23. I Missionari Redentoristi.
In occasione del terzo centenario della nascita di S. Alfonso Maria de Liguori è opportuno ricordare la sua vita e la sua opera e sentire che il suo spirito vive ancora tra di noi.
Dopo esserci soffermati sui diversi aspetti della vita di S. Alfonso ‑ la sua famiglia, l’influsso del padre, le regole di S. Alfonso nell’esercizio della sua professione di avvocato, la coscienza nella sua Teologia morale, S. Alfonso umanista, la sua presenza missionaria in mezzo ai poveri della città di Napoli, ecc… vorrei descrivere la sua opera più importante, cioèla Congregazioneche lui ha fondato e che è nota con il nome «Redentoristi», Padri e Fratelli Redentoristi.
1. Quanti sono i Redentoristi [1996]
I Redentoristi sono attualmente 5.750: 47 sono vescovi, 4.300 sacerdoti, 12 diaconi permanenti, quasi 700 fratelli laici. E il resto, più o meno 700, sono seminaristi giovani che hanno fatto la professione religiosa e si preparano all’ordinazione sacerdotale. Inoltre ci sono molti giovani che non hanno fatto ancora il noviziato e studiano la filosofia o il liceo.
I Redentoristi vivono in 73 paesi del mondo, nei cinque continenti. Il numero più alto è sempre l’Europa con 2.200, dopo l’America latina con 1.500, America del Nord con 1.000, Asia‑Oceania 800 e Africa 200.
- L’espansione della Congregazione fuori dell’Italia cominciò nel tempo di S. Alfonso con Clemente Maria Hofbauer, una figura molto interessante. Nato nell’attuale Repubblica Ceca l’anno 1751, S. Clemente conobbe i Redentoristi durante il suo pellegrinaggio a Roma nel 1784, quando ancora viveva S. Alfonso. Dopo alcuni mesi di formazione, fu ordinato sacerdote e subito fu inviato da S. Alfonso al di là delle Alpi per fondarela Congregazione. Varsavia e Vienna sono le due città dove Clemente creò le prime comunità redentoriste. La situazione sociale e religiosa che Clemente trovò nell’Europa centrale era molto diversa da quella italiana. Egli capì che la sua missione era predicare il Vangelo in una forma nuova. La violenza e le guerre dell’Europa troveranno il cammino della pace soltanto quando il Vangelo sarà predicato in una forma nuova, diceva lui stesso.
- In Polonia la Congregazioneè cresciuta molto; adesso sono 500 i Redentoristi polacchi, dei quali un centinaio lavora nei paesi di missione, in America latina, Africa e in alcuni paesi dell’Europa dell’est. In Polonia la vita religiosa ha potuto svilupparsi, anche se con tantissime difficoltà.
- In Ucraina, come in tutti i paesi dell’ex Unione sovietica, le congregazioni religiose erano vietate fino all’anno 1989. Per cinquanta anni i Redentoristi erano dispersi, non potevano vivere nelle comunità religiose né lavorare come preti. Quando qualche giovane voleva diventare redentorista, si faceva la formazione in segreto, per timore di essere scoperti. Il vescovo della diocesi di Leopoli Monsignor Sterniuk era redentorista. Dopo la sua ordinazione episcopale, continuò a lavorare come operaio nei giardini della città e dopo come infermiere in un ospedale della stessa città. Anche il suo vescovo ausiliare era redentorista e, allo stesso tempo, era il superiore provinciale. In questi ultimi sei anni sono state ricostruite le case restituite dal governo. Oggi nelle comunità, si è potuto riorganizzare il lavoro pastorale. Tutti i Redentoristi qui sono di rito greco‑cattolico e ci sono molte vocazioni.
- Nella Repubblica Ceca e nella Slovacchia la situazione era in parte simile, ma in parte anche differente. La vita comunitaria era vietata e la formazione dei candidati si faceva anche in segreto. Soprattutto dopo la primavera di Praga dell’anno 1968, alcuni lavoravano come sacerdoti nelle parrocchie. Quando ho visitato questi Redentoristi subito dopo i cambiamenti politici dell’anno 1989, mi dicevano che in una sola giornata, nel mese di aprile dell’anno 1950, avevano perso le 40 case che avevano e tutti erano stati inviati ai campi di concentramento.
- L’Europa dell’Est ha bisogno di una nuova evangelizzazione. C’è molto ateismo, paganesimo o indifferenza religiosa. Questo fatto ci ha spinto a formare delle nuove comunità in altri paesi, per esempio in Bielorussia, dove lavorano attualmente 15 Redentoristi, in Siberia, Russia e Kazachistan, dove abbiamo formato delle piccole comunità missionarie.
2. Cosa fanno i Redentoristi
In breve si potrebbe dire che i Redentoristi cercano di continuare l’ideale di S. Alfonso nel mondo di oggi: continuare nel mondo la vita del Cristo e la sua missione redentrice. Ma è necessario approfondire in cosa consiste l’ideale di S. Alfonso e come si cerca di realizzarlo oggi.
L’ideale apostolico di Alfonso lo troviamo descritto molto bene nella lettera Spiritus Domini del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione del secondo centenario della sua morte. Ecco le parole del Papa: «Sant’Alfonso fu molto amico del popolo, del popolo minuto, del popolo dei quartieri poveri della capitale del Regno di Napoli, degli artigiani e, soprattutto delle gente di campagna. Questo senso del popolo caratterizza tutta la vita del santo, come missionario, come fondatore, come vescovo, come scrittore. Per il popolo egli ripenserà la predicazione, la catechesi, l’insegnamento della morale e della stessa vita spirituale».
Proprio per l’evangelizzazione di questo popolo povero e abbandonato spiritualmente a causa della sua povertà, Alfonso fonda un istituto missionario che ha come scopo: «seguitare l’esempio del nostro Salvatore Gesù Cristo in predicare ai poveri la divina parola». La Congregazione redentorista, dunque, ha la missione di essere presente là dove l’abbandono spirituale della gente è più grave, facendo sempre una opzione prioritaria pastorale per i poveri.
Alfonso mise in pratica anche alcuni metodi pastorali per venire incontro a questo popolo minuto. Un metodo pastorale erano e continuano ad essere in molti paesi le missioni popolari, che sono ben conosciute in Italia. Le missioni sono una forma di apostolato per molti Redentoristi in tutto il mondo.
Ma Alfonso voleva un contatto più permanente con questo popolo abbandonato e povero e la missione non bastava. I Redentoristi dovevano restare sempre vicini al popolo, per cui le prime case della Congregazione furono costruite nei piccoli villaggi. E la gente che aveva ricevuto i missionari e aveva ascoltato la loro predicazione aveva sempre l’opportunità di recarsi nelle case dei Redentoristi per ascoltare di nuovo la parola di Dio, per fare un ritiro spirituale o per ricevere una istruzione catechistica.
Attualmente le nostre attività pastorali sono molto diverse, secondo i bisogni reali del popolo.
I più abbadonati
La prima caratteristica del lavoro dei Redentoristi resta sempre l’opzione per i più abbandonati e per i più poveri. Questo è il mondo scelto da Alfonso.La Congregazione sta facendo una valutazione delle sue opere per verificare se corrispondono o meno a questo ideale. Negli ultimi anni in tuttala Congregazione l’opzione per i poveri, che abitualmente sono anche i più abbandonati spiritualmente, sta crescendo come risposta all’ideale di Alfonso e alle urgenze pastorali della Chiesa.
Da questa opzione nascono le seguenti esigenze:
- ‑ intensificare la nostra presenza fra i poveri ed emarginati, non soltanto condividendo la loro povertà, ma anche i loro dolori e problemi.
- ‑ vivere una vita comunitaria austera e aperta che offra un modello alternativo di vita per coloro che sono indifferenti riguardo ai bisogni degli altri.
- ‑ formare la coscienza dei cristiani secondo la dottrina sociale della Chiesa.
Proprio per i poveri sono sorte negli ultimi dieci anni alcune nuove fondazioni nell’Africa (per esempio Nigeria, Kenya, Ghana, Costa d’Avorio, Congo). Inoltre abbiamo cercato di aumentare il numero dei missionari nei paesi africani dove eravamo già presenti (Burkina Faso, Niger, Zimbabwe).
Le missioni popolari
Dopo più di due secoli e mezzo le missioni popolari continuano ad essere una attività importante per noi. In tutto questo tempo molte cose sono state cambiate. Lo stile di missione è ben differente e si adatta ai bisogni reali delle Chiese locali, come la durata della missione, che può durare due settimane oppure anche durare due o tre anni. La finalità della missione continua ad essere il rinnovamento della fede, la conversione personale e l’impegno del cristiano nella comunità ecclesiale. La missione è un metodo pastorale molto attuale nei cinque continenti del mondo. È un momento importante della vita delle parrocchie, durante il quale si cerca di preparare i laici per poter assumere le loro responsabilità nell’apostolato della Chiesa. I Redentoristi predicano anche ritiri, esercizi spirituali, come faceva anche Alfonso nel suo tempo. In molti paesi abbiamo delle case di accoglienza per quelli che desiderano un tempo di approfondimento nella loro vita spirituale.
La Teologia Morale
Un apostolato tipico anche nella nostra congregazione è la Teologia Morale. S. Alfonso è il patrono dei Moralisti e Confessori. Questo apostolato si esercita nell’insegnamento della Teologia Morale in tre facoltà, l’Accademia Alfonsiana a Roma, l’Istituto di Scienze Morali a Madrid e un altro Istituto di Teologia a San Paolo (Brasile). E si esercita soprattutto nel sacramento della penitenza e nella direzione spirituale che è un bisogno molto grande nella società attuale. Due settimane fa ho visitato una nostra comunità a Trier (Germania) nella quale l’unico apostolato è la pastorale delle confessioni e del dialogo spirituale e la pastorale del telefono. Per molti il telefono offre la possibilità di avere un contatto con un sacerdote e manifestare le loro angosce o problemi.
Abbiamo anche delle parrocchie affidate alla Comunità redentorista, soprattutto come risposta ai bisogni urgenti della Chiesa locale a causa della mancanza del clero diocesano. Quando è possibile, si preferisce gestire una parrocchia per un certo periodo di tempo e, quando la vita della comunità parrocchiale comincia a funzionare bene, lasciamo questa parrocchia per andare ad un’altra.
La Madonna del Perpetuo Soccorso
Un altro apostolato tipico della Congregazione è la devozione alla Madonna del Perpetuo Soccorso. Nel 1866 Papa Pio IX ci affidava l’icona originale della Madonna e ci incoraggiava a farla conoscere in tutto il mondo. Questa Icona si trova nel nostro santuario di Roma, in via Merulana. Dopo aver visitato tanti paesi nei cinque continenti, posso dire che l’Icona del Perpetuo Soccorso non è soltanto conosciuta, ma amata e venerata in tutto il mondo. A Manila, nelle Filippine, ogni mercoledì dell’anno viene praticata la novena alla Madonna, con più di 100.000 partecipanti; a Curitiba (Brasile), ogni mercoledì partecipano alla novena 20.000 persone, a Singapore, il sabato, durante tutto l’anno partecipano alla novena 16.000 persone, di cui il 50 per cento circa non sono né cattolici né cristiani, ma buddisti. Grazie alla novena ogni anno si realizzano tantissime conversioni.
Il lavoro pastorale si adegua alle diverse situazioni pastorali che si trovano nel mondo.
- In tutti i paesi dell’America Latina, nei dodici paesi dell’Africa e in molti paesi dell’Asia, per esempio, i Redentoristi trovano delle situazioni molto simili a quelle che trovò Alfonso nella sua vita. Abbandono spirituale, povertà, sofferenza a causa delle ingiustizie sociali creano un bisogno molto grande di proclamare la redenzione abbondante in Cristo; una redenzione che raggiunge tutto l’uomo, perfeziona e trasfigura tutti i valori umani per ricapitolare in Cristo tutte le cose e tutte condurle al loro fine: una nuova terra e un nuovo cielo.
- Nei paesi dell’Europa, in Canada, in Australia ecc. invece il nostro apostolato ‑ come l’apostolato di tuttala Chiesa‑ si realizza in un contesto sociale ed ecclesiale ben differente. Sono i paesi cosiddetti secolarizzati, che esigono altri metodi pastorali e soprattutto un atteggiamento diverso da parte nostra. A volte non è facile trovare il nostro posto missionario, eppure questo contesto ci invita anche a ritornare al carisma delle origini, a essere vicini alla gente, accoglienti, a formare delle piccole comunità cristiane che diventino lievito per la società. La secolarizzazione è per noi una sfida importante e una nuova opportunità di scoprire l’ispirazione di S. Alfonso per la nostra vita apostolica.
La diversità delle culture
Nell’apostolato dei Redentoristi la diversità delle culture gioca un ruolo molto importante. Le culture con cui abbiamo a che fare appartengono, per esempio, al mondo islamico, buddista, induista, animista, ecc. Essere redentorista nel Niger, un paese dell’Africa occidentale, con 7 milioni di abitanti, dove soltanto 2.500 sono cattolici e il resto sono musulmani è tutt’altra cosa che essere redentorista in Italia o in Spagna. Oltre all’apostolato cambia anche la vita della Comunità redentorista.
Due obiettivi concreti delle attività pastorali sono la collaborazione dei laici e la pastorale dei giovani. Riguardo alla collaborazione dei laici abbiamo istituito la figura del «missionario laico redentorista» che condivide la nostra missione e, in un certo senso, anche la vita comunitaria. Riguardo ai giovani, c’è l’iniziativa di invitarne alcuni a fare per un anno una esperienza di vita comunitaria con noi partecipando anche nell’apostolato.
Per concludere, potrei dire che la Congregazionesi trova presente in tre realtà molto differenti nel mondo: il mondo della secolarizzazione, il terzo mondo e i paesi dell’Europa dell’Est. Dal mondo della secolarizzazione emergono i problemi della fede in una società che si costruisce in parte senza Dio, dal terzo mondo il problema della povertà e dell’ingiustizia che si sente drammaticamente, dall’Europa dell’Est il problema della libertà responsabile che per molti anni non è stata riconosciuta. Benché questi tre problemi siano presenti in tutto il mondo, ognuna di queste tre regioni ci interpella in maniera speciale riguardo alla carenza che è più concreta nella loro vita.
3. Come vivono i Redentoristi
Forse questo avrebbe dovuto essere il primo punto di cui parlare, perché sono convinto che la vita è sempre molto più importante delle attività. D’altra parte è bene lasciare per la fine quello che è il centro del nostro essere. I Redentoristi sono religiosi e vivono nella comunità religiosa, cominciano a formare parte della famiglia redentorista il giorno che fanno la professione religiosa. Questo è il giorno della nostra consacrazione a Cristo. In questo giorno prendiamo per sempre la decisione di seguire il Cristo povero, obbediente e casto, vivendo come lui e facendo quello che lui faceva.
Siamo convinti che evangelizzare non significa soltanto predicare, organizzare dei corsi di rinnovamento ecc. ma significa vivere, testimoniare, offrire alla società attuale un modello di vita diverso, nel quale appare chiaramente che Dio ha il primato su ogni altra cosa. Questo modello di vita deve essere visibile e comprensibile per l’uomo d’oggi, deve essere una sfida permanente e un richiamo a vivere una vita coerente di fede in Cristo, Redentore dell’uomo.
Il primo apostolato è la stessa vita consacrata che ci fa diventare, ogni giorno, strumenti della Redenzione, come ci ha ricordato il Santo Padre nella sua esortazione apostolica dopo il sinodo sulla vita consacrata.
Le comunità
I Redentoristi vivono in comunità, una realtà essenziale per noi: vivere in comunità e svolgere l’attività apostolica per mezzo della comunità. La comunità non è soltanto un luogo dove i religiosi pregano e vivono insieme, ma deve essere in se stessa una proclamazione continua del Vangelo. Chi conosce una comunità religiosa deve sentire che si può realizzare nel nostro mondo l’ideale della fraternità, dell’amicizia, della fede condivisa con gli altri, del servizio reale ecc. come facevano gli apostoli e come faceva la comunità primitiva di Gerusalemme.
C’è una caratteristica comune a tutte le nostre comunità: la vicinanza al popolo, l’apertura e l’accoglienza del popolo, come voleva S. Alfonso.
A Roma abbiamo una comunità di quasi cento persone con uno scopo ben concreto: Facoltà di Teologia Morale, curia generalizia, santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso, giovani sacerdoti che vengono a studiare, ecc.
In molte parti del mondo le comunità sono piccole, di tre o quattro persone, che vivono inserite tra i poveri, condividendo le loro sofferenze e le loro aspirazioni. Recentemente ho visitato l’Angola, un paese dell’Africa che ha vissuto la guerra per molti anni. Le nostre comunità hanno tutte le carenze che ha il popolo angolano e, allo stesso tempo, tutte le qualità di questo popolo semplice e accogliente, con un senso vivo della fede e della preghiera. In questo paese, come in tanti altri, l’opzione per i poveri e per la vita tra i poveri è totalmente spontanea. Non c’è nient’altro da fare. Manca tutto. L’inserzione della comunità nei quartieri più poveri è normale.
In altri paesi, per esempio nell’America latina, le comunità inserite tra i poveri si sviluppano continuamente come opzione volontaria dei religiosi. È una opzione apostolica e pastorale che fa la comunità convinta che l’evangelizzazione dei poveri esige la nostra presenza tra di loro.
Anche nell’Europa abbiamo cominciato alcune nuove comunità nei quartieri poveri delle città. A Brandeburgo, in Germania, quattro Redentoristi abitano in un appartamento e hanno come missione il lavoro con gli emigranti, carcerati o scarcerati che cercano di reintegrarsi nella società, giovani, ecc.
La collaborazione dei laici con le comunità
Per quanto riguarda invece l’iniziativa di dare la possibilità ad alcuni giovani laici di condividere la nostra vita comunitaria e l’apostolato della comunità ‑ un’esperienza che sta cominciando ‑ le comunità di questo tipo sono circa dieci o dodici. Il sinodo sulla vita consacrata e l’esortazione del Papa ci hanno incoraggiato a continuare questa esperienza.
Ma ogni comunità, piccola o grande, in Europa o in Asia, ha il compito di mostrare al mondo cosa significa essere discepoli di Cristo, e di agire come agirebbe lo stesso Cristo oggi, per esempio di fronte al consumismo, in una società che genera sempre più ingiustizie, più povertà, più disuguaglianze e nuovi tipi di schiavitù. La comunità deve illustrare al mondo come si può vivere la comunione con Cristo e con i fratelli nelle nuove situazioni sociali, politiche, culturali ed ecclesiali.
Seguire il Cristo non deve essere soltanto uno sforzo personale, è uno sforzo comunitario. La sequela di Cristo deve essere vissuta e testimoniata nelle circostanze attuali del nostro tempo. Questa è la sfida, non sempre facile, per la vita comunitaria.
I voti religiosi continuano ad avere un valore profetico nelle società secolarizzate. Il futuro dipenderà anche da quanto saremo in grado di incarnare nella cultura moderna i voti tradizionali di castità, povertà, obbedienza come comportamenti di fondo critici e liberatori. Non è soltanto nell’Africa o nell’Asia, ma anche nell’Europa che la vita religiosa deve interpretare e vivere i consigli evangelici in modo tale che siano riconosciuti, nella società di consumo, come mezzi per diventare esseri umani liberi e maturi e come servizio al Regno di Dio e alla sua giustizia.
Non dobbiamo vedere i nostri voti principalmente come un obbligo ad evitare qualcosa, ma come un nuovo incoraggiamento a osare, a rischiare di più per il Regno di Dio, a diventare segni di solidarietà con le vittime della storia con coloro che sono poveri di vita e di speranza.
L’aspetto vocazionale
In conclusione vorrei soffermarmi su un compito molto concreto che hanno i Redentoristi, come tutte le congregazioni religiose e le diocesi del mondo: la formazione dei giovani che si sentono chiamati da Dio a una vita consacrata per la missione del nostro Istituto Religioso.
Come ho già accennato i giovani professi in formazione sono attualmente settecento. I giovani non ancora professi, ma che hanno iniziato la loro formazione per diventare Redentoristi sono ancora di più.
Nell’America latina, nell’Africa, nell’Asia e nell’Europa dell’Est, le vocazioni per la vita religiosa aumentano e la Congregazione cresce sempre, mentre sono in diminuzione quelle nell’America del Nord, Europa occidentale, Oceania. Proprio in questi paesi più difficili il lavoro pastorale con i giovani e per i giovani si è sviluppato molto.
Un lavoro pastorale è sempre un lavoro vocazionale, perché ogni cristiano ha una vocazione da svolgere nella comunità ecclesiale. Può essere che la sua vocazione sia la vita consacrata o sacerdotale o l’impegno apostolico come laico nel matrimonio. Alle volte mi sembra che abbiamo paura di fare delle proposte concrete e dirette ai giovani perché riflettano anche sulla vocazione religiosa, ascoltando la voce di Dio nella preghiera e nel silenzio e aiutandoli a essere radicalmente generosi nella sequela di Cristo.
Mi è capitato un fatto curioso in Giappone, dove la percentuale di cattolici è molto bassa, circa lo 0,3 per cento della popolazione. Le nostre parrocchie gestiscono sempre un asilo per i bambini. Dei trecento bambini che vengono all’asilo ogni giorno forse tre o quattro sono cattolici, tutti gli altri sono buddisti o shintoisti. Un giorno visitai un tempio dove conobbi un monaco sposato, con due figli. Venni a sapere che, nonostante lui avesse un asilo per bambini, i suoi bambini frequentavano l’asilo dei Redentoristi. Gli domandai allora perché mandasse i suoi figli dai Redentoristi, dovendo pagare? La sua risposta fu questa: perché i Redentoristi insegnano molto bene ai bambini a pregare.
Mi auguro che questo sia anche vero per tutti i Redentoristi del mondo. Come figli di S. Alfonso, dottore della preghiera, siamo invitati a pregare e a condividere la nostra preghiera con tutti, a imparare a pregare e ad insegnare a pregare. Questa è una sfida permanente per tutti noi, abbiamo bisogno di contemplare e di lodare Dio, di saper accettare la sua volontà in ogni momento della nostra vita come l’ha fatto il Cristo che poteva dire: il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha inviato.
Termino con la preghiera del Santo Padre per i religiosi che si trova alla fine della sua esortazione apostolica La Vita Consacrata: «A te, Madre, che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico dei tuoi figli e figlie nella risposta d’amore e di dedizione totale a Cristo, rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera. Tu, che hai fatto la volontà del Padre, pronta nell’obbedienza, coraggiosa nella povertà, accogliente nella verginità feconda, ottieni dal tuo divin Figlio che quanti hanno ricevuto il dono di seguirlo nella vita consacrata, lo sappiano testimoniare con una esistenza trasfigurata, camminando gioiosamente con tutti gli altri fratelli e sorelle, verso la patria celeste e la luce che non conosce tramonto. Te lo chiediamo perché in tutti e in tutto sia glorificato, benedetto e amato il Sommo Signore di tutte le cose che è Padre, Figlio e Spirito Santo».
da Roma 13 giugno 1996
P. Juan Manuel Lasso dela Vega y Miranda