42 – Il servo di Dio P. Matteo (Francesco) Poilvache
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 05-mag-1815
- Morte = 27-gen-1848
- Professione = 11-lug-1836
- Sacerdote = 03-lug-1842
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
Il servo di Dio Matteo (Francesco) Poilvache nacque presso Liegi in un villaggio chiamato Eben Emal il 5 marzo 1815. Fin dalla fanciullezza diede indubbie prove che sarebbe riuscito un uomo perfetto sotto ogni aspetto. Mentre in casa si dedicava agli studi letterari, ben sapendo che chi ama il pericolo vi perirà, si teneva lontano dalla compagnia dei coetanei e per difendersi meglio dagli assalti del demonio e dalle attrattive del mondo, ogni giorno partecipava alla Messa. Frequentava assiduamente i sacramenti e si dedicava alla preghiera.
Quanto questo gli sia servito, lo sappiamo dalla condotta tenuta da adolescente nel regio collegio di Liegi, dove allora la vita di presidi e professori dava tali esempi agli alunni da non lasciare al sicuro né la loro fede né la loro moralità. Esposto a così grave pericolo, Francesco si abituò a vivere in maniera tale da ottenere da Dio di non cadere in peccato; e con la dolcezza si guadagnò l’affetto e il rispetto dei professori e dei compagni.
Successivamente per volontà di Dio incontrò un ottimo amico, e, con il suo consiglio cominciò a frequentare un sacerdote di ottime qualità. Questi lo spinse fin d’allora a tendere al sacerdozio e ad entrare in seminario. Qui, di giorno in giorno, si esercitava nella pratica di ogni virtù e, quattro anni dopo, prodigiosamente, capì di essere attratto verso il nostro Istituto. La cosa andò così. Francesco non sapeva ancora della nascita della Congregazione del SS. Redentore, quando il P. Federico De Held e il suo compagno tennero gli esercizi spirituali agli alunni del seminario. Ben presto, conquistato dalla loro pietà, dalla semplicità e dalle prediche e, soprattutto, spinto dalle parole del Cristo: “Se vuoi essere perfetto, seguimi”; decise di entrare nel nostro Istituto:
Pose in atto senz’indugio il proposito; e, superato il no dei genitori, si recò a Sint-Truiden, dove, indossato l’abito della Congregazione il 21 sett. 1834, incominciò il noviziato, al termine del quale l’11 luglio 1836 emise i voti religiosi. Per continuare gli studi, per ordine dei superiori, andò nella casa di Wittem. In questa casa, che versava nella miseria più nera, egli diede prove mirabili di pazienza. Essendo quasi sempre malato, mai dalle sue labbra uscì una lagnanza o una facezia sia per la mancanza del necessario sia per i dolori della malattia.
Affinché la malattia non si aggravasse, per ordine dei superiori, si trasferì in una regione più salubre ed egli eseguì prontamente l’ordine, anche se a malincuore, per il timore che la sua anima patisse qualche danno fuori della casa religiosa. Appena si credé guarito, ritornò subito con gioia tra i confratelli. Ma la malattia era latente e una volta ricomparsa, gli fu indispensabile rinunciare del tutto agli studi.
Perciò con il fervore più grande possibile si dette a coltivare la pietà. Continuamente meditava la passione del Cristo; visitava spesso il SS. Sacramento; ogni giorno riceveva l’Eucaristia. Si dice che abbia più volte goduto delle apparizioni di Gesù e di Maria Santissima. Crediamo a ciò per il fatto che, appena ricevette gli ordini sacri, contro ogni attesa guarì completamente per grazia di Dio.
Ordinato sacerdote, il 3 luglio 1842, subito cominciò a svolgere il suo ministero apostolico con grande vantaggio delle anime. Avendo capito da tempo di essere chiamato a evangelizzare le genti lontane, più bisognose di un aiuto sacerdotale, non rimase a lungo in patria, ma spinto dal suo zelo ottenne dai Vescovi di partire per l’America settentrionale. Si imbarcò e dopo una difficile navigazione il 21 aprile 1843 approdò a New York.
Prima a Detroit e poi fino alla morte nello stato del Michigan, fu un apostolo instancabile e virtuoso. Fattosi tutto a tutti, senza lasciarsi intimidire né dal caldo né dal freddo né dai pericoli, giorno e notte lavorava per la salvezza delle anime che numerose portò a Cristo.
Frattanto non allentava l’impegno di perfezionamento della propria virtù. Nella casa di Monroe con il suo esempio favorì l’osservanza delle regole; sopportò sempre di buon grado i dispiaceri datigli persino, talvolta dal superiore della casa; rivolse gli affetti della sua anima a Gesù e a Maria.
La fama della sua santità si diffondeva ed era confermata da Dio con miracoli. Predisse la sua immatura morte e altri eventi. Il 27 gennaio 1847 tranquillamente, con il volto sorridente quasi vedesse la visione del cielo, invocando i nomi di Gesù; Maria e Giuseppe, spirò. Tutti quelli che lo conoscevano lo acclamarono per santo e alle sue esequie accorse il popolo di ogni condizione sociale. Il suo corpo fu sepolto a Monroe, quindi trasferito a Detroit, ora riposa in pace nella città di Annapolis.