17 dicembre
EFFEMERIDI C.Ss.R – * 1774. S. Alfonso pubblica le Canzoncine spirituali.
* 1774. S. Alfonso pubblica le Canzoncine spirituali.
Don Mario Palladino, eccellente poeta napoletano, non temé di asserire che «Sol S. Alfonso de Liguori ha dato all’Italia il canto popolare in tutta la sua perfezione. Ancora oggi, dopo cento cinquant’anni, i suoi canti risuonano attraverso le nostre valli e le nostre montagne e, come ogni vera poesia hanno conservato la freschezza della loro gioventù».
L’opera poetica di S. Alfonso è costituita da quaranta a cinquanta pezzi lirici composti in diverse epoche e raccolte nel 1774 con il titolo di Canzoncine spirituali.
S. Alfonso scriveva sotto l’ispirazione del momento, ma il suo scopo fu sempre lo stesso: infiammare le anime dell’amore divino comunicando loro il sacro fuoco che consumava il suo cuore. Dava forma poetica, ricca d’immaginazione e nello stesso tempo commovente, ai sentimenti che esprimeva nei libri di meditazione, e li faceva così penetrare nelle famiglia come nei laboratori, nelle campagne come che nei chiostri.
Alfonso fu un poeta nel vero senso del termine e non un verseggiatore, sudando sangue ed acqua nel mettere in rime il Credo ed il Decalogo.
Si potrebbe dire che il carattere particolare ed unico delle poesie è il loro essere liriche e popolari allo stesso tempo; popolari nello stile come nel sentimento, per essere gustate bene sia dai letterati che dal popolo.
Da vescovo, S. Alfonso emanò un decreto che ristabiliva l’uso del canto gregoriano in tutte le chiese della sua diocesi in quanto corrispondeva meglio alla serietà delle sante funzioni e perciò più adatto a mantenere il rispetto ed il raccoglimento, a bandire la curiosità e la dissipazione, cause di molti peccati.
Il cardinale Capecelatro scriveva: «S. Alfonso si ricollega a quel gruppo di poeti illustri dove brillano tra gli altri Ambrogio, Gregorio Magno, Anselmo, il Bernardo, Tommaso di Aquino».
– Il P. Reuss, CSsR., nel 1896 ha pubblicato un’edizione completa dei Cantici con una traduzione in versi latini che il Papa Leone XIII ha onorato di un breve molto lusinghiero.
P. BERTHE. Vita di S. Alfonso, I, p.·614.
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1904. Espulsione della comunità di Lille.
Il 13 giugno 1903, i Padri della comunità di Lille, imputati del reato di ricostituzione della Congregazione, dovettero comparire davanti al tribunale correzionale. Erano Padri Émile Dupuis, Rettore, Lucier Leplat; Arthur Payen; Auguste Delerue; Emile Durand; Victor Caloin et Victor Bernard.
Accompagnati da sacerdoti, da laici, in particolare dal signorGrousseau, valoroso deputato del Nord, e da una folla considerevole, si recarono al Palazzo di giustizia. Le vie erano piene di gente che gridava: Libertà·! Libertà·! Viva i Padri.
Lungo la strada, il brigadiere di polizia cadde morto per un’embolia; più in là un uomo del popolo si gettò al collo di uno dei nostri esclamando: Padre mio, sono solo un povero operaio, permettetemi di baciarvi.
Al Palazzo di giustizia, malgrado le brillanti arringhe dei due avvocati, le signoreBataille e Théry, i Padri furono condannati alla prigione col beneficio della condizionale, e ciascuno ad una multa di cinquanta o cento franchi.
– Il 29 luglio dello stesso anno la Corte di Douai mitigò la sentenza del tribunale di Lilla e levò la prigione preventiva.
Da allora i Padri restarono sulla difensiva. Alcuni giovani buoni cattolici custodivano la casa con devozione ammirevole, pronti a dare la vita per una così nobile causa. Uno di essi, figlio di un pasticciere, di appena vent’anni, diceva con accento di sublime fede: «Non temo niente, posso morire, mi sono comunicato stamattina».
Da tre settimane, il Padre Rettore non usciva di casa, perché una volta uscito, gli avrebbero impedito di rientrare, quando, il 16 dicembre 1904, alle 9 di sera, un devoto agente venne ad avvertire i Padri che l’espulsione doveva avvenire l’indomani 17, alle 7 del mattino.
Arrivarono i Padri Auguste Delerue e Bernard che erano ospitati a Lambersart. Venti studenti cattolici vennero per passare la notte. Le messe ebbero luogo alle tre del mattino. Si accatastarono sedie all’ingresso tra la porta esterna e l’entrata della casa, i Padri ed i loro testimoni entrarono dal Padre Rettore e si attese.
La polizia forzò la porta della cappella ed arrivò alla camera del Rettore; l’agente prese a gridare: “In nome della legge, aprite!”. Al rifiuto di aprire, la porta venne abbattuta, gli agenti misero la mani addosso ai religiosi. «Noi non usciremo se non con la forza», dicevano tutti i Padri.
Allora due commissari e due agenti li condusse per la sagrestia e li misero sulla strada. In Via Parigi duecento agenti erano di guardia per mantenere l’ordine, ma non c’era quasi nessuno, perché erano le 7 del mattino in pieno inverno.
I Padri si ritirarono nelle proprie case, pur continuando le loro predicazioni di missioni e ritiri; infine fittarono una casa al n. 3 di Via Bruxelles.
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IN MEMORIAM
Fr. Wenceslas (Costante Koebl). Bourg (Uvrier), 1913.
Originario di Griesingen, diocesi di Rottenbourg, il caro Fratello Wenceslas nacque il 2 maggio 1862. Era un eccellente religioso, di grande pietà e scrupoloso osservante della Regola.
Dio l’aveva dotato di un carattere affascinante, che lo faceva amare da tutti. Era di umore costante, sempre pronto a fare favori e con modi gentili. Esercitava il mestiere di sarto e, secondo le circostanze, andava in aiuto ai confratelli nei loro incarichi.
Sfortunatamente Fratello Wenceslas, alla fine dei suoi giorni, fu colpito nelle sue facoltà mentali. Da Uvrier venne condotto allora alla casa di cura di Bourg. Là, malgrado la malattia, poté rendere grandi servizi fino alla morte come addetto alla biancheria.
Lasciò vivo dispiacere nel cuore di quanti lo conobbero. «Non perdet mercedem suam». Mt. 10-42.
Professione: 15 agosto 1881.
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Fr. François Sutrell. Trois Épis, 1919.
Il caro Fratello François, nacque il 14 gennaio 1878, a Reinhardsmünster (Bas-Rhin). Entrò come postulante in Téterchen, dove esercitò l’incarico di giardiniere per la maggior parte della vita.
Aveva una grande devozione alla Santissima Vergine. Fu arruolato come soldato nella guerra del 1914, e la devozione verso Maria lo salvò dai pericoli fisici e morali. La perseveranza alla preghiera nel pericolo, fu per sua confessione, la causa della sua perseveranza.
– «Qui perseveraverit usque in finem, hic salvus erit». Mt. 10-22.
Professione: 9 maggio 1907.
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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE |