Lettere ad un caporale

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
35.
Lettere ad un caporale.

  Lettere ad un caporale
Nella folta schiera dei destinatari delle Lettere di S. Alfonso s’inserì verso il 1771 un oscuro giovanotto dello Stato Pontificio, dimorante a Camerino.
Si trovava costui inquadrato nella gendarmeria, al servizio del Prelato Governatore Giovanni Battista Nicolai di Canneto, un meridionale del1’arcidiocesi di Bari.
Brava persona, sveglia la sua parte, abbastanza inclinata alla devozione sognava un quieto convento, per cui maneggiava senza trasporto l’archibugio. Il confessore posato non condividendo l’idea di cambiare col saio la casacca l’andava dissuadendo con plausibili ragioni. Il penitente da autentico marchigiano non si arrendeva ai lunghi suggerimenti.

Dagl’impiegati più prossimi al Governatore aveva sentito più volte discorrere di Mons. Liguori, il grande vescovo illuminato, che reggeva una piccola diocesi nel Regno.
Sembrava che avesse letto pure qualcuna delle sue popolari opere ascetiche, la Via della salute (1766) o la Pratica di amar Gesù Cristo (1768).
Procuratosi l’indirizzo, l’ardito militare gli espose in un foglio le difficoltà incontrate nel mondo, interrogando se era obbligato a seguire al più presto la vocazione religiosa nonostante il parere sfavorevole del confessore.
Sant’Alfonso con garbo signorile spedì all’ignoto corrispondente una comunicazione affettuosa; lo confortava senza però assumere una posizione netta.
Il militare incoraggiato dalla benevolenza dimostratagli inviò una seconda e terza lettera per ricevere più precisi schiarimenti circa l’avvenire ed uscire dalle angustie, nelle quali si era cacciato.
Il Santo per approfondire il problema richiese notizie più dettagliate intorno alla condotta giornaliera, ai parenti e alle mansioni in corso.
E il pio giovane si affrettò a notificargli con disinvolta franchezza: “Monsignore illustrissimo, io sono un caporale“.
Alla inattesa informazione il vescovo non interruppe il carteggio, riputando quasi sciupato il proprio tempo prezioso. C’erano già tante personalità che impegnavano le sue energie. Non guardava che all’anima, desiderandone la salvezza, per cui lo continuò, anzi “con maggior attenzione” secondo attesta in un suo scritto il segretario don Verzella.
Si regolò col criterio soprannaturale che non fa alcuna discriminazione, trattando il modesto soldatino con lo zelo che avrebbe usato in simile congiuntura con un colonnello o generale di armata.
(da Oreste Gregorio, Monsignore si diverte, p. 128-129)

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Gent, Belgio - Statua di S. Alfonso in legno policromo nella chiesa redentorista.