Ha dato se stesso per noi

12. Cristo ha dato se stesso per noi
Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi (Ef 5,2).

Ecco il tuo tempo, il tempo dell’amore… E sei diventata di una bellezza straordinaria (Ez 16,8.13 Vg).
Noi cristiani quanto dobbiamo al Signore, che ci ha fatti nascere dopo la venuta di Gesù Cristo! Il nostro non è più un tempo di timore, come quello degli Ebrei, ma è un tempo d’amore, avendo visto un Dio morto per la nostra salvezza e per farsi amare da noi.
E’ di fede che Gesù ci ha amati e che si è offerto alla morte per amore nostro: Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi (Ef 5,2). Chi mai avrebbe potuto far morire un Dio onnipotente, se egli stesso volontariamente non avesse voluto dar la vita per noi? Io offro la mia vita… Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso (Gv 10,17-18).
Perciò san Giovanni annota che Gesù nella sua morte ci diede la prova estrema del suo amore: Dopo aver amato i suoi… li amò fino alla fine (Gv 13,1). Gesù nella sua morte ci diede il segno più grande del suo amore, oltre il quale non poteva andare, per mostrarci quanto ci amava. […]

Il beato Dionigi Certosino dice che la passione di Gesù fu chiamata “eccesso” (cf. Lc 9,31), perché fu un eccesso di pietà e di amore. Quale fedele potrebbe vivere senza amare Gesù Cristo, se meditasse spesso la sua passione? Le piaghe di Gesù, dice san Bonaventura, essendo piaghe d’amore, sono frecce che feriscono i cuori più duri e fiamme che accendono le anime più fredde: “O piaghe, che ferite i cuori di pietra e infiammate le anime fredde!”

Un giorno il beato Enrico Susone, per imprimersi maggiormente nel cuore l’amore verso Gesù sofferente, prese un coltello e si incise sul petto il nome del suo amato Signore. Poi, ancora bagnato di sangue, andò in chiesa e, prostrato davanti al Crocifisso, gli disse: “Signore, unico amore dell’anima mia, guarda il mio desiderio: io avrei voluto scriverti più dentro, sul mio cuore, ma non posso. Tu, che puoi tutto, supplisci quello che manca alle mie forze e imprimi il tuo nome adorato nel profondo del mio cuore, in modo che non si cancelli più in esso né il tuo nome né il tuo amore”. […]

Oh, se tutti gli uomini pensassero all’amore che Gesù ci ha mostrato nella sua morte, chi mai potrebbe non amarlo? Egli, dice l’Apostolo, è morto per noi, per divenire padrone dei nostri cuori, grazie all’amore dimostratoci con la sua morte: Per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Rm 14,9.8). Sia che moriamo, sia che viviamo, è giusto che siamo totalmente di Gesù, che ci ha salvati a caro prezzo.
Bisognerebbe poter dire come l’innamorato sant’Ignazio martire, (1)  che ebbe la sorte di dar la vita per Gesù Cristo: “Vengano pure su di me il fuoco, la croce, le bestie e tutti i tormenti, purché io raggiunga e goda Gesù Cristo!”

Caro Signore, tu sei morto per acquistare l’anima mia, e io cosa ho fatto per acquistare te, bene infinito? Gesù mio, quante volte ti ho perduto per niente! Io, misero, sapevo che col mio peccato perdevo la tua grazia; sapevo di amareggiarti, eppure l’ho fatto! Mi consolo di aver a che fare con una bontà infinita che dimentica le offese, quando un peccatore si pente e lo ama. Mio Dio, mi pento e ti amo. Perdonami e d’ora in poi domina su questo mio cuore ribelle. Io te lo consegno e mi dono interamente a te. Dimmi quello che vuoi, ed io lo voglio fare. Sì, mio Signore, ti voglio amare e fare la tua volontà: dammi la forza di farlo.
(da L’Amore delle Anime,  XVI,1-3).


[1] Ignazio, dopo essere stato per 40 anni vescovo di Antiochia in Siria, nel 107 fu condotto a Roma per essere gettato alle belve nell’anfiteatro Flavio (Colosseo) durante i giochi pubblici. Lungo il viaggio scrisse sette stupende lettere, traboccanti di amore per Cristo e di desiderio del martirio.