La carità di S. Alfonso nella carestia del 1764
Ripercorrendo la vita di S. Alfonso, che è lunga e piena di avvenimenti, ci si imbatte in alcuni aspetti che sono di forte richiamo ancora oggi.
Generalmente consideriamo S. Alfonso come “il santo della preghiera, della meditazione, della predicazione o degli aspetti morali della vita…” – S. Alfonso, da buon napoletano, fu anche un santo dal vivo senso pratico: la sua reattività dinanzi alle varie emergenze che incontrò nella sua lunga vità sono ancora uno stimolo per noi oggi.
Dalle pagine di Oreste Gregorio “Monsignore si diverte” veniamo a conoscenza di come reagì dinanzi alla catastrofe della terribile carestia che si abbattè su Napoli e regione nel 1764.
L’annona della carità
Nell’avanzato autunno del 1763 la carestia precipitò sul Regno di Napoli repentina come la grandine, e fu un vero flagello. I servizi logistici rudimentali, la scarsezza delle vie di comunicazione, l’incapacità dei governanti resero gli effetti più disastrosi specialmente nei paesi di montagna come a S. Agata dei Goti.
Pietro Colletta nella Storia del Reame narra: “Le inquietudini e i lamenti del popolo, i falli del governo, l’avidità dei commercianti e i guadagni congiunti ad una pubblica sventura produssero danni maggiori e pericoli; si vedevano poveri morir di stento; si udivano vuotati magazzini e forni; poi furti, delitti, rapine innumerevoli. S’ignora quanti ne morissero di fame, e’quanti ne’ tumulti”.
Sant’Alfonso non attese che il soccorso venisse dall’alto, miracolisticamente.
Uscì sulla piazza per organizzare con capacità nuove una complessa azione di assistenza, che ci fa pensare a S. Basilio nei duri giorni di Cesarea. Avendo previsto la malannata, fece acquisti di fagioli, fave ed altri legumi, mentre i familiari con occhi miopi se ne stupivano: A che serve?
Scomparsi i generi alimentari dal mercato, crebbe l’egoismo. La gente bisognosa cominciò a riversarsi dal vescovo per domandare un pezzo di pane. Il Santo mutò l’episcopio in un’Annona della carità con paterna ed intelligente dedizione.
La folla ingrossava; in gennaio con la neve già si numeravano varie centinaia di bocche fameliche che vi affluivano come ad una mensa gratuita. Monsignore raccomandava al segretario e al servitore: “Non fate che taluno se ne vada scontento: quello che cercano è roba loro“. E diceva in altra occasione: “A noi bastano le chichierchie“.
Mandò in giro con muli e traini persone di fiducia per comprare cibarie anche a caro prezzo. Si rivolse al fratello Ercole, che occupava posti importanti nella capitale, ed ebbe una buona quantità di grano a 6 ducati il tomolo.
Nel salone vescovile adunò i canonici, i gentiluomini più probi e i reggimentari e discusse sulla situazione angosciosa, cercando insieme la migliore soluzione. Col suo prestigio prese in mano la direzione dell’approvvigionamento, sollecito innanzi tutto dei meno abbienti e dei poveri vergognosi.
Stabilì una specie di carta annonaria per la distribuzione giornaliera.
Tannoia riferisce: “Avendo fatto formare un tabellone in sala, notato vi aveva per alfabeto le famiglie bisognose con tanti laccetti. Come i poveretti venivano, tirandosi il laccetto, consolavasi rispettivamente ognuno con una porzione di fave o altro legume, corrispondendo alla famiglia con un tanto di denaro”.
(da O.Gregorio, Monsignore si diverte, Valsele Tipografica, Napoli, pp.58-59).
Video
La compagnia teatrale di Napoli, “Gli ignoti”, ha rappresentato al Teatro delle Palme nell’aprile 2008 la vita di S. Alfonso “Fuga per l’estasi” . In questo episodio, riportato nel video, il Santo appare già invecchiato e malconcio, ma ugualmente efficace nelle direttive a come contrastare il fenomeno della carestia.
(da G.D.R. Digital Video)
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