempo del decreto di espulsione dei religiosi nel 1880 e le numerose simpatie di cui era stato oggetto in questa opportunità, avevano fatto nascere nel cuore del Padre Rose, un sentimento di predilezione per la città di Argentan, dove del resto non aveva che amici.
Nel 1887 il P. Rose succede come Provinciale al P. Desurmont. Nel nuovo incarico mise uno zelo ed un’attività che presto gli dovevano essere fatali. Fin dall’inizio gli impegni di lavoro furono interrotti da un male implacabile che lo divorava. Dio lo chiamò a sé, dopo due lunghi anni di un martirio senza tregua, sopportato con coraggio e serenità che sono stati di ammirazione per tutti quelli che l’hanno visto in lotta con le atroci sofferenze.
La morte fu quella dei predestinati.
– Un amico particolare, il notaio Hélie, ricordò alla famiglia del defunto, alla comunità ed a tutti i presenti nel giorno del funerale, una delle parole di Lacordaire che il Padre Rose gli diceva: “Se volete alleggerire il vostro dolore meditate questo pensiero: Gli affetti che Dio ha benedetto possono essere condivisi per un certo tempo, ma devono ritrovarsi nel cielo, dove le famiglie si riuniscono per non più lasciarsi”.
– “In fide et lenitate ipsius, sanctum fecit illum.” Eccli 45-4. –
Professione: 13 novembre 1858.
Ordinatione: 21 maggio 1864.
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