Memoriale 28 Agosto

28 agosto
EFFEMERIDI C.Ss.R = 1723. S. Alfonso depone il suo spadino ai piedi della Madonna della Mercede.

1723. S. Alfonso depone il suo spadino ai piedi della Madonna della Mercede.

La sera del 27 agosto, Alfonso che si trovava in ricreazione con i religiosi della sua Congregazione, nella casa di Ciorani, disse loro: “Domani è il giorno della mia conversione”. E non finiva di esprimere la sua riconoscenza a Dio per le tante grazie che aveva ricevuto in questo giorno.
I giovani religiosi, insieme al Padre Villani, suo direttore, lo scongiurarono di raccontar loro la storia di questo avvenimento. Egli acconsentì e raccontò loro, nei minimi dettagli, tutto ciò che gli era successo.(Vita di S. Alfonso, scritta dal Cardinale VILLECOURT, I, p. 30.)

Due volte di seguito, all’ospedale degli Incurabili, Alfonso aveva sentito una voce interiore dirgli: “Lascia il mondo e datti tutto a me”. Sotto l’impressione di questi strani fenomeni, si incamminò verso la chiesa della Redenzione dei cattivi. Investito per la terza volta da una luce tutta celeste, e fuori da sé per la gioia, prese la risoluzione di dedicarsi a Dio, di abbtacciare lo stato ecclesiastico e di entrare il più possibile nell’Oratorio.
Come pegno della sua promessa, staccò la spada di gentiluomo sospeso al suo fianco e la depose sull’altare della Madonna della Mercede. La spada è sempre là, ai piedi della statua della Madonna.
Mai Alfonso dimenticò questa giornata memorabile, né questo santuario di Maria. Dirà un giorno, mostrando questa immagine: “È lei che mi ha tirato fuori del mondo, e mi ha fatto entrare nella vita ecclesiastica”.
P. BERTHE, Vita di S. Alfonso, I, p. 35.

Una vecchia stampa che ritrae il giovane avvocato Alfonso de Liguori ai piedi della Madonna della Mercede.

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Particolare di un antica stampa di un ritratto di S. Alfonso conservato nel Monastero OSsR di S. Agata dei Goti – Il Santo depone lo spadino ai piedi della Madonna.

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IN MEMORIAM 

Fr. Jean-Jacques Frachon. Sables-d’Olonne 1923.
Colui del quale si fa qui la memoria, fu particolarmente ricco di doni che la Provvidenza riserva a suoi privilegiati.
Fratello Jean nacque a Saint-Just-Malmont, diocesi di Puy, il 9 maggio 1870, e ricevé al focolare paterno l’impronta di una fede robusta e di un tenera pietà. In occasione di una Missione, che i Padri Boulangeot, Dunoyer e Desbrus predicarono nella sua parrocchia, Jean si sentì chiamato alla vita religiosa.
Svelto e abile, il piccolo Jean, come lo si chiamava, bastava a tutto. Le case e le cappelle di Boulogne e di Sables furono l’oggetto del suo zelo industrioso e soprannaturale.
Espulso da Sables d’Olonne per le leggi persecutore nel 1902, Fratello Jean vi restò tuttavia fino alla sua morte. Quando suonò lo squillo della guerra del 1914, Jean rispose al suo ordine di chiamata. Dopo alcuni mesi di trincea, cadde sfinito. La convalescenza fu veloce. Jean riprese i suoi lavori.
Staccato da tutto ed amando solamente Dio e la sua famiglia religiosa, il buon Fratello, tra quei spostamenti e quei lavori che lo stancavano molto, manifestava solo contentezza e gioia. Tutti l’invitano a riguardarsi, ma egli, ascoltando solamente il suo cuore, lavorava il più possibile.
Sui tetti e nei fossati, qui con una cazzuola, là con una lampada a saldare, ora muratore e conciatetti, ora falegname e zincatore, lavorava sempre. Si esaurì, glielo rimproveravano, egli non se ne si pentiva… e ricominciava, dicendo metà serio e metà scherzoso: “Andrò più presto in cielo”.
Di fatti, ne prendeva la strada. Jean dovette cessare ogni lavoro, poi si mise a letto. All’annuncio che non sarebbe guarito, esclamò: “Che buona notizia!”
Non smise da allora di offrire a Dio le sue sofferenze miste a preghiere e giaculatorie per la Congregazione, i suoi venerati superiori, i suoi confratelli e la Francia. Infine, dopo avere ricevuto con presenza di spirito gli ultimi Sacramenti, ed assistito dai suoi confratelli, rese la sua bella anima a Dio.

Fratello Jean fu un vero religioso. La Provvidenza l’aveva dotato di qualità naturali che gli conciliavano dovunque la stima e l’affetto. Intelligente e delicato, di un approccio facile e piacevole, sobrio nelle parole, ma sempre allegro, e all’occasione piacevole e spirituale, era gentile.
La sua competenza in ogni tipo di mestiere stupiva gli imprenditori; sorprendeva talvolta sgradevolmente gli operai, quando egli, piccolo uomo che spunta inaspettatamente, segnalava loro con precisione i difetti del loro lavoro.
La sua anima era profondamente soprannaturale; giudicava tutto dal punto di vista dell’eternità. Le sue parole come le sue azioni erano impregnate di umiltà di umiltà, era un uomo di preghiera in tutto il senso della parola. E come appariva felice ai piedi del tabernacolo!
Spossato per la stanchezza, la sera dopo la preghiera restava per finire le sue devozioni a Gesù e alla Madonna Perpetuo Soccorso che amerà in modo particolare fino alla sua morte.
Si può aggiungere che fu un Redentorista apostolo senza essere sacerdote, un vero missionario offerente le sue preghiere ed i suoi sacrifici per le anime evangelizzate dai suoi confratelli, chiedeva loro notizie delle loro missioni, si informava della condotta cristiana di quelli che si convertivano e pregava per la loro conversione quando apprendeva che erano lontani da Dio. I più renitenti all’azione soprannaturale se ne andavano sempre meglio disposti.
La mia cara Congregazione” era la sua parola preferita e la ripeteva con l’accento di una convinzione affettuosa durante gli ultimi giorni della sua vita: “Quale felicità morire da Redentorista! Ecco, muoio da Redentorista!”
Il buon Fratello Jean morì come aveva vissuto, da virtuosi e santo religioso. – « Scio opera tua, et laborem et patientiam». Apoc. 2-2.
Professione: 25 dicembre 1895.

Casa e chiesa redentorista di Sables-d’Olonne dove Fratello Jean-Jacques passò gli ultimi giorni. (foto in AGHR).

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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE
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