Io debbo fare le veci di padre

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
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. “Io debbo fare le veci di padre”.

Tra i seminaristi: “Io debbo fare le veci di padre”
Doveva essere un giorno festivo, forse l’Assunzione, titolare della cattedrale. S. Alfonso era parato cogli abiti pontificali, quando echeggiò un colpo metallico nella sagrestia.
Un canonico autoritario e nervoso per un lieve sgarbo di un seminarista spensierato lo aveva ripagato con un ceffone. Sant’Alfonso se ne dolse col reverendo: “I genitori li hanno affidati a me, ed io debbo fare le veci di padre: la offesa è mia, signor canonico, e non è del giovinetto“.
Il rimprovero svelava energicamente un programma rivoluzionario.
Il Santo consacrò le prime sollecitudini ai seminaristi, che considerava cellule insostituibili del presbiterio, per cui diceva: “Il seminario è quello che fonda, per il bene della diocesi, tutta la mia speranza. Se questo non corrisponde ai miei desideri, ogni altra cura è perduta”.
E osservava con saggezza domestica: “La Chiesa e le famiglie sono tutte e due interessate per il profitto dei giovanetti. La Chiesa che li educa e le case che si dispendiano, e defraudar non conviene le rette intenzioni così della Chiesa che dei parenti”.
Iniziò la riorganizzazione del seminario con norme più igieniche e pedagogiche che testimoniano l’ampiezza delle sue vedute. Fece venire da Napoli l’architetto regio Cimafonte, suo conoscente,  per risolvere il problema del vecchio edificio, ch’era angusto e malsano; bramava vedere l’ambiente di formazione più arioso e ridente.
Con lodevole sensibilità stabilì che fosse uguale il vitto dei maestri, superiori ed alunni, e per controllare se le vivande fossero ben condite vi giungeva senza preavvisi all’ora del pranzo. Guardava, assaggiava e notava: “Quel poco che si dà, voglio che si mangi con piacere”.
Venendo da un regime comunitario non ignorava che la buona cucina migliora anche la disciplina.
Per l’ordine giornaliero tracciò nuove regole, brevi e piene di prudenza, orientandosi con quelle sancite dal Cardinale Innico Caracciolo (+ 1730), nel seminario di Aversa e dal Cardinale Giuseppe Spinelli a Napoli.
Proibì il dettare le lezioni con disappunto dei professori, che dovettero adottare testi scolastici stampati. Fondò l’accademia di eloquenza per formare i futuri predicatori.
Interveniva alle adunanze periodiche per insegnare la maniera di annunziare la parola di Dio all’ apostolica, tuonando, senza peli sulla lingua, contro i preziosismi e le scapricciate elucubrazioni: “Lo stipendio che si dà al predicatore è tutto sangue dei poveri. Se il popolo non ne ricava  profitto, è un torto che gli si fa; ed è tenuto alla restituzione il predicatore che lo riceve, ed il sindaco che lo baratta”.
(Oreste Gregorio, Monsignore si diverte… Valsele Tipografica – Napoli 1987, pp.35-36).

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Particolare della statua di S. Alfonso a Deliceto, chiesa della Consolazione.

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Particolare della statua di S. Alfonso nella chiesa cattedrale di Lacedonia (AV).