L’equivoco del soprannome peccatore

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
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. L’equivoco del soprannome “peccatore”.

L’equivoco del soprannome “peccatore”.
Un’ora prima della calata del sole (alle ventitrè, si diceva nel ‘700) sant’Alfonso deponeva sul tavolino la penna d’oca e mettevasi in cammino, prima a piedi, e poi divenuto artritico in carrozza.
Non andava a diporto o a carpire le novità della giornata da qualche amico che frequentava Caserta o Benevento. Girava per le stradicciole di S. Agata o di Arienzo come un pietoso samaritano. Al mattino sull’altare incontro con Cristo nella Messa; a sera, dentro catapecchie, incontro con Cristo nell’anima abbandonata di qualche povero o ammalato. Erano i momenti più deliziosi della sua giornata episcopale.
A chi l’esortava di risparmiarsi rispondeva: “Che gran carità sarebbe la mia, se non mi sforzassi con qualche pena per vantaggio del prossimo? L’obbligazione del vescovo oh! quanto è più stretta di ogni cristiano e dell’ecclesiastico istesso!” L’amore è azione, ripeteva Scoto.
Il p. Mancusi riferiva al Tannoia in un biglietto che nel 1773 compì quel pellegrinaggio serotino tre volte: “Contava Monsignore gli anni settantasette, infermo anch’esso e storpio, e se non altro aggravato dal peso della vecchiaia, pur voleva girare il paese e visitare gli ammalati. Veder un vecchio convulso, col capo chino, anzi col mento puntellato sul petto, tutto tremante che per montare e smontare di carrozza, aveva bisogno non solo delle mie braccia, ma di quelle del servitore Alessio, quest’atto, dico mi sorprendeva. Io l’ho sempre stimato un atto eroico né poteva guardarlo senza versare delle lacrime”.
Le visite non erano sterili né si esaurivano in un compatimento verboso: animava da buon pastore alla pazienza, disponeva ai sacramenti, porgeva sussidi ai bisognosi: un apostolato pari a quello che svolgono con edificazione gli ascritti alle Conferenze di S. Vincenzo istituite dall’Ozanam (m. 1853).
Un giorno in Arienzo udì il suono flebile della campana che annunziava il Viatico. Monsignore subito chiese: “Chi è l’infermo che deve comunicarsi?”
Un familiare rispose: “È peccatore, Eccellenza”.
Peccatore!… S. Alfonso suppose che si trattasse di qualche uomo appellato così per gravi delitti notori.  Interrogò titubante il canonico D’Ambrosio se il famigerato morente avesse dato segni manifesti di contrizione.
Il reverendo sorrise: “È un buon uomo; “peccatore” è semplicemente un soprannome appioppatogli da un capo-scarico né si sa il motivo”.
Il vescovo non prestò fede; pensò che per calmarlo gli si fosse data a bere una celia. Per uscir dal dubbio, accidentato com’era, si trascinò alla casa dell’agonizzante. Esaminatone lo stato, trovò ch’era in realtà un cristiano osservante. Il Santo respirò: chiarito l’equivoco, benedisse “peccatore”, tornandosene soddisfatto all’episcopio.».
(Oreste Gregorio in Monsignore si diverte, pp. 77-78).

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Particolare della statua di S. Alfonso nella chiesa di santa Giuliana a Frasso Telesino (BN).

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Particolare della statua-bassorilievo di S. Alfonso con Gesù Bambino nella chiesa di Madonna del Campanile a Frasso Telesino (BN).