Le ficedole e la lingua bovina

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
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. Le ficedole e la lingua bovina

Le ficedole [uccelli] e la lingua bovina.
Al principio dell’estate del 1763 sant’Alfonso si ammalò gravemente: le assidue fatiche ne avevano estenuata la fibra; forse aveva influito anche il clima. L’infermità prese una infausta piega tanto da far temere prossimo il decesso.
Nelle parrocchie e nei monasteri si pregava intensamente.
I canonici e i medici locali davanti alla violenza del male ribelle ai rimedi somministrati gli raccomandarono di far venire da Napoli, la città di Esculapio, un archiatra valente. Alfonso si oppose dicendo che la sua vita. non meritava tanto e che si avvaleva con fiducia dei dottori paesani.
Ercole de Liguori appena n’ebbe notizia, volò al suo capezzale con due professori primari, i quali individuatane la causa con un’accurata diagnosi, gli prescrissero tra l’altro anche la china. L’amico Cav. Neroni gliene procurò in Caserta la più eccellente, che usavano in corte.
Le lagrime dei poveri ne affrettarono la guarigione più che i barattoli degli speziali.
Il segretario per vederlo presto rinvigorito lo sollecitò a farsi inviare da Napoli cibi migliori, ma egli ribattè: “Io mi devo avvalere dei prodotti che mi dà la diocesi: ad un vescovo non convengono cibi delicati e forestieri“. Don Verzella non azzardò altre proposte.
Mentre stava ancora a letto convalescente, il canonico Carlo Bruno gli portò in regalo alcune ficedole uccise nella caccia. Aveva un nipotino di circa 4 anni, muto, che condusse seco. Monsignore carezzò il bimbo e chiamò fratello Francesco perchè gli desse qualche chicca. Saputo che Tommasino non aveva proferito ancora alcuna parola, lo segnò sulla fronte; indi mostrandogli una immaginetta di Maria Vergine della Potenza e dandogliela a baciare, chiese: “Come si chiama?” Il mutino baciatala rispose speditamente: “La Madonna”.
Da quel punto gli si slegò la lingua, per cui non ebbe ulteriore impedimento in articolare le sillabe.
Il canonico piangendo per la gioia ringraziò il suo vescovo taumaturgo, che per occultare il prodigio si affannava a dir faceto: “Non è vero ch’è muto; era bensì la lingua bovina, ma questa a poco a poco si va a sciogliere
L’intervento celeste era troppo potente; il miracolo in un attimo si sparse in S. Agata, contribuendo ad aumentare la venerazione già così viva verso il Prelato.
F. Zennaro nel 1872 riprodusse l’episodio nell’oratorio di S. Agnese a Venezia per l’Istituto Cavanis.
(Oreste Gregorio in Monsignore si diverte, pp. 52-53)

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Particolare di una statua di S. Alfonso a Bruxelles-Jette (Belgio).

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Altra statua di S. Alfonso a Bruxelles-Jette (Belgio).- Particolare.