L’immenso amore del Redentore

13. L’immenso amore del Redentore

Ci ha amati e ha dato se stesso per noi (Ef 5,2). Il Verbo eterno è un Dio infinitamente felice in se stesso, tanto che la sua felicità non può essere più grande; neppure la salvezza di tutti gli uomini potrebbe aggiun­gervi qualcosa. Eppure egli ha fatto e patito così tanto per salvare noi vermi miserabili che, se la sua beatitudine, dice san Tommaso, fosse dipesa da quella dell’uomo, egli non avrebbe potuto fare o patire di più.
Se Gesù non avesse potuto essere beato senza redimer­ci, egli non avrebbe potuto umiliarsi più di quan­to si è umiliato, prendendo sopra di sé le nostre infermità, le bassezze dell’infanzia, le miserie della vita umana e una morte così spietata e ignominiosa! Solo un Dio era ca­pace di amare con tanto eccesso noi miseri peccatori, che eravamo così indegni di essere amati.

Dice un devoto Autore[1] che se Gesù Cristo ci avesse permesso di domandargli le prove più grandi del suo amore, nessuno mai avrebbe osato chiedergli che si facesse fanciullo come noi, che si vestisse di tutte le nostre miserie, anzi divenisse il più povero, il più vilipeso e il più maltratta­to fra tutti gli uomini, fino a morire per mano di carnefici e tra i tormenti su di un patibolo infame, maledetto e abbandonato da tutti, perfino dal Padre suo, che abbandona il Figlio per non abbandonare noi nella nostra rovina!

Invece ciò che noi non avremmo avuto l’ardire nep­pur di pensare, il Figlio di Dio l’ha pensato e l’ha fatto. Fin da bambino egli si è offerto per noi ai dolori, agli obbrobri e alla morte: Ci ha amati e ha consegnato se stesso per noi (cf. Gal 2,20). Egli ci ha amati e per amore ci ha donato se stesso affinché, offrendolo come vittima al Padre in espiazione dei nostri debiti, possiamo per i suoi meriti ottenere dalla divina bontà tutte le grazie che deside­riamo: vittima al Padre più cara della vita di tutti gli uomini e di tutti gli angeli insieme. Offriamo dunque sempre a Dio i meriti di Gesù Cristo, e chiediamo e speriamo ogni bene attraverso di essi.

Preghiera

Gesù mio, sarebbe troppo ingiusto nei tuoi confronti se, dopo tanti segni del tuo amore e della tua volontà di salvarmi, io diffidassi ancora della tua misericordia.

Amato Redentore, io sono un povero peccatore, ma tu hai detto di essere venuto a cercare i peccatori: Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13). Io sono un povero malato, ma tu sei venuto a guarire le malattie, dicendo: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati  (Lc 5,31).

Io sono perduto a causa dei miei peccati, ma tu sei venuto a salvare i perduti: Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a salvare ciò che era perduto (Mt 18,11). Che posso dunque temere, se io ho la volontà di emendarmi e di essere tuo? Devo temere solo di me stesso e della mia debolezza. Ma la mia debolezza e povertà devono accrescere la mia confidenza in te, che hai dichiarato di essere il rifugio dei poveri: Il Signore è rifugio per il povero (Sal 9,10); e hai promesso di esaudire i loro desideri: Il Signore accoglie il desiderio dei miseri (Sal 9,38).

Gesù mio, ti chiedo dunque questa grazia: da­mmi fiducia nei tuoi meriti, e fa’ che io mi raccomandi sempre a Dio per i meriti tuoi. Eterno Padre, per amore di Gesù Cristo salvami dall’inferno, e ancor prima dal peccato: per i meriti di questo Figlio dammi luce per seguire la tua volontà, dammi forza contro le tentazioni, dammi il dono del tuo santo amore. […]

Maria Santissima, impetrami la grande grazia della preghiera, di perseverare a raccoman­darmi sempre a Dio e anche a te, che ottieni da Dio quanto vuoi.

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da Novena del Santo Natale, Avvento, 9.

Schmalzl M., Angelo con calice - Particolare del Crocifisso dal Messale 1889 (Raccolta Marrazzo).

 

 


[1] Liborio Siniscalchi (1674-1742), gesuita, in Il Dio del cuore, Gesù Bambino, vol. II, Napoli 1755, p. 8.