(◊ in Francia) P. Antoine Liagre (1876-1924) (Ω in Ecuador)
P. Antoine Liagre. Cuenca (Ecuador), 1924.
“Non voglio salvarmi da solo, ma salvare molte anime con me”: fu la massima che santificò la vita del P. Liagre.
Nacque a Tourcoing, Nord, il 20 gennaio 1876, da una famiglia molto onorata in città.
Entrò nel Noviziato di Stratum (Olanda) nel 1893, quindi fu mandato allo studentato di Santiago del Cile. Ordinato sacerdote, si dedicò per diciotto anni al ministero apostolico, ed egli godette presto in tutto il Cile di una reputazione incontestata di uomo di Dio e di grande missionario.
Ad una grazia potente, effetto della sua incessante preghiera, il P. Liagre univa un insieme di doni naturali che, sviluppati dalla sua eccellente formazione apostolica, possono spiegare i risultati stupefacenti della sua predicazione. La forza del suo carattere si rifletteva sul suo viso pallido ed energico. Imperioso e dominatore il Padre sarebbe stato nel mondo, ed anche in religione, se si fosse lasciato andare a sé.
Ma fortunatamente, a questa forza di carattere si univa un cuore sensibile, compassionevole, un senso pratico molto sicuro, una preoccupazione della buona creanza che lo mettevano al riparo dagli scatti di violenza. Nelle ore di lotta ardente per il bene delle anime, si rivelava l’incredibile riserva di energia del suo temperamento di apostolo.
Bisognava sentire le sue esortazioni ai fedeli: erano fiamme che andavano ad arroventare i cuori. “Questo Padre parla come un serafino” – diceva un giorno, nella sua ammirazione, uno dei suoi ascoltatori. Non tralasciò niente per propagare in missione il culto della Madonna del Perpetuo Soccorso: “Una missione dove si prega Maria andrà bene – diceva -; senza di lei, non possiamo niente.”
Questo apostolo all’anima di fuoco in convento era un confratello gentile, di una regolarità esemplare. Molto comunicativo, amava nella ricreazione la santa allegria dei figli di Dio e non si tirava indietro davanti ad una battuta o ad una storia piacevole che corredava abitualmente di un’affascinante mimo per divertire i suoi confratelli.
Fuori di queste occasioni, era raccolto come un solitario. Lo studio e la preghiera si dividevano il tempo che gli lasciavano libero le sue numerose predicazioni e le confessioni. Un certo non so che di gentile attirava verso questo religioso così semplice e così modesto, che lasciava indovinava una purezza di anima angelica, frutto della più squisita delicatezza di coscienza e della più rigorosa vigilanza su di sé.
Colpito al cuore da una malattia che non perdona, accettò la morte con perfetta rassegnazione alla volontà di Dio, rinnovando due volte al giorno i suoi voti religiosi. “La nostra vocazione è bella”- diceva spesso – “Quale felicità essere Redentorista e soprattutto essere in queste terre del Pacifico!”
Sapeva per esperienza quanto il lavoro delle nostre missioni in questo paese corrispondeva all’ideale proposto da S. Alfonso ai suoi figli, e questo pensiero lo riempiva di entusiasmo.
Aveva messo in pratica il motto di tutta la sua vita: “Non voglio salvarmi solo, ma salvare molte anime con me.”
—”Et nos debemus pro fratribus animam ponere” I Gv 3-16.
Professione: 8 dicembre 1894.
Ordinazione sacerdotale 22 settembre 1900.