Lettera a Carolina Gallucci Taccone_1

Lettera n. 24. Alla Signora Carolina Taccone, Mileto – 1831.

 
24. Alla Signora Carolina[1] Taccone, Mileto[2].
Ringraziamento per un dono che non può accettare. 

San Costantino, 15 dicembre 1831[3] 
Viva Gesù, Maria, Giuseppe e ‘l B. Alfonso 

Gentilissima Signora

Vi ringrazio sommamente del regalo che ci avete fatto, ma per i polli, che li ritorna, dovete compatirci, perché ci è proibito dalle regole.[4]

Prego Gesù Cristo, la Madonna SS.ed il Beato acciò vi dassero pazienza; ossequio tutti della famiglia, particolarmente Filippetto[5], e sono

Vostro Umilissimo Servo
Vito Michele Di Netta del SS. Redentore 

Indirizzo:
A S. E.La Signora Donna Carolina Taccone, 
Mileto

 


[1] Carolina Gallucci-Protopapa, figlia (in prime nozze) di Domenico (morto il 22/5/1859 a 90 anni) e di Concetta Lacquaniti-Argirò. Nel 1821 andò in sposa a Nicola Taccone, rimasto vedovo. Quando riceve questa lettera il marito era già morto nel 1828 (Cf. Lettera n. 10).

[2] Lettera facente parte del pacchetto presentato ai Processi Ordinari Tropeani da Filippo Taccone-Gallucci, Processi sugli Scritti, pag. 38 – fol 4.

[3] Nell’originale: forma abbreviata 15 Xbre 1831. È la prima delle lettere del pacchetto dirette a lei; ma, ragionevolmente, ce ne saranno state altre prima di questa data. Il figlio Filippo testimoniò ai Processi nel 1897: “Mia madre in tutte le sue dubbiezze, in tutti suoi bisogni spirituali si rivolgeva per lettere, al Servo di Dio per essere guidata ed illuminata, e la sua risposta era per lei legge severissima. Queste sue risposte si conservano ancora nella mia famiglia come preziose reliquie”. (Libro dei Processi, foglio 344).

[4] La Regola dei Redentoristi proibiva di accettare in missione un tal genere di dono, perché considerato un bene di pochi.

[5] È il primo figlio nato l’ 8/4/1822 dalla unione con Nicola; seguiranno due figlie femmine. – Filippo racconta di una “grazia” avuta dal P. Di Netta: “Mia madre che era tutta del Servo di Dio, nel vedermi in pericolo di perdere l’occhio sinistro per un tumore cistico, che cresciuto era sul sopra ciglio, ha dovuto rivolgersi al suo consigliere e protettore, P. Vito Di Netta, perché mi fu applicata una reliquia di San Alfonso e immantinente restai guarito. Fui vestito dell’abito liguorino per riconoscenza a S. Alfonso”(Processi, fol. 344 ).

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       Con cuore integro e fedele
    LETTERE DEL Ven. P. DI NETTA
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Lettera n. 24
legge: Donato Mantoan
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P. Vito Michele Di Netta