La missione permanente di S.Alfonso

Una missione permanente
La vita e l’apostolato di sant’Alfonso Maria de Liguori,
fondatore della Congregazione del SS. Redentore 

 Dotato dall’autor della natura di un temperamento vivace, sanguigno e collerico, mentre era naturalmente inclinato alla compassione e bontà di cuore, era in pari tempo portato alle opere sublimi con prontezza, energia e costanza; queste note personali sono riferite dal Berruti (1804‑1872) a sant’Alfonso Maria de Liguori, per rilevare il carattere dolce, costante ed energico della sua missione nel Meridione.
La carità tutta apostolica fu la nota dominante della vita e delle opere di questo Santo napoletano: Non eravi cosa tanto eminente in Alfonso ‑ scrive il Tannoia, primo biografo del Santo e suo contemporaneo ‑ quanto il vero carattere di uomo apostolico; singolare nel ministero della Parola, caro a Dio e ricco dei suoi doni.

Nato il 27 settembre 1696 aMarianella Napoli e morto il 1° agosto 1787 aPagani, sant’Alfonso ebbe una vita lunga. Trascorse a Napoli i suoi primi 36 anni, segnati dalla dolcezza della mamma, donna di orazione e amante dei poveri, e dalla forza del padre Giuseppe de Liguori, esemplare nell’esempio cristiano, comandante della triremi ammiraglia < La Capitana». Per sedici anni, sapientemente guidato dal padre, si dedicò agli studi umanistico‑filosofici ed all’apprendimento delle lingue francese e spagnola. Nel 1708 fu ammesso, previo esame con Giambattista Vico, allo studio pubblico del diritto, divenendo discepolo di Aulisio, Caravita, Capasso, Cusano. Conseguì la laurea in utroque iure all’età di sedici anni. In musica, disegno, pittura e architettura, alla scuola di G. Grieco e del Solimena, riuscì a meraviglia.

Fino all’età di 20 anni, prima di esercitare l’attività forense, perfezionò la sua preparazione frequentando circoli “illuminati”, accademie e movimenti culturali. Ebbe contatti con persone dell’alta società e del popolino e conobbe le istanze sociali, filosofiche e teologiche del suo tempo: regalismo, giurisdizionalismo, storicismo, illuminismo, enciclopedismo, tomismo, giansenismo. La sua attività di avvocato si contraddistinse per una forte etica professionale radicata su scienza, diligenza, verità, fedeltà e giustizia. Fece propri i problemi della sua gente e della sua città. Nei quartieri di Portanova e di Montagna svolse l’ufficio di Governatore, Maestro delle Crocelle, Giudice, Deputato del capitolo; né peraltro disattese l’impegno cristiano scandito dalle sue prolungate adorazioni eucaristiche, dagli esercizi spirituali, dalla perseverante preghiera e dalla pratica eroica della carità per carcerati, ammalati e poveri dei vicoli cittadini.

S. Alfonso da giovane avvocato visse una vita intensa anche spiritualmente e approdò alla decisione di consacrarsi a Dio.

Una laicità e una secolarità fortemente ispirate alla legge dell’amore e promotrice degli autentici valori umani ed evangelici non poteva rimanere insensibile ad una delle esigenze più forti e rischiose della vita ecclesiale. Il 29 agosto 1723, dopo la triste esperienza dei Tribunali, ritrovò la sua pace mentre visitava amorevolmente gli Incurabili, consacrandosi a Dio. Il sacerdozio gli permise di condividere con i poveri la magnanimità del suo cuore. Il suo non fu un sacerdozio da salotto, come ce ne erano molti nella capitale del Regno, ma un servizio operoso che gli permise di farsi prossimo degli abbandonati, portando il ministero della Parola e della misericordia di Dio a domicilio, per le strade, nelle piazze e nelle chiese: un sacerdozio itinerante, senza ripensamenti, discriminazioni o divieti. Nei sei anni (1726‑1732) vissuti a Napoli all’interno della Congregazione delle Apostoliche Missioni, familiarizzò con i lazzari, saponari, muratori, barbieri, falegnami ed altri operai; per lo più operava nel Mercato e nel Lavinaio e godeva a vedersi circondato dalla gente più umile. Fu, sant’Alfonso, l’inventore di un modello di pietà cristiana, autogestita dai laici, che ancora oggi è riconosciuto unico e irripetibile. Da allora il suo nome è abbinato in maniera inscindibile a quello delle Cappelle Serotine.

Nel 1730 si accorse che non solo a Napoli ma anche nelle campagne del Regno c’era bisogno di una presenza missionaria ed anche allora fece a Gesù Cristo un sacrificio della città partenopea e si consacrò all’evangelizzazione della gente più bisognosa e più carente di aiuti spirituali, sparsa per la campagna e in paesetti rurali. Il 9 novembre 1732, insieme ad altri cinque missionari, a Scala (SA) diede inizio alla Congregazione del SS. Salvatore, chiamata in seguito del SS. Redentore.

Come vero uomo apostolico profuse le sue capacità in circa trecento missioni popolari predicate in tutto il territorio del Regno di Napoli: A senso comune ‑scrive Tannoia ‑ era Alfonso tenuto il primo missionario di questo Regno. Il Santo considerava le missioni una continuata redenzione che il Figlio di Dio sta operando nel mondo per mezzo dei suoi ministri. La missione alfonsiana primitiva è differente dalle altre: è una missione calma, riflessiva, prevalentemente catechetica, aliena da tutti quegli atteggiamenti che mirano a suscitare un’emozione penitenziale rapida e veemente. Infatti, nel programma missionario delle origini non sono previste prediche di terrore, perché il Santo era convinto che le conversioni fatte per il solo timore dei castighi divini sono di poca durata; l’impegno principale del predicatore della missione deve essere quello di lasciare i suoi uditori infiammati del santo amore.

La pubblicistica fu un’altra attività svolta con spirito missionario da sant’Alfonso. Le sue 111 opere trattano argomenti di dommatica, morale, pastorale e ascetica. L’autore non scrive per il gusto di scrivere, ma vuole stabilire con i suoi lettori, piccoli o grandi, nobili o popolani, uomini o donne, una relazione di aiuto. Il suo intento è prettamente pastorale; la sua teologia morale è una sfida al peccato e un’invocazione di grazia: Siamo in tempi ‑ predicava ‑ nei quali, per essere cristiani, non bisogna parlare che di rigore senza che se ne abbia la pratica, ma si sbaglia: mettere in disperazione i peccatori e far valere i diritti della giustizia contro quelli della divina misericordia, riempendo i cuori di spavento e portarli alla disperazione non è che dei moderni novatori: se il peccatore vede disperato il suo caso, anziché ricorrere a Dio, si sposa al peccato e va in braccia alla disperazione.

Tutte le sue opere possono considerarsi una missione permanente. In esse, più che le parole, veicolo di convincimento è l’unzione, nota segreta ed inimitabile del cuore di sant’Alfonso de Liguori. Egli valorizzò inoltre altri strumenti per comunicare: infatti padre Rey‑Mermet ci ricorda che la prima pagina di quasi tutte le opere spirituali e di numerosi trattati dominatici sarà un’illustrazione, immaginata e disegnata personalmente, per concretizzare fin dal frontespizio l’idea‑madre.

Una parentesi obbligata nella vita del primo redentorista fu l’episcopato a S. Agata dei Goti (1762‑1775). Durante i tredici anni il Vescovo non interruppe la sua attività di missionario e di scrittore. Metà della sua produzione fu pensata e realizzata infatti in questo periodo. Sul dinamismo apostolico relaziona il Tannoia: Cosa non fu tanto a cuore a monsignor Liguori, quanto la predicazione. Troppo singolare si rendette in questo. Predicando entrò in diocesi e predicando pose piede fuori di essa.

A duecento anni dalla morte di sant’Alfonso de Liguori è doveroso proclamare la qualità della sua vita. Egli ha riempito con la sua esistenza e la sua opera l’arco temporale di un secolo. Da più voci è stata rivendicata la parte che spetta al Santo, non tanto nel suo secolo, nel Napoletano e in Italia, quanto nella Chiesa e nella storia del progresso civile dell’uomo. 

L'immagine di S. Alfonso, un gigante della santità, della cultura e della pietà, continua a rimanere cara ad ogni generazione di fedeli.

La Chiesa lo ha proclamato Santo, Dottore e Patrono dei confessori. Egli non mirava a questo nella vita, perché i Santi non mirano a posizioni di prestigio. Ipoteticamente le sue parole, i suoi scritti, i consensi ricevuti possono perdere il loro mordente, ma il senso, come indirizzo, come significato, come sentimento impresso alla vita cristiana e alla storia della Chiesa non può essere cancellato. La pastoralità e la popolarità di questo Santo è ciò che resta e più si ammira nella sua vita e nelle sue opere: non è pragmatismo, attivismo o tecnicismo sofisticato, ma una presa di coscienza, un’attenzione ai segni dei tempi, un modo di essere fra gli uomini, una forma di incarnazione che ha lievitato uno dei secoli più difficili della storia. Per mezzo di lui l’evangelizzazione divenne un servizio reso a tutta l’umanità. Non può essere dimenticato che Napoli in sant’Alfonso diede colui che teoricamente e praticamente ha battuto per sempre in tutta la Chiesa e per tutta la Chiesa il giansenismo. Sant’Alfonso de Liguori riassume nella vita e nell’opera sua quel movimento che portò alla Chiesa la bonifica definitiva nelle discipline morali, qua impaludate, là inaridite (G. de Luca).

Ma soprattutto la gente semplice, che milita nella più umile delle condizioni sociali, sarà nel tempo la fedele trasmettitrice del messaggio alfonsiano perché, come dice il prof. De Rosa, in sant’Alfonso la pietà non passa mai in follia, segue la via del cuore, è paziente, umana, ottimista. Le varie operette di sant’Alfonso sono concepite come apparecchi, strumenti per il devoto per acquistare una fede sincera e profonda.

(Da Nuova Stagione, 8 febbraio 1987)

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Riportato in
Sulle orme di S. Alfonso
di Antonio Napoletano
Valsele Tipografica, Napoli 1989, pp. 13-16.