In paradiso non più lacrime

38. In paradiso non più lacrime
Asciugherà ogni lacrima dai loro occhi (Ap 21,4)

Quando l’anima entrerà nella beatitudine di Dio, “non ci sarà nulla di ciò che non vuole”: non ci sarà più nulla che l’affanni o la rattristi. Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,4-5).

In paradiso non esistono più malattie, né povertà, né fastidi; non c’è più l’alternarsi del giorno e della notte, del freddo e del caldo, ma è un giorno continuo e sempre sereno, una continua e piacevole primavera. Là non ci sono più persecuzioni o invidie: in quel regno di amore tutti si amano intensamente e cia­scuno gode del bene altrui, come se fosse suo. Non c’è più nessun timore, perché l’anima, confermata nella grazia, non può più peccare e per­dere il suo Dio. Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Ogni cosa è nuova e ogni cosa dà consolazione e soddisfazione: “C’è tutto ciò che desideri”.

Sarà appagata la vista, nell’ammirare quella città di perfetta bellezza (Lam 2,15). Quale piacere sarebbe vedere una città con pavimenti di cristallo, con palazzi d’argento dai soffitti d’oro, tutti ornati di fiori! Ma quanto sarà più bella la città del paradiso! Cosa sarà poi vedere i citta­dini del cielo tutti vestiti da re, secondo le parole di sant’Agostino: “Tanti cittadini, altrettanti re”? Che cosa sarà vedere Maria Santissima, la quale apparirà più splendida di tutto il paradiso? Che cosa sarà poi vedere l’Agnello di Dio, lo sposo Gesù? […]

L’olfatto sarà appagato dai profumi e l’udito dalle armonie celesti. San Francesco d’Assisi una volta sentì un angelo suonare alcune note di viola e quasi venne meno per la dolcezza. Che cosa sarà udire tutti i santi e gli angeli cantare in coro la gloria di Dio? Canteranno sempre le tue lodi (Sal 83,5). Che sarà sentire Maria che loda Dio? San Francesco di Sales scrive che la voce di Maria in cielo sarà come quella di un usignolo nel bosco, che supera nel canto tutti gli altri uccellini. Insomma, in paradiso ci sono tutte le delizie che si possono desiderare.

Eppure, le delizie che abbiamo finora considerato sono le più piccole del paradiso. La gioia, il bene più grande del paradiso, è il sommo bene, cioè Dio. Dice sant’Agostino: “Tutto ciò che aspettiamo, sono due sillabe: Dio”. Il premio che il Signore ci promette non sono solamente le bellezze, le armonie e le altre gioie della città beata: il premio principale è Dio stesso, cioè vedere e amare Dio faccia a faccia: Io sono… la tua ricompensa molto grande (Gen 15,1).

Sant’Agostino afferma che, se Dio mostrasse il suo volto ai dannati, “improvvisamente l’inferno si trasformerebbe in un paradiso”. E aggiunge che se un’anima, al termine della sua vita terrena, avesse la possibilità di scegliere tra il vedere Dio rimanendo nelle pene dell’inferno, e il non ve­derlo senza andare all’inferno, essa “preferi­rebbe vedere il Signore restando in quelle pene”.

La gioia di vedere e amare Dio faccia a faccia, noi ora non possiamo comprenderla. Proviamo comunque a fare qualche ragionamento. Anzitutto sappiamo che l’amore di Dio è talmente bello, che è riuscito a sollevare da terra non solo l’anima, ma anche il corpo dei santi. Per esempio, una volta san Filippo Neri fu rapito in aria insieme allo scanno cui si era afferrato. San Pietro di Alcantara fu addirittura alzato da terra aggrappato ad un albero, che venne divelto sin dalle radici.

Sappiamo, inoltre, che anche in mezzo alle torture i santi martiri esultavano, per la dolcezza dell’amore di Dio. San Vincenzo, mentre veniva torturato, parlava in modo tale che “chi soffriva sembrava diverso da chi parlava”. E san Lorenzo, stando sulla graticola ardente, scherzava con l’aguzzino dicendo: “Girami pure e mangia”. Faceva così perché, come spiega lo stesso sant’Agostino, “acceso dall’amore di Dio, non sentiva le fiamme”.

Pensiamo inoltre alla dolcezza che prova un peccatore nel piangere i suoi peccati. San Bernardo esclamava: “Se piangere per te è così soave, che cosa sarà godere di te?” Pensiamo ancora alla soavità che prova un’anima quando, duran­te la preghiera, intravede un raggio della bontà divina, della misericordia che Dio le ha usato e dell’amore con cui Gesù l’ha amata e l’ama. L’anima al­lora si sente struggere e venir meno per l’amore.

Eppure su questa terra noi non vediamo Dio co­me egli è, ma lo vediamo nell’oscurità: Ora vediamo co­me in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia (1Cor 13,12). Al presente noi abbiamo come una benda davanti agli occhi, Dio sta dietro il sipario del­la fede e non è visibile a noi. Che cosa succederà, quando la benda ci sarà tolta dagli occhi, il sipario si alzerà e vedremo Dio faccia a faccia? Vedremo quanto Dio è bello, quanto è grande, giusto, perfetto, quanto è amabile e quanto ci ama!

Preghiera 

Mio sommo Bene, io misero ti ho voltato le spalle e ho rinunciato al tuo amore. Perciò non sarei più degno né di vederti, né di amarti. Ma tu sei Colui che, per compassione verso di me, non hai avuto compassione di te stesso, lasciandoti condannare a morte come un malfattore su un legno infame. La tua morte dunque mi dà speranza che un giorno potrò vedere e godere il tuo volto, amandoti allora con tutte le mie forze. […]
Gesù mio, io lascio tutto e mi converto a te. Ti abbraccio e ti stringo al mio cuore: abbracciami e stringimi anche tu. Oso parlare così, perché sei Bontà infinita. Parlo con un Dio, che è morto volentieri per amor mio. Caro mio Salvatore, dammi perseve­ranza nel tuo amore.
(da Apparecchio alla Morte, XXIX, II).

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