Il mistero della natività

17. Il mistero della Natività

Troverete un bambino adagiato in una mangiatoia (Lc 2,12). La santa Chiesa, nel contemplare il grande mistero e prodigio di un Dio che nasce in una stalla, piena di ammirazione escla­ma: “O grande mistero, o ammirabile Sacramento! Il nato Signore giace dentro una mangiatoia, in mezzo agli animali!”.[1]

Per contemplare con tenero affetto la Natività di Gesù, dobbiamo pregare il Signore di donarci una fede viva. Se entreremo nella grotta di Betlemme senza fede, proveremo soltanto un sentimento di compassio­ne nel vedere un bambino che nasce in una povertà tale da dover giacere in una mangiatoia per animali, in pieno inverno, senza fuoco e dentro una fredda spe­lonca. Ma se ci entreremo con fede e andremo considerando l’eccesso di bontà e di amore per il quale un Dio si è ridotto a diventare un piccolo fanciullo, stretto tra le fasce, adagiato sulla paglia, che piange e trema di freddo, che non può muo­versi, che ha bisogno di latte per vivere; come è possibile che ciascuno non si senta attrat­to e dolcemente costretto a dare tutto il suo affetto a questo Dio infante, che si è ridotto a tale stato per farsi amare?

San Luca dice che i pastori, dopo aver visitato Gesù nella stalla, se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto (Lc 2,20). Eppure, che cosa avevano visto? Non altro che un povero Bambinello, tremante di freddo, sopra la paglia; ma perché erano illuminati dalla fede, riconobbero in quel Bambino l’eccesso del divino amore; e, infiammati da questo amore, andarono poi lodando e glorificando Dio, per aver avuta la sorte di contemplare un Dio esinanito e annichilito per amore degli uomini (cf. Fil 2,7) .

Preghiera

Amabile e dolce Gesù, pur vedendoti povero bambino giacente sulla paglia, io ti confesso e ti adoro per mio Signore e Creatore. Comprendo che a ridurti in questa condizione miserevole è stato l’amore che mi hai portato. E io, ricordandomi il modo in cui ti ho trattato nel passato e le ingiurie che ti ho fatto, Gesù mio, mi meraviglio che tu abbia potuto sopportarmi.

Maledetti peccati, che mi hanno fatto amareggiare il cuore del mio innamorato Signore! Deh, mio caro Salvatore, per i dolori che soffristi e per le lacrime che spargesti nella stalla di Betlemme, donami un grande dolore che mi faccia piangere per tutta la vita i dispiaceri che ti ho dato. Dammi un grande amore verso di te; che compensi le offese che ti ho fatto. Ti amo, mio piccolo Salvatore; ti amo, mio Dio Bambino, ti amo amore mio, mia vita, mio tutto. Ti prometto di amare, d’ora in poi, soltanto te. Aiutami tu con la tua grazia, senza la quale non posso niente.

Maria speranza mia, tu ottieni quanto vuoi da questo Figlio: impetrami il suo santo amore. Madre mia, esaudiscimi.

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da Novena del Santo Natale, Avvento, 15.

Schmalzl M., Natività di Gesù Particolare dal Messale 1906 (Raccolta Marrazzo).

 


[1] Ufficio di Natale, notturno 2, responsorio 1. Dopo la riforma dell’Ufficio divino, voluta dal Concilio Vaticano II e approvata da Paolo VI, il 1° novembre 1970, questo responsorio non fa più parte dell’attuale Breviario.