1. La mamma di S. Alfonso: Anna Cavalieri
Qualche anno fa abbiamo celebrato il secondo centenario della morte di S. Alfonso (1787‑1987) e adesso [1996] celebriamo il terzo centenario della sua nascita.
Proprio il clima natalizio, che in Italia è molto legato a S. Alfonso, ci offre l’opportunità di collocare la sua nascita in questa festosità natalizia. Anche il suo natale in terra fu gioioso, perché era il primogenito di due giovani sposi; e fu gioioso in cielo, perché nasceva una nuova stella che avrebbe illuminatola Chiesa.
S. Alfonso nacque a Napoli, in una villa di campagna a Marianella il 27 settembre 1696.
Il padre, Giuseppe de Liguori, era un ufficiale di marina, la mamma una nobile di origine pugliese e si chiamava Anna Cavalieri. La famiglia della mamma era tutta di magistrati, mentre i Liguori, da antichissima data nobili cavalieri, prediligevano la carriera militare. Il papà don Giuseppe da giovane si era arruolato in marina fino a diventare comandante della flotta napoletana.
Quando nacque S. Alfonso, lui era già ufficiale. S. Alfonso nacque nella villa di campagna a Marianella, come già detto, ma per il battesimo, due giorni dopo, fu portato nella chiesa parrocchiale di città, i Vergini, alla quale don Giuseppe era molto legato e dove aveva il palazzo padronale.
Gli furono dati parecchi nomi, come si usava a quei tempi in omaggio ai santi patroni e anche agli antenati; infatti lo chiamarono Alfonso Maria Giovanni Francesco Antonio Cosimo Damiano Michelangelo Gasparro. Alfonso, Giovanni, Francesco, Antonio corrispondevano agli antenati delle due famiglie; Cosimo e Damiano erano i santi del giorno della nascita (27 settembre), Michelangelo perché fu battezzato il 29 settembre, festività di S. Michele Arcangelo, e Gaspare in omaggio ad un altro parente. Il nome Maria, invece, glielo mise la mamma Donna Anna Cavalieri.
Questa, rimasta presto orfana della madre, era stata educata dalle suore francescane, era vissuta fin quasi all’età del matrimonio nel loro educandato, ed era molto devota della Madonna. Era anche devota a Gesù. S. Alfonso conservò per tutta la vita un Gesù Bambino in fasce, che lei gli aveva regalato e che ora si trova presso i nostri padri a Pagani. Visse quindi fin da piccolo la spiritualità del Natale e la spiritualità mariana.
Essendo una famiglia numerosa, S. Alfonso ebbe parecchi fratelli: erano sette tra fratelli e sorelle, quattro maschi e tre femmine, fu sua madre ad occuparsi dell’educazione dei figli, perché il padre, Don Giuseppe, era spesso in mare. Ogni tanto rientrava dalle campagne contro i barbareschi che facevano scorrerie lungo le coste, portavano via i cristiani, li costringevano a diventare musulmani e li vendevano come schiavi a Tunisi, Costantinopoli e altre parti. Le navi della flotta regia erano pesanti e meno agili rispetto alle imbarcazioni nemiche che spesso riuscivano a scappare.
Ogni tanto però anche loro venivano catturati e lo stesso S. Alfonso, da giovanetto, aveva al suo servizio Abdullah, un prigioniero, che poi si fece cristiano e morì battezzato, convertito dagli esempi del suo padroncino.
S. Alfonso dunque fu battezzato in città. Dopo il battesimo, come si usava a quei tempi, la madre riceveva in casa gli amici venuti in visita, per mostrare il suo bambino: il primogenito di questa casata.
C’era a Napoli un celebre gesuita, Francesco de Girolamo, il quale girava tutta la città, occupandosi delle prostitute, dei poveracci, della gente che nessuno curava, e facendo un grande apostolato. Era molto amico di don Giuseppe de Liguori, essendo anche il cappellano dei galeotti, di quelli che remavano sulle navi, e spesso saliva a bordo, faceva il catechismo, celebrava ecc. Quindi era molto amico di famiglia. Venne anche lui a complimentarsi e a vedere il bambino. E fece una profezia: disse che sarebbe vissuto a lungo, oltre i novant’anni, sarebbe diventato vescovo e avrebbe onorato la Chiesa.
Questo la mamma se lo tenne gelosamente in cuore, perché lo riferì solo molti anni dopo al più celebre biografo di S. Alfonso: il Tannoia. Questi era redentorista e da giovane chiese il permesso di poter intervistare la mamma di S. Alfonso. Egli ci ha lasciato la più completa documentazione su S. Alfonso, avendo raccolto, durante tutta la sua vita, le varie testimonianze di chi lo aveva conosciuto.
Quindi il de Girolamo, che nel 1839 sarà accomunato con S. Alfonso nella gloria dei santi, fece questa profezia. E il padre? Il padre certamente non c’era, perché per tutta la vita, finché S. Alfonso rimase laico, non fece altro che accumulare ricchezze, mettere da parte soldi, comprare palazzi e combinare matrimoni per questo figlio avviato a legge, non alle armi, per fargli fare una carriera più splendida nella magistratura, molto diversa da quella che fu poi la vera di S. Alfonso.
La mamma si occupava dell’educazione dei figli, li faceva pregare tutti insieme, anche il Rosario, che quindi conosce fin da piccolo, e gli scrisse un libricino di preghiere, che lui recitava ogni giorno. Gli fu sempre molto affezionato; quando era vecchio e malato a Pagani dove, lasciato il vescovado, si era ritirato a causa dell’artrite deformante, chiedeva al fratello che lo assisteva di prendergli il suo librettino e leggergli alcune preghiere. Ogni sera ripeteva le preghiere che la mamma gli aveva insegnato fin da bambino.
Vediamo dunque come i genitori di Alfonso ‑ anche il padre si interesserà molto del figlio, pur stando lontano da casa ‑ si sono preoccupati dell’educazione non soltanto nobile, ma anche soprattutto cristiana, morale dei figli. S. Alfonso, da vecchio, dirà che il fatto di non avere mai peccato, di essere stato un buon cristiano, lo doveva tutto a sua madre.
da Roma 28 dicembre 1995 P. Vincenzo Ricci