La Notte Francesco redentorista

P. Francesco Maria La Notte (1806-1886) – Italia.

P. Francesco Maria La Notte (1806-1886)

Nel Libro delle Messe trovo scritto: «P. Francesco La Notte uomo dottissimo in scienze sacre e in lingue estere, gran divoto di S. Giuseppe, molto ricco di sua famiglia….»

Era di alta statura, ma sticchito come il P. Giuseppe Leone, e allegro. Era valentissimo in tutto e sapeva vedersela con ognuno. Il fratello Padre Giuseppe era diverso da lui, molto virtuoso e santo…. (Fratello Francesco Paolo Pastorelli)

Nacque il 21 novembre 1806. Professò il 15 ottobre. 1826. Si ordinò Sacerdote il 19 dicembre 1830. Morì il 7 marzo 1886 in Napoli, ove era Rettore dal 1884.

Era tanto valente negli Esercizi ai Galantuomini, che mai ne uscivano senza piangere. (P. Domenico Cianciulli).

Il 16 ottobre 1855 il Consultore Generale P. Francesco M.a La Notte fece la S. Visita al nostro Collegio di Caserta, e tra l’altro lasciò scritto :

«…… Lungi dal dettare nuovi ordini che sono di grave pondo alle coscienze dei Soggetti, ci limitiamo a ricordare e raccomandare loro di vantaggio alcuni punti di nostra Osservanza e Costumanza.

1° Esortiamo tutti a coltivare con maggior gelosia la Carità Fraterna, sopportando i piccoli mutui dissapori che per umana fralezza sogliono esservi nelle Comunità Religiose più osservanti; e rammentiamo loro che questo fraterno amore riepiloga in sé tutta la Morale Vangelica, ed è l’unica divisa, non dico solo dei Religiosi, ma ben anche dei semplici Cristiani.
2° Raccomandiamo ancora tutta la cura per gl’Infermi, che sono la pupilla degli occhi di Gesù Cristo, e che colla loro pazienza sogliono attirare sulle Comunità le Benedizioni del Cielo. ecc.» .

 Nel 1859 fu a Capo della Missione di 18 Padri a Martina Franca e vi lasciò nome di uomo santo e dotto. Al Collegio di Deliceto fu rettore dopo il P. Napoletano e prima del P. Ammirati, cioè nel 1860. Alla soppressione, trovandosi a Tarsia in Napoli, mi diceva il P. Domenico Cianciulli, non volle uscire, facendo ogni resistenza, finché restò come Custode della Chiesa, e Rettore per più di 20 anni.

Era temuto da tutti anche dal Governo perché protetto da un suo parente di altolocato.
Si scrisse da sé tutta la sua Vita in latino, lasciando in bianco la data della morte, che io vi ho aggiunta.

 Elogio funebre recitato dal P. Bozzaotra il 9 marzo 1886

In Bisceglie, cospicua città marittima del Barese, dalla pia e agiata, nonché assai civile, famiglia dei La Notte, sortiva i natali nell’anno 1806 l’illustre P. Francesco.
Nella primavera fiorita ed incantevole della vita, cinto, com’egli era, d’agi e dovizie domestiche, di vasto ingegno e d’indole vivace fornito; ricco insomma di quelle doti di natura di cui inorgoglisce la balda gioventù, egli non sorrise punto al roseo orizzonte delle glorie mondane per solo mirare al Cielo.

Il mattino ridente della sua carriera annunziava il dì sereno di tutta la vita, imperciocché,offrendosi maneggevole alla educazione religiosa ed intellettuale, faceva presentire qual sarebbe riuscito in processo di tempo, e le più lusinghiere speranze si cumulavano sopra di lui.
Ma il vegliava Iddio, e dell’innaffio di celesti carismi irrigava l’eletto germoglio, perché grandeggiasse in albero rigoglioso nel mistico giardino murato nel campo della Chiesa dalla mano un Santo, il quale per venirne a capo portò innanzi al Signore il doppio sacrificio di nobiltà e ricchezza postergale [antica, da post tergum].

Laonde l’anima semplice, innocente, saggia e generosa del pio giovane, volta a rispondere perfettamente al divino disegno, anelò al chiostro.
Qui noi entriamo nelle viste della Provvidenza su Francesco Maria La Notte. Il giovane dal cuore retto chiede a grandi istanze ai cari genitori d’esser licenziato a riparare negli atrii del Signore, onde gli riesca agevole camminare in via di perfezione, e sì riuscire colonna di santità e scienza, tetragona ai colpi dei nemici di Gesù Cristo.

A conseguir questo sublime intento egli vola al chiostro, dove il Diletto parla al cuore, e la preghiera è soave commercio con Colui ch’è l’Increata Sapienza: tutto questo trovò entrando a vivere fra i Redentoristi il diciottenne Francesco Maria La Notte.
Stava a supremo Moderatore dell’Istituto quel Rev.mo P. Nicola Mansione che dietro di sé lasciò fama d’insigne santità; questi nel Collegio di S. Michele in Pagani accolse benignamente i due cari giovani germani Francesco Maria e Giuseppe La Notte, entrambi chiamati a correre lo stesso stadio, onde conseguire lo stesso premio.

Non guari dopo movevano essi alla volta della nostra Casa di Ciorani per dare opera al noviziato, che menarono innanzi con lode di osservantissimi.
Ma, a parlar solo del caro Francesco, giova dire com’egli volgendo tutto l’animo all’apprezzamento della felicità di colui ch’è ammesso ad abitare nella Casa del Signore, si diè a grande studio all’acquisto di quelle virtù richieste, quale indispensabile corredo dell’uomo prescelto a dispensatore dei tesori di grazia e di misericordia accumulati dal SS. Redentore in ordine alla salvezza dei miseri figli della terra; nel che riuscì così fattamente, da ben meritare di essere ammesso a pronunziare i Voti Semplici del Sodalizio Liguorino appena compiuto l’anno della probazione.

Passava indi in qualità di Studente ad altro Collegio a mietere novelli allori nella coltura delle scienze, non guidato da vile ambizione di gloria terrena, sebbene dalla brama di meglio rispondere al disegno di Dio sopra di lui.
Infatti, applicatosi allo studio con indefessa alacrità, salì in istima appo i correligiosi di dotto filosofo, di espertissimo teologo.
Alla teologia, invero, a giusta ragione chiamata: l’aroma delle scienze tutte, egli si abbracciò con tutta l’anima, sapendo esser questa l’arme più adatta al battagliere cattolico, qual’è il Sacerdote.

Quindi non rechi stupore se poco dappoi la sua sacerdotale ordinazione lo vediamo eletto dal Rev.mo P. Celestino Maria Cocle, (Rettore Maggiore indi Arcivescovo di Patrasso) all’insegnamento dei nostri giovani raccolti nella scientifica palestra, prima della cattedra di filosofia, e poscia da quella della Teologia dommatica e morale, in quella che l’ottimo P. Giuseppe fratello di lui, attendeva a coltivarli nello spirito, nella carica di Prefetto, esercitava con impareggiabile maestria fino alla santa sua morte.

Ma il novello Sacerdote Missionario, mentre a tutt’uomo davasi alla istruzione delle giovani menti dei suoi Confratelli, sa pur nondimeno che Iddio lo ha scelto a precettor dei popoli, ad esser luce del mondo e cooperatore di Gesù Cristo nell’opera di redenzione, fine dell’Istituto cui diede il nome. Sente che la salute delle anime, specialmente più destituite di spirituali soccorsi, gli deve incomber innanzi tutto per obbligazione di voto.
Ascolta che la Provvidenza lo ha designato a sfidare nei nostri giorni, quasi colonna, il turbine dell’irrompente ateismo ed i conati dell’umana malizia: Faciam illum columnam in templo Dei mei.

Ciò posto, ascende i pergami a predicare, non già colle parole di quella sapienza mondana ch’è stoltezza in faccia a Dio, sivvero investito di santissimo zelo l’accento adopera che ferisce i cuori, quasi spada a doppio taglio, e li punge, e li piaga per ammansirli, e farli recedere dalle vie d’iniquità.
Leva la sua voce forte come il suo pensiero a scuotere le anime dalle panie in che il mondo le tiene invescate, o a rattenerle sulla china d’un ateismo, il quale cerca adescarle coi nomi altisonanti di civiltà, libertà, progresso.

Fidente in Dio; ardente di amore per tutto quello Gesù Cristo ebbe amato: la Chiesa, Pietro, la patria, i tapini, i sofferenti, i peccatori, i pargoli; coperto dallo scudo della orazione, cui consacra le ore in ciascun giorno; e finalmente fattosi forte della protezione della Donna Divina, della quale bandisce dappertutto le glorie, la devozione, la misericordia, malgrado la tristizia dei tempi, come angelo di pace, scorre coi compagni missionando per città senza numero, per paesi, che il sol nominare sarebbe un non finirla mai.
Le Missioni costituiscono il suo ideale, ed egli va ripetendo: «Le Missioni sono la santificazione dei popoli, la gioia della Chiesa, la disfatta di Satana».

Quindi, dentro agitato dallo spirito del grande Apostolo Dottore dell’ultima età, che fu il santo Fondatore del nostro minimo Istituto, percorse la massima parte delle meridionali provincie d’Italia evangelizzando i poveri e sanando i cuori vulnerati.
Mi torna impossibile enarrare il numero delle Missioni, Esercizi a Cleri e popoli, Seminari e Claustrali, Novene, Sermoni, in cui quel labbro, addivenuto mutolo per sempre nel silenzio della tomba, suonò della divina parola per ammaestramento di eterna salute agli uomini, alle donne, ai vecchi, ai fanciulli, ai nobili, ai plebei, e dietro la quale dalle magioni ai tuguri, dalle città alle campagne si udì il grido del pentimento, l’inno della benedizione a Dio.

Né fu solamente la parola, ma la penna altresì che rese testimonianza dell’infuocato zelo e della vasta erudizione del La Notte.
A lui domandavano produzioni letterario-religiose non pochi Direttori di Cattoliche Effemeridi di Napoli, Roma, Modena, Torino, e queste trasmettevano a stampa alle città nostrane e straniere.

Sopraccarico com’era di fatiche e di occupazioni nel laborioso ministero apostolico, sapeva trovar tempo per addirsi al volgarizzamento di utilissime operette dall’idioma spagnolo, o francese, e meglio ancora per scrivere in prosa ed in rime assai forbitamente.
Scrisse intorno agli avanzamenti dell’anima nella vita ascetica, circa le glorie, le grandezze, il culto del glorioso S. Giuseppe, cui professò devozione fervida costante.

Ma quando vergò le pagine su le Litanie della SS. Vergine, egli rivelò qual fosse il suo cuore tutto fiamma verso l’augusta Madre del Signore Gesù; ed è pur noto come e quanto avesse amato con amore intenso, vivissimo, filiale la cara Madonna, onorandola in modo speciale in cotesto venerato simulacro del Suo Cuore Immacolato, che mi sta dirimpetto, ed invocandola col titolo graziosissimo di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, col quale la onora come sua principal Patrona la nostra Congregazione del SS. Redentore, depositaria della miracolosa Immagine insignita di questo titolo, nella Casa Generalizia di Roma.

Dai pulpiti e dallo scrittoio passava il ministro infaticato al tribunale di riconciliazione e perdono. In casa e fuori lo si vide instancabile attendere a ricevere le confessioni di persone d’ogni ceto, età, condizione, sempre largo di consiglio, istruzione, misericordioso accoglimento, conciossiaché chiudevasi in petto un cuore scaldato alle fiamme del Cuore ardente di Gesù.

Ciò posto, chiaro apparisce essersi in lui rinnovati gli esempi di molti e molti Missionari nostri, che le orme seguendo del S. Padre e Dottore Alfonso, sortirono dal Signore continuo il regno delle coscienze pentite, e s’incoronarono di meriti nel campo dell’azione.
Questa eminente operosità fu indivisibile compagna dell’indefesso P. Francesco Maria La Notte, di sorta che, ovunque egli volse il passo chiamò a sé l’ammirazione e guadagnò la stima di tutti.

I Vescovi lo volevano sovente al loro fianco consigliere nei difficili affari del governo diocesano, maestro e direttore nelle cose dello spirito; lo mandavano confessore alle claustrali; lo destinavano Esaminatore del Clero, Convisitatore delle diocesi di Frosinone, Veroli, Alatri, Sora, vicin delle quali città egli teneva carica di Rettore nei Collegi dei Redentoristi, messi nello Stato Pontificio.

Ma se di virtù e sapere godette bella fama appo gli estranei, i familiari non lo stimarono da meno, anzi folgoreggiando le sue doti agli occhi di quelli gli stavano dappresso, fu trovato adatto a tener posto tra i Consultori Generali della Congregazione, e quando per morte s’involava a noi quell’insigne personaggio, che fu il Rev.mo P. Celestino Berruti Rettore Maggiore, a lui conferivasi il governo dell’Istituto nell’Italia meridionale dal Rev.mo Superiore Generale P. Nicola Mauron residente a Roma.

A valido sostegno di cotante cariche, non v’ha chi non sappia aver egli messo quella virtù, prima fra le morali, detta da Salomone: scienza dei santi e delle cose sante, (Prov.IX. 10), ed alla quale i Teologi poi con l’Aquinate assegnano per ufficio il ben consigliare, il giudicar bene, il ben comandare, e prudenza sì noma.
La prudenza in vero regolò i suoi passi, illuminò le sue vie, lo diresse a giovar altamente alla Congregazione, adoperandosi a dilatarne la cerchia nelle nostre contrade con novelle fondazioni, ed altresì spingendo una colonia Liguorina fino nell’America Meridionale, dove, per altro, d’altra banda era pervenuta vasta falange di figli di S. Alfonso, i quali or son numerosi nelle terre del gran Colombo.
P. La Notte fu chiamato dalla Provvidenza come apostolo in questi ultimi tempi per avvalorare i fedeli in mezzo all’orrendo caos della scienza moderna.

Vorrei dire…. A luogo della pietà insigne che portava l’atleta, affranto dalla fatica e dagli anni, alla preghiera assidua, pregava tutto solo nella romita celletta, in ispecie appiè dell’altare dei Sacri Cuori che si ebbe carissimo.

Vorrei dire ancora della sua povertà religiosa, della sua mortificazione, della sua ubbidienza, del Tempio di Tarsia, di cui restò Rettore, poiché il vortice delle politiche vicende, nel dicembre 1862, disperdeva la Comunità dei Redentoristi, per lunga stagione raccolta all’ombra delle sacre mura, Egli proseguisse l’opera del ministero sacerdotale, volendo morire da prode colla spada in mano.
Nell’ultimo giovedì, sei giorni avanti alla sua morte, scendeva in Chiesa a celebrare i santi misteri, premessa la sacramentale confessione.
Aveva molto supplicato Dio, per la mediazione del Patriarca S. Giuseppe, Protettore della buona morte: aveva innalzate incessanti preghiere ai Cuori Santissimi di Gesù e di Maria, affinché nell’ora suprema non avesse punto trepidato.

La prece del giusto salì al Cielo. Quando pareva che il P. Francesco Maria La Notte dovesse ancora per altri anni, quantunque grave in età, letiziare i suoi Confratelli Missionari, i congiunti, gli amici, sentì arcanamente la squilla dell’ultima ora, e cadde colpito da apoplessia celebrale, che gli tolse il vedere e l’intendere, poco stante dacché erasi nutrito all’altare delle carni dell’ Agnello ed inebriato del calice della salute»

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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.2 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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P. Francesco La Notte, redentorista insieme al fratello Padre Giuseppe, era nativo di Bisceglie (BA), da ricca e nobile famiglia. Molte e belle qualità lo proposero all’attenzione e al rispetto di tutti, perché ha vissuto in pienezza la sua vocazione redentorista.
P. Francesco La Notte, redentorista insieme al fratello Padre Giuseppe, era nativo di Bisceglie (BA), da ricca e nobile famiglia. Molte e belle qualità lo proposero all’attenzione e al rispetto di tutti, perché viveva in pienezza la sua vocazione redentorista.

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