Iannone Nicola redentorista

Garzone Nicola Iannone (1780-1860) – Italia.

Garzone Nicola Iannone (1780-1860)

Il P. Gaetano Savastano nelle memorie della Casa di Catanzaro parla anche dell’oblato Nicola e dice così:«Sembrami non riuscire discaro, dopo aver dato un cenno dei Padri che formarono parte, in varie epoche, della Comunità, ricordare la santa vita di un servo della stessa.

Questi dopo molti anni di servizio rimase fra i nostri quasi come una specie di oblato, e vi dimorò fino a tarda età che consumò piena di meriti: il suo nome era Nicola.

Il suo ufficio, non potendo più altro per la sua età, era di portinaio, che adempì con tutta fedeltà ed esattezza, e si può dire di lui, senza ombra di falso, essere stato quasi più osservante degli stessi Padri.

Dovendo per ufficio stare sacrificato nel suo posto, non lo si vide mai ozioso o girovago, mentre tutto il tempo era da lui con usura redento.

Al suono del campanello del mattino, immediatamente gettavasi a terra; composto poi si recava in sacrestia per unirsi ai Padri, i quali di sopra al coro facevano la meditazione prescritta dalla Regola, e con tutto raccoglimento egli se ne stava fermo ad orare. Indi ascoltava Messa, Comunione quando la regola lo comandava ai fratelli, e nella novena ancora. Terminato tutto, si portava sollecito al suo ufficio, sicché fu notato non avervi mai mancato.

Seduto nella portineria, per non perdere tempo si impiegava ad infilzare coralli da lui comprati per corone, nei giorni feriali per dispensarle a quanti le chiedevano, e con pronto premuroso zelo inculcava loro la continua recita del Rosario, come unico mezzo datoci dalla Madre Santissima per essere sempre assistito in tutti i bisogni ed averne la grazia necessaria.

Ma nelle domeniche e feste se la passava a leggere la bell’opera del cuore di S.Alfonso «Le Glorie di Maria», non saziandosi di assaporarle in tutti i modi a lui consentiti, e con quali sentimenti di allegrezza le magnificava dinanzi ai Padri, recitandone pure alcune cose mandate a memoria; inginocchiato in mezzo alla portineria.

Fedele osservatore dei prescritti della Regola, lo si vedeva sempre raccolto in Dio, la cui presenza non si partiva dai suoi occhi, e con continue giaculatorie da innamorarne ognuno che le sentiva, intratteneva continuo commercio con lui.

Custode fedele della porta non permetteva le persone, specialmente di diverso sesso, vi si fermassero per lungo tempo, ma inteso di quanto era motivo della loro venuta, le rimandava con carità sì, ma fermezza ancora serrandola subito.

Amante del silenzio lo praticava con tale esattezza da sembrare ai meno schifiltosi esagerato; della povertà, non permettendo che niuna cosa la più minima andasse perduta o smarrita, contentandosi della cosa più inservibile.

Osservante dell’ubbidienza, eseguendo a volo ogni benché lieve parola dei superiori senza esaminare se si dovesse o no, se si poteva o no, per cui era amato dai superiori e padri tutti con amore di predilezione.

Ordinando la Regola che nelle ore pomeridiane vi sia ancora la lettura spirituale e meditazione al suono del segno dato, nella stessa portineria faceva l’una e l’altra, e comunque vecchio cadente, meditava sempre in ginocchio.

Suo incarico era ancora distribuire in ogni sabato l’elemosina ai poveri, e con quanta carità l’eseguiva come un’opera la più eccellente, voluta da Gesù Cristo.

Giunta l’ora prefissa usciva fuori la porta nel largo, e fatto allineare i poveri, separando i maschi dalle donne, dopo aver loro fatto recitare in comune il Pater, l’Ave, il Credo e la Salve Regina, in silenzio la dispensava ed in silenzio richiedeva dai poveri, i quali per non contristarlo ne l’ubbidivano.

Vari aneddoti di lui si raccontano che manifestano e la sua fede in Dio, la sua esattezza nell’osservanza regolare, specie del silenzio ch’é buono riferirli.

Essendo così buono i Padri nelle ore di ozio vi scherzavano per sollevarsi a vicenda; ora avvenne che ad uno di questi venne in testa proporgli di ripetere:«Io sono un bel bagaglio (asino)». Per circa 40 anni, non lo si poté indurre a ripeterle. Sulle prime rispondeva dicendo «Io sono un bel….. ma giunto alla parola «bagaglio» diventava più muto di un morto; e, domandato perché non seguitasse, rispondeva umile «Sì… come..Dio mi ha creato uomo, fatto cristiano, e dovrò fargli questo oltraggio, assimilandomi a questo»… Tale scherzo avveniva spesso, spessissimo fino a ché il Signore non lo chiamò a sé.

Per il silenzio: su questo vi sono fra gli altri due fatti che ne dimostrano la più severa esattezza. Stante i moti di sommossa nel 1848, dopo il 15 maggio ripristinandosi l’ordine in tutte le provincie del Regno dalle reali truppe che le percorrevano, queste trovavansi accasermate nella città, guidate dal maresciallo generale Ferdinando Nunziante fratello dell’altro Nunziante fedigrado del suo re e benefattore Francesco II che morì pazzo dopo essere stato trattato dal nuovo governo, per lo quale parteggiava e serviva, a secondo dei suoi meriti traditori.

Ferdinando Nunziante dunque volle far visita ai Padri di S. Caterina, retti dal P. Montalcini, e, seguito da altri ufficiali maggiori in buon numero si reca alla portineria della stessa dalle 2 alle 3 pomeridiane.
Tirato il laccio del campanello, ecco uscire dalla graticola una voce chioccia e sommersa che dice: – Deo gratias–  È  il generale Nunziante che viene per ossequiare il rettore e padri, aprite. – «No, non si può, sono le ore di silenzio, trovandosi i padri in orazione, e debbono osservare la Regola».
E per qualunque rimostranza si facesse dal di fuori, rimase incrollabile onde fu giocoforza al generale e seguito far ritorno al suo alloggio.
Saputosi dal rettore Montalcini l’accaduto fu sollecito recarsi in casa del Nunziante a presentare le scuse e domandare compatimenti per l’incortesia usata dal servo.
Al che il Nunziante rispose che per nulla si era offeso, anzi era rimasto assai edificato della delicatezza ed esattezza nel compito avuto di non aprire la porta in ore indebite.

Il fatto secondo è più buffo, ma non pertanto spiega quanto era amante del silenzio.
Si aveva ricevuto in regalo un grosso gallo d’India (gallinaccio), e lo si teneva nell’interno della casa. Or bene, come avviene per questi animali, di tratto in tratto, dava dei gorgogli di voce da farsi sentire dappertutto: non l’avesse mai fatto. Il servo sopporta la prima, la seconda volta l’insolvenza del bipede piumato, ma vedendo non volerlo zittire neppure nelle ore di silenzio, si alza dalla sua seggiola, va dentro e dà di piglio ad una cesoia, afferra il povero gallo d’India, gli apre per forza il becco e colle cesoie gli tronca la lingua.
Domandato il perché, rispose: che essendo tempo di silenzio non doveva disturbare la comunità coi suoi strilli – cosa che mentre fa ridere, non cessa di attestare in suo favore l’amore che portava al silenzio ed osservanza.

Carico di anni e meriti chiuse gli occhi nel bacio del Signore, e trasportatone il cadavere in chiesa per i funerali, era commovente vedere la gente avvicinarsi alla bara per baciargli i piedi come un santo; tanto si era la venerazione che aveva acquistato ancorché nell’apparenza era un meschino, ma grande dinanzi a Dio.

Nacque a Catanzaro, dove morì di anni 80 nel 1860.

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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.2 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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Il generale Ferdinando Nunziante (1801-1852), fu fedele e devoto al Re Borbone nella repressione dei moti insurrezionali del 1848: in quest'anno si colloca il gustoso episodio che lo mise a confronto con il garzone della comunità di Catanzaro  Nicola Iannone che non gli volle aprire la porta del convento, perché on orario non consentito. Era fratello dell'altro Nunziante, Alessandro, che anni dopo parteggio per i piemontesi e arrivò ad essere abche senatore del Regno d'Italia.
Il generale Ferdinando Nunziante (1801-1852), fu fedele e devoto al Re Borbone nella repressione dei moti insurrezionali del 1848: in quest’anno si colloca il gustoso episodio che lo mise a confronto con il garzone della comunità di Catanzaro Nicola Iannone che non gli volle aprire la porta del convento, perché on orario non consentito. Era fratello dell’altro Nunziante, Alessandro, che anni dopo parteggio per i piemontesi e arrivò ad essere abche senatore del Regno d’Italia.

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