4 novembre
EFFEMERIDI C.Ss.R – 1775. Lettera circolare di S. Alfonso ai suoi missionari.
1775. Lettera circolare di S. Alfonso ai suoi missionari.
Nocera, 4 novembre 1775.
«Poiché sono per iniziare le missioni, non dimenticate questo: sia che si tratti delle prediche grandi, istruzioni, ritiri, della recita del rosario, delle esortazioni: predicate senza sosta (cioè più volte al giorno), raccomandate incessantemente, l’amore a Gesù Cristo ed in particolare a Gesù Cristo appassionato. Altrettanto dico di avere l’abitudine di invocare Gesù e Maria in tutte le tentazioni. Questo riguardo ai fedeli.
Voi, missionari, abbiate cura di offrire a Dio non solo i lavori che vi gratificano, come le prediche grandi, i ritiri ecc.; ma anche quelli che non vi gratificano e quelli a cui ci si sente poco portati, come il catechismo, la recita del rosario, le brevi allocuzioni, la confessione degli uomini, dei malati, degli anziani ecc.: in questo vi è virtù.
Per questa ragione, vi raccomando di ubbidire molto esattamente, ed incarico i Superiori delle missioni di farmi conoscere i soggetti che si rendessero colpevoli di disobbedienza notevole a loro riguardo; perché voglio che il Superiore della missione sia ubbidito come a me stesso se fossi presente. Questo obbligo l’impongo per le missioni, l’impongo anche per i ritiri che si svolgono nelle nostre case, sia per gli estranei che per la comunità. Dio manterrà la nostra Congregazione, miei Fratelli, se la nostra condotta è come deve essere; altrimenti, la distruggerà certamente.
P. DUMORTIER, Lettere di S. Alfonso, vol. III, 110.
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1880. Espulsione della Comunità di Châtauroux.
Erano presenti in convento quel giorno, il P. Caillot Rettore, i Padri Heyman, Pladys, Christophe Jung, Griffaut, Collin, Müller, Liégey e quattro Fratelli.
Il P. Caillot protesta contro la violazione del domicilio. Quattro soldati allora abbattono le porte della clausura. Il comandante, il capitano, il sergente e parecchi carabinieri penetrano nella casa: due celle sono occupate dai Padri Collin e Pladys; sono prelevati con forza ed espulsi. I PP. Caillot e Heyman restano in casa come proprietari, gli altri sono dispersi.
– Qualche tempo dopo i Padri ritornarono, la casa riprese il suo aspetto abituale, e la cappella fu frequentata come una volta.
Bisogna segnalare qui il fiero atteggiamento ed il coraggio cristiano del Generale de Sonis. Vedendo che ci si era servito di quattro suoi artiglieri per abbattere le porte, egli diede le dimissioni da generale e disse al P. Caillot suo confessore: «Reverendo Padre, anche se dovessi schiacciare sassi sulla strada, preferisco questo che cacciare religiosi da un convento».
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1880. Espulsione della Comunità di Valence.
La vigilia del 4 novembre, i Padri di Valence furono avvertiti che l’espulsione avrebbe avuto luogo l’indomani.
Infatti, il 4 novembre, il prefetto di Valence preceduto da carabinieri e da cacciatori a cavallo, si presenta al convento. Il commissario centrale arriva al cancello. Al rifiuto di aprire, il cancello è abbattuto. Il P. Parisot, Rettore, ricevendo l’ordinanza dal Prefetto di Drôme che ordina ai religiosi di disperdersi, risponde: «Non obbedirò ad un’ordinanza ingiusta».
Il Commissario e gli agenti cominciarono allora con l’espellere dalla cappella i fedeli che recitavano il rosario. Poi, il P. Rettore accompagnato dal suo consiglio e dagli amici di Comunità disse al Commissario: «Questi signori sono testimoni che siete entrati solo con la forza».
“I testimoni non mancano”, disse il Commissario indicando gli operai. «Questi non sono dei testimoni, esclama il vescovo presente, sono complici».
Il P. Rettore poi protesta energicamente contro l’iniquo procedimento degli espulsori e mostra il certificato legale di mandatario dei proprietari. Questo titolo riconosce al proprietario il diritto di rimanere nella casa con i domestici e poi i sigilli sono posti sulla porta della chiesa. Il Commissario arriva infine alle camere dei Padri. Tutti rifiutano di uscire e cedono solamente alla forza.
I Padri espulsi con la forza si mettono in gruppo per recarsi all’episcopio; in testa al corteo cammina il vescovo di Valence, Monsignore Cotton. La folla li accompagna acclamandoli e gridando: Viva i Padri! Viva Monsignore! Viva la religione, viva la libertà!
In attesa di trovare un alloggio definitivo, i religiosi sono accolti in case di loro amici o in case che questi mettono a loro disposizione.
– Il giorno stesso della espulsione, due sostituti, Berthaud e Reboud, diedero le dimissioni in segno di protesta.
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1880. Espulsione della Comunità di Gannat.
Il giorno dell’espulsione della comunità era arrivato. Fin dalle sei del mattino, sono presenti gli amici della Comunità. I Padri sono in missione; in convento restano solo il P. Billet Rettore, il Padre Poirot, i Fratelli Martin, Bernard e Félix.
I carabinieri arrivano, seguiti da quattro squadre che vengono da diversi capoluoghi del cantone per proteggere gli scassinatori, contenere la folla ed impedire le manifestazioni popolari; e c’erano in tutto solo due persone presenti!
Il viceprefetto si presenta, circondato da due impiegati della sotto-prefettura, del commissario di polizia, di un fabbro, di un muratore e di alcuni manovali… Il verbale dell’espulsione è firmato allora dai testimoni.
Gli scassinatori si avvicinano alla porta principale: il P. Billet, dalla finestra di una camera protesta con tutte le forze, rifiuta di aprire e dice: «Come Superiore, a nome mio personale ed a nome di tutti i miei religiosi, affermo la nostra volontà ed il nostro diritto di vivere in comunità. Protesto contro l’espulsione anche di un solo membro della nostra comunità perché ai miei occhi è un attentato alla libertà di coscienza, alla libertà individuale ed all’inviolabilità del domicilio. Invochiamo la giustizia di Dio, aspettando il giorno quando ci sarà dato di appellarci alla giustizia degli uomini. Usciremo solamente con la forza».
Il fabbro allora forza la porta, i soldati penetrano nella cappella e pongono i sigilli. Quattro carabinieri forzano la porta del P. Poirot e lo cacciano via. Anche le camere dei tre Fratelli sono sigillate ed essi ne sono cacciati insieme ai loro testimoni. Il Padre Poirot esce, accompagnato dal signor Joly di Bussy.
Una truppa di plebaglia grida: Abbasso i Gesuiti, abbasso i Padri! Uno di essi dice poi: Anch’io mi son guadagnato i miei cinquanta centesimi!
– Il R. P. Billet fu autorizzato a restare per custodire il palazzo insieme ai Fratelli Martin e Félix.
Poco tempo dopo uno dei muratori scassinatori che aveva ricevuto venti franchi per il suo compito fu sul punto di morire. Il pensiero della scomunica in cui era incorso lo pressava, così come il pensiero dell’inferno, malgrado i suoi sentimenti di pentimento. Si rimise da questa malattia. Due anni dopo fu colpito in modo più grave: ricevette gli ultimi sacramenti, ma dopo, incalzato da pensieri di disperazione, si appese all’uncino della bottega di un macellaio. Sua moglie, lo fece seppellire senza sacerdote.
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IN MEMORIAM
Fr. Francesco (Romito). Nocera, 1807.
Il vecchio servo di S. Alfonso merita che ne conserviamo il ricordo! Nato a Napoli il 13 giugno 1722, conobbe il nostro santo Fondatore attraverso suo padre, libraio di Napoli e uno dei più ferventi discepoli del santo all’epoca dell’istituzione delle cappelle serotine che praticava eminenti virtù.
S. Alfonso lo ricevette nella Congregazione e lo prese a servizio per ventotto anni. Romito ebbe così la felicità di essere uno dei testimoni più importanti al Processo di Canonizzazione del nostro Santo Fondatore.
Era un Fratello umile, obbediente, paziente, di un’ammirevole discrezione, di una perfetta devozione, di rara modestia: “Ho servito Mons. de Liguori, ma non ne ero degno”.
Ebbe a sopportare, alla fine della vita, una dolorosa malattia con una conformità perfetta alla volontà di Dio ed anche con grande allegria. Gli si chiedeva la causa di questa serenità: «Eh! credete che sia niente morire munito di tutti i sacramenti e figlio della Congregazione?»
Fratello Romito morì ad ottantasei anni! – «Laetetur cor quaerentium Dominum». Sal. 104.
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P. Léon Lamblin. Rumillies, 1906.
Originario di Templeuve, diocesi di Lilla, il P. Lamblin nacque il 27 settembre 1853. Fu un religioso saggio ed amico dello studio. Malgrado una salute sempre precaria, si dedicò ai lavori apostolici con successo. Di carattere gioviale e caustico, amava stuzzicare i confratelli con spirito e senza mai offendere. Il caro Padre morì come era vissuto, uomo di preghiera. «Benedico Dio, diceva, di morire in comunità! quale grazia morire nella Congregazione, in una casa religiosa e circondato dai confratelli!»
– «Ed in oratione confitebitur Domino». Eccli. 39-9.
Professione: 31 marzo 1872.
Ordinazione sacerdotale: 14 luglio 1878.
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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE |