11 settembre
EFFEMERIDI C.Ss.R = 1732. Nella Santa Ostia appare lo stemma della Congregazione.
1732. Nella Santa Ostia appare lo stemma della Congregazione.
Due mesi prima della fondazione della Congregazione a Scala, nella cappella delle religiose del Santissimo Salvatore era esposto il Santissimo Sacramento. Le religiose, come anche il cappellano, videro nell’ostia una croce che, nera inizialmente, diventò rossa come il sangue, poi bianca come la neve.
Si vide stagliarsi poi nella stessa ostia una bella immagine di Gesù Crocifisso, poi gli strumenti della passione, ed infine alla base della croce una roccia montagnosa.
A questa visione meravigliosa, le monache, vivamente impressionate, esplosero in singhiozzi. Alcune, sbigottite, fuggirono dalla chiesa. Infine tutte si misero a ringraziare la divina Maestà che probabilmente aveva voluto firmare con propria mano l’approvazione dell’istituto, e preparare coloro che ne avrebbero fatto parte a ricevere i dolori che giammai mancano a chi segue Gesù Cristo.
P. BERTHE. Vita di S. Alfonso, I, p. 111.
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IN MEMORIAM
P. Auguste Lorthioit. Téterchen, 1855.
Il P. Lorthioit nacque a Tourcoing, diocesi di Lille, il 6 aprile 1828, da famiglia patriarcale che donò a Dio diversi sacerdoti e religiosi.
Dopo avere compiuto gli studi nel collegio di questa città, sotto la direzione del rettore, l’abate Lescouf, entrò nel Seminario maggiore di Cambrai. L’idea di diventare religioso lo accompagnava costantemente. Sua sorella, Carmelitana, gli proponeva l’ordine dei Carmelitani, ma sant’Alfonso lo voleva come suo discepolo.
Augusto fece un viaggio a Téterchen, poi a Saint-Nicolas-du-Port; diverse circostanze lo fecero decidere a farsi Redentorista: i colloqui spirituali avuti con Fr. Achille Desurmont, in seguito Provinciale dei Redentoristi, e con suo fratello Francesco Lorthioit, poi Rettore di Châteauroux.
Il P. Augusto fu una tra persone favorita dalla sorte, di quelle che, conoscendole, fanno esclamare: “Ecco una persona privilegiate”. Il segno più sorprendente di predestinazione che rifulse in questo fortunato figlio di Dio, fu la grande devozione verso la Beata Vergine Maria. Aveva come pratica di confidare a questa buona Madre i bisogni del corpo e dell’anima, con la semplicità di un bambino. Questo santo abbandono tra le braccia della Madre del Cielo fu il tratto caratteristico della sua vita veramente devota.
La Madonna lo ricompensò con segnalati benefici: innanzitutto gli ottenne di entrare in Congregazione, e quelli che conoscono la storia della sua vocazione possono attestare che l’ammissione alla vita religiosa fu una diretta ricompensa della devozione a Maria.
Fu anche questa buona Madre che ottenne al suo fedele figlio la grazia di una santa morte. Quelli che hanno assistito agli ultimi momenti possono renderne testimonianza. Una delle ultime parole di questo virtuoso servo della Santa Vergine fu: «Muoio contento, perché da molto tempo ho donato la mia vita a Maria».
Il P. Auguste morì poco dopo l’ordinazione sacerdotale, all’età di ventisette anni. —«Beati mites, quoniam misericordiam consequentur». Mt. 5-7.
Professione: 24 settembre 1853.
Ordinazione sacerdotale: 2 giugno 1855.
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Fr. Barnabé Hachair. Saint-Nicolas-du-Port, 1888.
Il caro Fratello Barnabè nacque a Barbas, Lorena, il giorno 8 settembre [1866], e cominciò i suoi studi all’Aspirantato di Uvrier.
Non avendo le attitudini necessarie per diventare sacerdote, fu ammesso come fratello laico ed ebbe la felicità di fare i voti sul letto di morte. —«Requiescat in pace».
Professione: 4 novembre 1888.
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P. François Durieux. Douai, 1895.
Il P. Durieux nacque il 23 novembre 1836 a Maing (Nord). Dopo alcuni anni di studi al seminario maggiore di Cambrai, e di insegnamento nel collegio di Bailleul, l’abate Durieux entrò al noviziato nel 1859. Ordinato sacerdote fu mandato successivamente nella maggior parte delle nostre case, che edificò per l’osservanza della regola, la pietà, lo zelo ardente per le anime.
Le numerose parrocchie che evangelizzò conservarono per lungo tempo il ricordo della sua ardente predicazione, davanti a cui spesso si sbriciolavano le più lunghe ed ostinate ostilità. Predicava con chiarezza, brio, contegno e notevole spontaneità. Eccelleva nell’evangelizzazione della catechesi ai bambini.
Durante l’invasione tedesca del 1870, si arruolò nell’esercito del Nord come cappellano volontario, trascorreva giornate intere sotto il fuoco nemico, medicando i feriti, che confessava e trasportava alle ambulanze. Ricevé dal personale medico le più vive congratulazioni per il modo con cui aveva eseguito le medicazioni ai feriti.
Da alcuni anni una terribile malattia gli faceva patire momenti di vere torture. La parola preferita alludendo alle sofferenze, nel momento del dolore, era questa: «Sappiatelo, è il compenso della vocazione; abbiamo una vocazione sublime, ma è giusto ed occorre che prima o poi la paghiamo».
Nel discorso di apertura ad un ritiro spirituale alle Dame della Sainte-Union a Douai, diceva: «Sorelle mie, se Dio chiede una vittima per il successo di questo ritiro, eccomi, che mi prenda». – La sera stessa era preso da un violento mal di testa, da un attacco, e moriva l’indomani, con le armi in mano. —«Qui converti fecerit peccatorem… salvabit animam suam». Gc. 1-16.
Professione :15 ottobre 1860.
Ordinazione sacerdotale: 21 marzo 1864
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Fr. Alexandre Arizaga. Riobamba (Ecuador), 1924.
Il caro Fratello Arizaga apparteneva ad una nobile famiglia dell’Ecuador. Suo padre, senatore ed ambasciatore negli Stati Uniti, poi in Brasile, era tra gli uomini più influenti della Repubblica.
La vita di questo giovane religioso non offre niente di straordinario dal punto di vista umano; al contrario, tutto ci sembra eminentemente edificante, se consideriamo l’amore divino che animò il suo cuore fin dalla tenera età. Fu un angelo in un corpo mortale, un fiore mistico secondo il modo e metodo del fiorellino di Lisieux, santa Teresa del Bambino Gesù, sua gloriosa patrona.
Nacque a Cuenca, città dell’Ecuador, il giorno 11 luglio 1902. I genitori gli ispirarono presto un santo entusiasmo per la religione, e soprattutto per la devozione alla Beata Vergine Maria. Mentre frequentava il collegio di istruzione secondaria, subì l’influenza del mondo, la voce di Dio si faceva sentire sempre meno: era la lotta, non la disfatta. Durò sei anni.
Ma la grande devozione alla Madonna gli valse la grazia della vocazione. Un sabato del mese di maggio, assistendo alla messa nella chiesa di Sant’Alfonso a Cuenca, disse: «O madre, aiutatemi e mi farò Redentorista».
Appena si consacrò a Dio, volle raggiungere lo scopo della Regola: l’imitazione delle virtù e degli esempi di Gesù Redentore. Diceva: «O mio Dio, devo pensare, giudicare, parlare, agire come voi; ma come raggiungere questo ideale? Sono diventato religioso per diventare santo; ad ogni istante dirò: come penserebbe, cosa farebbe Gesù?»
Un giorno, si sentì irresistibilmente spinto ad offrire la sua vita al Sacro Cuore per la salvezza della patria. Ubbidì all’istante, ed il giorno della professione religiosa ebbe la convinzione che il suo sacrificio si sarebbe consumato rapidamente.
Giurò un vero odio alla stima di sé. La mortificazione corporale talvolta era spinta fino all’imprudenza; quella dello spirito e del cuore andava di pari passo, anche se non superava l’altra.
L’amore della Congregazione si manifestava in un vero culto per la vita comune, la vita di famiglia, la preoccupazione di fare piacere ai confratelli, l’amore meticoloso della Regola.
Aveva notevole capacità, era di giudizio retto, unito ad un spirito di devozione ispirato dall’amore a Dio: in lui tutto traspariva un religioso di grande valore; e Dio accettò alla lettera l’offerta di vittima nel giorno della professione religiosa.
Un giorno mentre pregava la settima stazione della Via Crucis e chiedeva la grazia della perseveranza, un fiotto di sangue gli venne alla bocca: era la risposta del cielo. Come santa Teresa del Bambino Gesù, sua benamata Patrona, voleva morire di amore e in un atto di amore perfetto.
Questa fine sublime, l’acquistò con grandi sofferenze e crisi successive. Secondo il parere del suo direttore fu un martire per la eroica pazienza e per la gioia soprannaturale che accompagnò la morte. Si poté credere che questo ragazzo appena uscito dall’iniziazione della vita religiosa, trovava nella consolazione sensibile e fervore dei primi anni sollievo e conforto nelle sue sofferenze.
Non fu tormentato da aridità nella preghiera, da sentimento doloroso di abbandono e abbandono da parte di Dio, da attacchi reiterati del demonio, da ansia e terrore improvviso al momento della morte… così era il suo stato interiore.
Tuttavia, diceva alla mamma: «Muoio contento, perché muoio Redentorista». “Come ti senti”, gli chiedeva il Padre che l’assisteva. —«Non posso spiegarvelo, è come un trasporto di amore» … e l’anima passava ad una vita la migliore. Morì all’età di ventidue anni. —«Raptus est, non malitia mutaret intellectum ejus». Sap. 4-11.
Professione 25 gennaio 1923.
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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE |