LE ULTIME PAROLE DI GESÙ

40. LE ULTIME PAROLE DI GESÙ

Dio mio, perché mi hai abbandonato?Gesù, non trovando chi lo consolasse su questa terra, alzò gli occhi e il cuore al Padre suo, per domandargli sollievo. Ma l’eterno Padre, vedendo il Figlio nelle vesti di peccatore, gli rispose:

“No, Figlio, non ti posso consolare ora che stai placando la mia giustizia per tutti i peccati degli uomini. Conviene che anch’io ti abbandoni alle pene e ti lasci morire senza conforto”. Allora il nostro Salvatore, gridando a gran voce, disse: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27,46). Spiegando questo passo, Dionigi Certosino dice che Gesù gridò queste parole per far conoscere a tutti il dolore e la mestizia profondi con cui moriva. […]

Mio amato Gesù, tu ti lamenti perché Dio ti ha abbandonato; ma a torto ti lamenti, chiedendo il perché. Perché, dico io, hai voluto addossarti i nostri peccati ed espiare per noi? Non sapevi che noi, per i nostri peccati, meritavamo di essere abbandonati da Dio? A ragione dunque il Padre tuo ti ha abbandonato e ti lascia morire in un mare di dolori e di amarezze.
Mio Redentore, il tuo abbandono mi affligge e mi consola insieme: mi affligge nel vederti morire con tanta pena, ma mi consola perché mi incoraggia a sperare che, per i meriti tuoi, non sarò abbandonato dalla divina misericordia, benché io ti abbia abbandonato tante volte per seguire i miei capricci. Fammi capire che, se a te fu così duro l’essere privo della sensibile presenza divina per breve tempo, enorme sarebbe la mia sofferenza se dovessi essere privato di Dio per sempre!
Per questo tuo abbandono sofferto con tanto dolore, Gesù mio, non mi lasciare, specialmente in punto di morte. Allorché tutti mi avranno abbandonato, non mi abbandonare tu, mio Salvatore. Desolato mio Signore, sii il mio conforto nei momenti di desolazione. Se saprò amarti anche senza consolazioni, farò più contento il tuo cuore. Ma tu conosci la mia debolezza: aiutami con la tua grazia e infondimi allora perseveranza, pazienza e rassegnazione.

“Ho sete” Avvicinandosi alla morte, Gesù disse: Ho sete (Gv 19,28). Drogone Ostiense  si rivolge a Gesù con queste parole: “Signore, dimmi: di che cosa hai sete? Tu non parli affatto delle pene immense che stai soffrendo sulla croce, e poi ti lamenti della sete?” “La mia sete è la vostra salvezza”, gli fa dire sant’Agostino. Essa indica il desiderio di salvare il mondo, che aveva Gesù. Il nostro Redentore con tanto ardore desiderava le nostre anime, perciò anelava donarsi tutto a noi con la sua morte. Questa fu la sua sete: “Aveva sete di noi e bramava donarsi a noi”, scrive san Lorenzo Giustiniani. […]

O Dio amabilissimo, tu desideri che noi ti desideriamo, perché ci ami. Per i meriti di questa sete sofferta sulla croce, dammi una grande sete di amarti e di compiacerti in tutto. Tu hai promesso di darci quanto ti chiediamo: Chiedete e otterrete (Gv 16,24). Io ti domando solo questo: il dono del tuo amore. Ne sono indegno, ma questa sarà la gloria del tuo sangue: far innamorare di te un cuore che un tempo ti ha tanto disprezzato; rendere fuoco di carità un peccatore pieno di fango e di peccati. Molto più di questo tu hai fatto morendo per me. […]

“Tutto è compiuto” – Il nostro Gesù, ormai prossimo a spirare, con voce moribonda disse: Tutto è compiuto (Gv 19,30). Nel proferire queste parole, egli ripercorse con la mente le vicende della sua vita: vide tutte le fatiche fatte, la povertà, i dolori, le ignominie sofferte, e tutto offrì di nuovo all’eterno Padre per la salvezza del mondo. Poi, rivolgendosi a noi, sembrò che volesse dirci: “Uomini, tutto è compiuto: la vostra Redenzione è fatta, la divina giustizia è soddisfatta, il paradiso è aperto.
Ecco il tuo tempo, il tempo dell’amore (Ez 16,8). O uomini, è tempo finalmente di darvi al mio amore. Amatemi dunque, perché non mi resta più nulla da fare per farmi amare da voi”. […]

Mio amato Gesù, vorrei poter morire dicendo anch’io: “Signore, ho compiuto tutto, ho fatto quanto mi avevi ordinato, ho portato con pazienza la mia croce, ti ho compiaciuto in tutto”. Invece, se io dovessi morire adesso, morirei scontento, perché non potrei dirti con verità nessuna di queste parole. Perché continuo a vivere ingrato all’amor tuo? Concedimi la grazia di contentarti negli anni di vita che mi restano, affinché, quando verrà la morte, possa dirti che almeno a partire da oggi ho fatto la tua volontà. In passato ti ho offeso, ma la tua morte è la speranza mia. Per l’avvenire non voglio più tradirti, ma ho bisogno della perseveranza: te la domando e la spero per i meriti tuoi. (Amore delle Anime, XIII,3-5).