8. Il peccato e la grazia.
Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5, 20).
San Leone Magno afferma che Gesù Cristo, con la sua morte, ci ha procurato un bene più grande del danno procurato dal demonio con il peccato di Adamo: “Abbiamo acquistato in Cristo molto più di quanto, per l’odio del diavolo, avessimo perduto”.
Questo lo dice chiaramente l’Apostolo nella lettera ai Romani: Il dono non è come la caduta… Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5,15.20).
Ugo di san Caro spiega: “La grazia di Cristo ha più efficacia del peccato”. Non c’è paragone, dice l’Apostolo, tra il peccato dell’uomo e il dono che ci ha fatto Dio, donandoci Gesù Cristo. Il delitto di Adamo fu grande, ma molto più grande è stata la grazia che ci ha meritato Gesù Cristo con la sua passione.
Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10). “Io sono venuto nel mondo, dichiarò il Salvatore, perché gli uomini morti con il peccato ricevano, per mezzo mio, non solo la vita della grazia, ma una vita più abbondante di quella che, per la colpa, avevano perduta”. Per questo la santa Chiesa chiama “felice” la colpa di Adamo: “Felice colpa, che meritò di avere un così grande Redentore!” (Exultet della Veglia Pasquale).
Ecco, Dio è la mia salvezza; confiderò, con avrò mai timore (Is 12,2).
Gesù mio, tu sei un Dio onnipotente e sei anche il mio Salvatore: che timore di dannarmi dovrei avere?
Se in passato ti ho offeso, me ne pento con tutto il cuore. Per l’avvenire io ti voglio servire, obbedire e amare: spero fermamente che tu, mio Redentore, che hai fatto e sofferto tanto per la mia salvezza, non mi negherai nessuna grazia di cui ho bisogno per salvarmi.
(da L’Amore delle Anime, XIV, 7).