Novizio Paolo Mastrorilli (1885-1903) – Italia.
Novizio Paolo Mastrorilli (1885-1903)
(dall’elogio funebre)
Nella bella stagione in cui la natura, dispiegando tutta la pompa primaverile, ricopre la terra quasi d’un manto di bellissimi fiori, e propriamente al 1° aprile dell’ anno 1885, nel dolce clima di Napoli, si schiudeva alla luce di questo mondo il nostro Paolo che a somiglianza d’un vago fiore, ascoso agli sguardi degli uomini, doveva attrarsi quelli degli Angeli del Cielo.
Il primo pensiero al mattino, appena levato e recitate le solite orazioni del Cristiano, era chiedere la benedizione ai Genitori, augurando loro il buon giorno, e quindi recarsi alla vicina Chiesa di S. Antonio a Tarsia, ufficiata dai nostri Padri, donde, ascoltata per lo più una Messa, passava alla scuola.
Diligentissimo era nel frequentare le sacre funzioni che si tenevano in detta Chiesa; e quindi, ripieno il cuore della soavità della Grazia, raccontava con infantile ingenuità ciò che più gli era piaciuto.
Paolo era come un fiore che non si piegava verso la terra, ma era sempre rivolto al cielo da cui traeva il suo abbellimento. Ed affinché quivi fosse ognora fisso il suo sguardo, a Dio alzava fervente la sua preghiera; ed a Maria, siccome a sua celeste Protettrice si rivolgeva con tenera devozione, e la scongiurava che mai le fosse venuta meno col suo valevole Patrocinio, Ella ch’ è la Patrona dei Vergini.
Lei invocava in ogni suo bisogno, specialmente con la costante recita del S. Rosario, ed in onore di sì augusta Madre cominciò a praticare, sin da quella tenera età, ossequi e fioretti.
E Maria dal suo canto non gli fu tarda del suo materno affetto ed aiuto. L’ 8 settembre del 1893 furono paghe le sue ardenti brame: per la prima volta si cibava l’anima sua delle Carni Immacolate del Divino Agnello.
La vocazione
Il devoto ricevimento del Sacramento dei Forti risvegliò in Lui e condusse a maturità la sua elezione. Toccava appena l’undecimo anno che incitato dalla grazia, risolutamente manifestò un dì ai suoi Genitori, che sua vocazione era lo stato religioso.
Si apriva in quei giorni dai nostri Padri di Angri un Collegio per giovanetti, che mostrata inclinazione allo stato religioso, si preparavano con gli studi ginnasiali e con religiosa educazione ad esser membri della Congregazione.
Si veniva a questa risoluzione per la tristizia dei tempi e dell’educazione antireligiosa, che estinguendo nei teneri animi dei giovani ogni trasporto per la pietà, difficili ne rendeva le vocazioni religiose; e d’altra parte, inoculando dovunque il veleno dell’ immoralità, faceva proclamare alto e sentito il bisogno d’evangelici Operai.
Si parlava dunque dai Padri sulle vocazioni e speranze incerte di sì teneri giovani, quando si presentarono i genitori per ottenere consiglio sulla vocazione di Paolo. Riputarono quei Padri di Tarsia buona la Vocazione: « Eh! Via – dissero – mandatelo ad Angri».
Reggeva in quel tempo il gran Servo di Dio P. Giuseppe M. Leone con saggio e prudente governo, la casa di Angri, quando la sera dell’ 8 novembre 1897 andò ad allietarla delle sue speranze anche il nostro Paolo, allora già dodicenne.
Il suo Moderatore P. Ruotolo in una lettera di conforto mandata ai genitori, così si esprimeva: «Attesto prima di tutto che allorquando Paoluccio venne nel Collegio e Giovenato, mi fece un’ottima impressione, e concepii fin d’ allora di lui le più belle speranze per l’avvenire…. ».
La prima formazione
In un angelico sembiante si portava a passeggio con i suoi compagni, né fu mai veduto alzar gli occhi, non solo a mirar persone di diverso sesso, ma neppur fissarli in volto dei suoi compagni.
Ed a tal segno giunse a portar abitualmente gli occhi bassi da lasciar meravigliata una sua madrina che, condottasi da lontano a visitarlo, non poté, con mille arti ed astuzie praticate, giungere a vedere di qual colore fossero gli occhi di lui.
In quei quasi tre anni che passò in Angri, attendendo agli studi ginnasiali, andava fomentando le sue ed altrui speranze; ma tanta virtù, tanto sforzo continuo a reprimere ogni men che retta inclinazione, ad assoggettar pienamente la carne allo spirito, non poteva non scuotere profondamente la già non troppo robusta sua complessione [struttura fisica].
E giacché tenera era l’ età, gracile la fibra di sua natura, si assottigliò talmente e tale prostrazione gli si cagionò delle forze che cento ostinati e noiosi incomodi gli sopravvennero. Paolo ebbe sempre per compagno il dolore, ma tollerato da lui con santa rassegnazione, gli fu sorgente di merito e di guiderdone nella patria celeste.
Il noviziato
Compiuto con lode il suo primo tirocinio ad Angri, fu dai Superiori giudicato degno di essere ammesso al Noviziato, ma gliene fu trasferita l’entrata d’ alcun tempo solo per l’ insufficienza dell’età troppo giovane, ed intanto fu rilasciato in famiglia a cagione di salute.
Nell’aprile del 1900 entrò in Noviziato. Da una sua cartolina diretta ai genitori rileviamo queste tenere parole:
«Col cuore commosso di viva gioia vi scrivo questa cartolina per annunziarvi che giovedì scorso, giorno dell’ Ascensione del Redentore, presi il sacro abito di S. Alfonso.
Non posso esprimervi quanta consolazione provai nell’indossare la prima volta la benedetta sottana, e nel cingere i lombi con la fascia, e da questa far pendere il Rosario di Maria.
Nella commovente funzione non potei resistere all’interno affetto e lasciai libero il corso alle lacrime, mentre la cappella risuonava al canto degli altri fratelli. Si, spero che anche voi proverete gran consolazione e ringrazierete per me il Signore, Maria SS. e S. Alfonso di si grande e singolare grazia che a me indegnissimo loro figlio hanno fatta, e col cercarmi da loro anche la santa Perseveranza».
Il suo impegno
La Vergine SS. onorata specialmente sotto il titolo taumaturgo di Regina del Rosario di Pompei era la prediletta del suo cuore: a Lei si rivolgeva in ogni occasione sempre pieno d’amore e di fiducia, attestando di averne sperimentato sin dall’ infanzia una singolare protezione.
E da qui l’assiduo suo impegno di discorrere sempre delle virtù, dell’ amabilità, della protezione di Maria e la sua prima espressione nel principiare la ricreazione era: « Onoriamo Maria con santi pensieri».
Col sincero proposito d’informarsi dello spirito di vero Redentorista, incominciò a prendere buona piega fin dal primo tempo con l’esatta osservanza della disciplina del Novizio.
Perciò assiduo si vedeva nel leggere e meditare il libriccino delle Regole, domandarne spiegazione e schiarimenti, e tutto imprimeva nel cuore e metteva in esecuzione.
Con amorevole premura fu obbediente e sottomesso a qualunque ordine gli fosse imposto, né fu mai che si scusasse o ricusasse di adempierlo, ed anche in quegli offici un po’ gravosi per la sua malferma salute, era tra i primi a mettersi all’opera.
Si leggeva nel volto quanto mai patisse! Anche se gli si chiedeva come la passasse: «Come vuole il Signore, rispondeva sorridendo».
Per il santo Bambino aveva poi sensi e devozione particolare. Il 25 di ciascun mese è uso fra i novizi con cantici ed adorazione fare una modesta festicciola, onde venerare il gran mistero dell’Incarnazione. E questo giorno era il giorno di Paradiso per il caro Giovanetto.
Lungo tempo passava immobile nella Cappella innanzi al Santo Bambino, gli raccontava le speranze, i desideri, gli affetti del proprio cuore. Né era contento: tali affetti uniti ad atti di mortificazione da praticarsi nel mese seguente, li scriveva su di una cartellina che deponeva ai piedi del divino Infante, che certo doveva gradire il sincero ossequio e beatificarlo col suo sorriso.
A tale amore univa ancora un affetto singolare alla Madonna. Egli lo sapeva: l’essenza, a dir così, del Redentorista è un tenero e filiale attaccamento alla SS. Vergine. Gli ossequi che a Lei prestava erano continui. Ora un saluto, ora un pensiero, ora un’aspirazione: tutto a Lei era consacrato.
Tale fu nel Noviziato, fu un Angelo! In questa parola è descritto tutto il progresso che ehli seppe fare nello spirito in quei brevissimi mesi: progredì, si perfezionò tanto fino a meritarsi, da chi ben poteva conoscerlo, la somiglianza con l’Angelo.
La malattia
Costretto nella durata di soli sette mesi, per motivo di salute, a far ben due volte ritorno in famiglia, il nostro Paolo con l’esser fuori dell’eletto giardino del Noviziato, non si credé affatto esente dal tenore di vita che ivi menava, tanto più che ancora indossava quel sacro abito che con tanto fervore aveva ricevuto.
Mai lasciò la quotidiana Comunione. Mancava, nella vicina Chiesa di S. Antonio a Tarsia, per il restauro allora in corso, l’erezione della via Crucis, ed egli non mancò subito stabilirsi l’equivalente in 20 Pater, Ave e Gloria.
Per la conferenza settimanale si leggeva qualche lettera di S. Francesco di Sales.
Così mostrava, il nostro Paolo, quanto ardente fosse in lui il desiderio della perfezione e quanto ancora operoso.
Nel Settembre del 1900 ritornò a Ciorani, ma ben presto fu costretto ad esular di nuovo per ragion di salute. Nel partire disse ai compagni: «Non mi dimenticate …. e pregate per me».
Ritornava mesto ed afflitto nella città di Napoli la sera del 19 novembre 1901.
Fu a Pagani per venerare la tomba di S. Alfonso il 17 luglio 1903. L’ 8 settembre ricevette il Pane Eucaristico per Viatico, e l’ Estrema Unzione. La sera di venerdì, 11 settembre 1903, volò come un Angelo al Cielo.
Il Servo di Dio P. Antonio M. Losito per confortare i genitori scrisse la seguente lettera:
«Con vivo dispiacere apprendo la disgrazia di Paoluccio, e mi figuro la pena vostra: Vi compatisco di cuore: però nel vostro acerbo dolore avete il grande conforto della sua eterna salvezza. Per lui son finiti i dolori, le angustie, le pene di questo esilio, e son cominciate le gioie, le delizie, i godimenti di una vita beata nel cielo. Era un S. Luigi: consacrato a Gesù Cristo ed alla Vergine SS. dai suoi primi anni, si mantenne nella innocenza della vita.
E poi purificata sempre più l’anima benedetta nei dolori e nelle sofferenze della lunga malattia, ha chiuso i suoi giorni con la morte dei Santi. E poi notate che egli è morto fra l’ ottava della Madonna, appunto perché la Regina del Paradiso l’ha voluto vicino a sé nella Patria beata. Sicché voi avete un Angelo, un Protettore nel Cielo, il quale pregherà incessantemente per tutta la famiglia ».
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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.3 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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