25. L’insegnamento dei martiri
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12).
Dalla testimonianza dei martiri e dal loro grande esempio di virtù, quanto s’impara! Il loro disprezzo del mondo e di tutte le ricchezze mondane c’insegna anzitutto a disprezzare i beni caduchi di questa terra e a far conto soltanto dei beni eterni.
I tiranni offrivano loro grandi ricchezze, alte dignità, nozze regali, purché abbandonassero la fede. Ma essi disprezzarono tutto e preferirono essere privati dei loro posti e dei loro beni, essere tormentati con piastre infuocate e affrontare la morte più crudele, piuttosto che perdere la grazia divina e i beni eterni che Dio promette ai suoi servi.
Al martire san Clemente il tiranno offrì una grande quantità di oro e di gemme, se avesse rinunciato a Gesù Cristo. Allora il Santo, rivolto al Signore, sospirò: “Dio mio, a che cosa ti paragonano gli uomini? Alla polvere e al fango! (1) A san Teodoro martire fu offerta la dignità di pontefice, se avesse abbandonato la fede. All’udire ciò, il Santo sorridendo disse: “Pontefice? Io spero di andare a godere Dio in cielo, e volete che io lo cambi per restare in terra a fare il cuoco e il macellaio, come fanno i vostri pontefici, che offrono sacrifici di animali a divinità false? (2).
Dai martiri s’impara anche ad aver fiducia in Dio e ad affezionarci sempre più alla nostra fede, poiché nella loro costanza si manifesta mirabilmente la potenza di Dio, che diede loro la forza di superare, con tanto coraggio e gioia, i tormenti e la morte.
Tante persone deboli, ragazze, fanciulli e persone anziane, come avrebbero potuto resistere a tormenti così crudeli, che fanno impressione al solo sentirli raccontare (graticole, piastre e corazze infuocate; verghe, flagelli e unghie di ferro, che laceravano il corpo fino a scoprire le ossa e le viscere di quei santi), se Dio non avesse dato loro la forza di sopportarli? […]
Inoltre dalla pazienza dei martiri s’impara a soffrire in pace le contrarietà e le miserie di questa vita: la povertà, i dolori, le persecuzioni, i disprezzi e tutti gli altri mali, che sono leggeri in confronto a quelli che patiscono i martiri.
Il sollievo più grande, che mitigava le pene di quei santi eroi, le ingiurie, le ingiustizie ed ogni altra loro sofferenza, era la gioia di fare la volontà di Dio, che chiedeva loro di soffrire ogni maltrattamento per amore suo. Così noi, quando siamo afflitti da qualche travaglio, pensiamo che molto più gravi furono i tormenti dei martiri.
Vergogniamoci di lamentarci nelle nostre tribolazioni e rassegniamoci alla volontà divina. San Vincenzo de’ Paoli dice: “La conformità al divino volere è il rimedio per tutti i mali”.
(da Vittorie dei Martiri, II, 19-23).
[1] San Clemente (m. 309) era vescovo di Ancira, in Galazia, e fu martirizzato sotto Diocleziano.
[2] Di martiri con il nome Teodoro, da soli o associati a compagni, ne abbiamo contati 38 sull’enciclopedica Bibliotheca sanctorum. Infatti anticamente il nome Teodoro (che significa “dono di Dio”) era diventato una specie di nome comune. Crediamo che l’Autore si riferisca al soldato martire di Amasea del quale san Gregorio di Nissa recitò un discorso (PG, XLVI, 736-48). Fu il patrono di Venezia fino al XIII secolo, quando fu soppiantanto da san Marco.