33. LA CORONAZIONE DI SPINE
I. Appena terminata la flagellazione, quei barbari soldati, istigati e corrotti con denaro dai Giudei, come asserisce san Giovanni Crisostomo, sottopongono il Redentore a una nuova specie di tortura. Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono intorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra (Mt 27,27-29).
I soldati lo spogliano di nuovo e, trattandolo da re di burla, gli pongono addosso una veste rossa, che non era altro che uno straccio di mantello usato dai soldati romani, chiamato clamide; gli mettono in mano una canna come segno di scettro e un fascio di spine sulla testa come segno di corona. Così Gesù, vero re dell’universo, ora è divenuto re di dolore e di vituperio! Ecco fin dove lo ha condotto l’amore! […]
Le spine erano così lunghe che penetrarono fino al cervello. E l’Agnello mansueto subiva questa tortura senza dire una parola, senza gridare. […] L’abbondanza di sangue che scorreva dalle ferite del sacro capo era tanta che sulla sua faccia si vedeva soltanto il colore del sangue, secondo la rivelazione di santa Brigida. […]
Mio Gesù, tu dimostri di amarci appassionatamente; ma l’amore per noi ti rende spietato con te stesso, facendoti patire tormenti così acerbi. Tu hai voluto essere coronato di spine per ottenere a noi una corona di gloria in cielo. Mio dolcissimo Salvatore, io spero di salvarmi per il merito dei tuoi dolori, per essere la tua corona in Paradiso, dove loderò per sempre il tuo amore e la tua misericordia: Canterò senza fine le misericordie del Signore (Sal 88,2 Vg). […]
II. Poi, mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: Salve, re dei Giudei! E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo (Mt 27,29-30). San Giovanni aggiunge: E gli davano schiaffi (Gv 19,3). Dopo aver posto sul capo di Gesù quella tormentosa corona e averla premuta a viva forza con le mani, quei barbari presero la canna e la usarono come martello per conficcare le spine. Quindi cominciarono a deriderlo come re di scherno: gli si inginocchiavano davanti, salutandolo come re dei Giudei; poi, alzandosi, gli sputavano in faccia e lo schiaffeggiavano con grida e risate di disprezzo. Povero Gesù, come sei ridotto! Se uno fosse allora passato per caso da quel luogo e avesse visto Gesù in quello stato: dissanguato, coperto con quello straccio rosso, con quello scettro in mano, con quella corona sulla testa, così deriso e maltrattato da quella gentaglia, per chi lo avrebbe preso, se non per l’uomo più miserabile e scellerato del mondo? Il Figlio di Dio era diventato il vituperio di Gerusalemme! “O uomini, esclama il beato Dionigi Certosino, se non vogliamo amare Gesù Cristo perché è buono e perché è Dio, amiamolo almeno per le tante pene da lui sofferte per noi”.
Mio caro Redentore, ricevi un servo ribelle che ti ha lasciato, ma che ora ritorna a te pentito. Quando io ti sfuggivo e disprezzavo il tuo amore, tu non hai smesso di inseguirmi per attirarmi a te. Per questo non temo che mi caccerai ora che ti cerco, ti stimo e ti amo sopra ogni cosa. Fammi conoscere quello che devo fare per compiacerti, e lo voglio fare. Dio amabilissimo, io ti voglio amare davvero e non voglio offenderti più. Aiutami tu con la tua grazia, non permettere che io ti lasci più.
Maria, speranza mia, prega Gesù per me. Amen. (Amore delle Anime, IX,1-4)