P. Vittorio Lojodice (1834-1916) – Italia.
Nella bella città di Corato nacque, il 25 luglio 1834, il Rev. P. Vittorio Lojodice.
Fino alla età di dieci anni rimase nella sua casa paterna, imbalsamandola delle virtù cristiane; poi, abbandonando famiglia e patria, passò al celebre Collegio di Molfetta a continuarvi gli studi.
In questa città conobbe il venerabile P. Emmanuele Ribera, rinomato missionario ed eroe di ogni virtù. Lo spettacolo di sua vita, il suo zelo per la salvezza delle anime, la sua abnegazione a tutta prova, suscitarono nel giovane cuore di Vittorio un ardente desiderio di seguire le sue orme. Con la grazia di Dio vi riuscì.
Il 10 marzo 1852, fece la professione religiosa, poi si slanciò con ardore nello studio delle scienze ecclesiastiche. Il 19 settembre 1857, fu ordinato sacerdote e, due anni più tardi, dava addio al suolo patrio per consacrarsi totalmente all’apostolato missionario nella Nuova Granata (Colombia). Cacciato da questa repubblica per il furore settario dei suoi Governanti, tornò in Italia.
Ma doveva restarvi per poco tempo, giacché, appena arrivato in patria, si fecero vive istanze per una fondazione redentorista in Spagna, ed il Rev.mo P. Generale Mauron, acconsentendo, vi inviò il P. Lojodice. Le cose andarono assai prosperamente, e lo zelo del grande missionario divampò in tutte le regioni della Spagna.
Ma il Signore gli chiese il sacrificio di trasportare altrove il campo del suo apostolato, campo più vasto ma, in gran parte, sprovvisto di aiuti spirituali. E il P. Lojodice non si rifiutò e, il 22 novembre 1884, approdava ai lidi argentini. Nella Capitale Federale spiegò, fino al 1897, il suo ardente zelo in molte importanti opere, soprattutto nella Arciconfraternita della Madonna del Perpetuo Soccorso di Montevideo, che ebbe il privilegio di ammirare nel P. Lojodice l’apogeo delle sue eroiche virtù, e la sua preziosa morte avvenuta il 10 gennaio 1916.
Fu un religioso esemplare in tutta la estensione della parola; di una carità sconfinata; mai si vide annoiato o impaziente; la sua umiltà e obbedienza perfette; il suo amore alla fatica lo animò sino agli ultimi momenti della sua vita. In ogni luogo rifulse come un astro risplendente di virtù e santità, che spinse l’Autorità Ecclesiastica e i Superiori della Congregazione Redentorista a dar corso ai desideri del popolo cristiano, introducendo il Processo di beatificazione del servo di Dio, P. Vittorio Lojodice.
Le sacre spoglie dell’infaticabile apostolo dell’Argentina e dell’Uruguay, nel giorno 13 febbraio 1938, furono trasferite nel Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso in Montevideo, in deposito canonico, per aspettarne la glorificazione dalla Chiesa.
P. Gaetano Damiani
S. ALFONSO, anno 1938, pag. 70.
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Altro Profilo
Il P. Vittorio Lojodice nacque a Corato, il 25 luglio 1834, come risulta dall’atto battesimale registrato nel foglio 149 del volume XVII, custodito nell’archivio parrocchiale di S. Maria Maggiore.
Il 25 febbraio 1851, il venerabile P. Emmanuele Ribera l’accompagnò al noviziato di Ciorani, ove professò nel 10 marzo 1852. Completati gli studi filosofici e teologici nel collegio di Deliceto, ascese al sacerdozio il 19 settembre 1857.
Il 1° maggio 1859, benedetto dal Rev.mo Berruti, lasciava Napoli, e col P. Tirino e il P. D’Elia, salpava verso l’America meridionale. Morti i due compagni, fu costretto ad abbandonare la terra di Missione, e a tornare, nel 1861, in Italia. Qui, scorgendo lo sbandamento dei collegi della sua Provincia Napoletana causato dalle guerre d’indipendenza, chiese ed ottenne dal P. Mauron, Superiore Generale, di restare a Roma, col desiderio di essere inviato a una Missione Estera alla prima occasione. Frattanto si indusse ad insegnare filosofia ai giovani chierici della Congregazione dimoranti a Villa Caserta.
L’8 febbraio 1863, lasciava la residenza generalizia per portarsi in Spagna, col mandato di piantarvi le tende liguorine secondo il vero spirito alfonsiano. Lavorò in Spagna fino al 1884, dando incremento notevole all’Istituto. I Redentoristi Spagnoli sono fieri di congiungersi direttamente alla Provincia storicamente primogenita del cuore di S. Alfonso, mediante il Lojodice, degno rappresentante dei Napoletani.
Nello stesso anno, questo Missionario attivo fu inviato in Argentina per assistere gli emigrati italiani sparsi in quelle terre lontane ed abbandonate. A Montevideo, l’infaticabile atleta di Cristo chiudeva la sua carriera, il 10 gennaio 1916.
L’attività incessante del ministero non gli aveva impedito di dedicarsi anche all’apostolato della stampa.
La proclamazione del Dottorato di S. Alfonso lo spinse a pubblicarne la vita in un grosso volume, fin dal 1874.
Celebrò le virtù e i miracoli di S. Gerardo Majella, ed illustrò i venerabili Servi di Dio della Congregazione del SS. Redentore, particolarmente l’indimenticabile suo maestro E. Ribera.
Nel 20 giugno 1863, stese a Madrid il «Brevissimo Cenno della vita religiosa del P. Gioacchino D’Elia» morto in Arauca, villaggio della Repubblica della Nuova Granata nell’America Meridionale, il 6 gennaio 1861.
Pubblicò ancora diversi libri ascetici come « il Manuale di esercizi devoti », il «Balsamo divino», la «Guida della vita religiosa », « I tre regni », il « Breve trattato sulle indulgenze ».
Volle imitare il venerato suo fondatore nella conquista delle anime, calcandone le orme di missionario e di scrittore.
Quando, a Montevideo, scese nel sepolcro, tutti lo piansero, dolendosi di aver perduto un esperto direttore di coscienza, un dolce amico, un consolatore sollecito di ogni sofferente. Tutti ripetevano: « E’ morto il santo!… ». Questa voce popolare trovò eco profonda nei giornali locali e in quelli di La Plata e di Buenos Aires, che consacrarono alla sua memoria articoli lunghi e sentiti.
P. Oreste Gregorio
S. ALFONSO, anno 1933, pag. 247.
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Altro Profilo
Il P. Vittorio Lojodice nacque a Corato, il 25 luglio 1834, da Giuseppe e Marianna Pennet. L’avo materno, oriundo di Lione in Francia, aveva (durante le guerre napoleoniche) sposato a Corato Rita Azzariti.
Vittorio rimase dieci anni a Corato all’ombra del focolare domestico finché, per volontà dei genitori e per proseguire gli studi, si chiuse nel collegio di Molfetta allora famoso. Ivi conobbe il venerabile servo di Dio P. Emanuele Ribera, redentorista, missionario rinomato. Lo spettacolo della di lui vita, il di lui zelo per la salvezza delle anime, e la sua umiltà destarono nel cuore di Vittorio il vivo desiderio di seguirne le orme.
Il 6 aprile 1851, indossò la divisa alfonsiana, e fatta la professione, il 10 marzo 1852, si dedicò con impegno allo studio delle scienze ecclesiastiche. Il 19 settembre 1857, fu ordinato sacerdote. Dopo due anni, coi PP. Enrico Tirino e Gioacchino D’Elia, lasciava la patria per dedicarsi all’apostolato missionario in Colombia (America del Sud).
Espulso da questa repubblica per il furore settario dei governanti, tornò a Roma. Ma non vi rimase molto tempo, poiché dalla Spagna erano pervenute domande di fondazione, e il Rev.mo P. Generale Nicola Mauron inviò il P. Vittorio con due suoi compagni per fondarvi una casa.
Arrivò in Spagna l’11 febbraio 1863, e poté aprire diverse case, che furono soppresse nella rivoluzione del 1868, ma egli restò a Madrid col permesso del P. Generale. Ristabilita la monarchia (fine del 1874), venne un tempo più propizio, ed il P. Lojodice fu nominato Superiore della nuova fondazione di Granata. Godeva ivi la fama di un santo autentico.
Dopo aver tanto lavorato sul suolo spagnolo, ricevette invito di accorrere in aiuto ai confratelli della Germania giunti poco prima in Argentina sprovvista di operai evangelici. Benché cinquantenne, partì subito con una nave tedesca, ed arrivò a Buenos Aires il 22 novembre 1884. Esercitò il suo apostolato in quella capitale fino al 1897, quando passò a Montevideo capitale dell’Uruguay. Predicò molte missioni; fondò varie associazioni; pubblicò numerose opere piene di saviezza cristiana.
Sempre e ovunque p. Lojodice fu religioso veramente esemplare. Mai uscì dalla sua bocca una parola contro la carità; mai fu visto arrabbiato o impaziente; la sua umiltà ed ubbidienza erano perfette; amò il lavoro sino al termine della sua carriera terrestre.
Morì santamente nella casa redentorista di Montevideo, il 10 gennaio 1916. Dal cimitero di Montevideo, il 13 febbraio 1938, i suoi resti mortali furono traslati nel magnifico tempio della Madonna del Perpetuo Soccorso: fu una vera apoteosi. È da sperare che, un giorno, possa essere venerato sugli altari.
Da un depliant diffuso dai PP. Redentoristi di Corato.
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Altro Profilo
I1 P. Vittorio Lojodice, ebbi la fortuna di conoscerlo essendo ancora seminarista verso l’anno 1904. La prima volta che lo vidi, mi sentii fortemente attratto a lui ed edificato per la sua grande virtù, e specialmente per la sua profonda umiltà, che si manifestava nei suoi gesti, nella sua conversazione sempre elevata, affabile e spirituale, persino nel suo caratteristico modo di andare, raccolto, lento, e quasi sempre chiuso in se stesso, come se non avesse avuto sensi, tanto li aveva assoggettati ai supremi dettami dello spirito.
Chi lo avvicinava era accolto con affabilità, e colmato e fatto oggetto di una carità dignitosa e cristiana.
Una sera del 31 luglio, festa del nostro gran Padre S. Ignazio protettore del nostro Seminario, perché diretto dai PP. Gesuiti, il sontuosissimo tempio era già gremito di fedeli, e fra essi i professori, moltissimi intellettuali e l’arcivescovo Mariano Soler: si aspettava impazienti il predicatore che doveva tessere le lodi del Santo, quand’ecco compare, tutta umile e raccolta, la figura semplice e meschina di un decrepito sacerdote che a stenti si porta al pulpito per dirigerci la parola. Fu per tutti una impressione tristissima. Ma, a pochi minuti del suo dire, per la sua voce potente, per la bellezza e profondità del suo dire, dominò e scosse l’intero uditorio con indescrivibile entusiasmo. Era il P. Vittorio Lojodice.
Ordinatomi sacerdote, frequentemente ricorrevo all’esemplare P. Lojodice, essendo la casa dei Redentoristi a poca distanza, e da lui sempre attingevo sollievo, guida sicura e incoraggiamento nel mio difficile apostolato.
Ben presto la sua virtù fu conosciuta da tutta la città, cosicché la chiesa del Perpetuo Soccorso fu oggetto quasi di continui e numerosi pellegrinaggi. Il buon Padre si sacrificava per tutti, avendo speciale cura e predilezione per gli umili e i poveri, da tutti ritenuto come un santo. E ciò, non solo per il suo comportamento tutto di Dio, ma anche perché molti asserivano di aver conosciuto lo stato della loro coscienza, prima di confessare le loro mancanze. Cosicché il suo confessionale era sempre affollatissimo, specie nelle feste.
Nella comunità tutti facevano risaltare la vita esemplarissima del P. Lojodice, il suo spirito di penitenza, il suo zelo per le anime con la continua predicazione e i molti libri che dava alle stampe. Si meravigliavano che potesse resistere a tante fatiche consistendo il suo vitto (negli ultimi anni) in pochissime patate lesse.
Dopo una vita così laboriosa ed impiegata tutta per la maggior gloria del Signore, non è da meravigliarsi se la sua morte fu lucida e tranquilla come di un vero santo. Non appena si seppe la ferale notizia, come per incanto, la città tutta di Montevideo sfilò davanti al cadavere che riposava tranquillo con un vero sorriso di paradiso. Non pareva morto!
Dal giornale cattolico che ricevo in Italia da Montevideo apprendo che si lavora colà assiduamente per la sua beatificazione, e che il trasporto della sua salma ha dato luogo a una imponente e grandiosa manifestazione religiosa.
Can. Antonino Falce
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Profili tratti da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985