19 – Il servo di Dio Giuseppe Maria Leone
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 24-mag-1829
- Morte = 09-ago-1902
- Professione = 23-mar-1851
- Sacerdote = 11-dic-1854
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
Il servo di Dio Giuseppe M. Leone nacque in una onesta famiglia a Trinitapoli di Puglia il 25 maggio 1829. I genitori alimentarono in lui, con un’ottima educazione, le prime fiammelle di pietà ed egli, di carattere mite, assecondandoli, preferì attendere più alle cose sacre che ai giochi.
In casa apprese, da fanciullo, i rudimenti della cultura, poi, giovinetto, nel seminario di Trani seguì gli studi più impegnativi, teso all’acquisizione delle virtù e del sapere. Per seguire più da vicino le orme di Cristo Redentore, nel 1849 entrò nell’Istituto di S. Alfonso. Fin dal noviziato, cominciato a Ciorani, rispose alle attesea di tutti; ma poi, tormentato da una lunga malattia, per poco non fu costretto a tornare a casa.
Infatti, il Superiore Generale dell’istituto e i suoi consiglieri, vedendolo di giorno in giorno sempre più malato, restarono a lungo incerti se egli potesse essere ammesso o no alla professione e avrebbero espresso parere sfavorevole, se il maestro dei novizi, che conosceva bene la virtù del suo soggetto, non ne avesse difeso la causa. Così il 23 marzo 1851 poté professare la 4regola liguorina. E subito dopo, passato agli studi, brillò tra tutti per il desiderio di riuscire e per lo zelo della pietà.
Aggravandosi la malattia, su consiglio dei medici fu mandato a Vallo della Lucania per riprendersi in un clima più salubre. Ma il soggiorno non ebbe i frutti desiderati, perché la malattia non attenuò la sua virulenza. Egli finalizzò al bene della sua anima questa circostanza: infatti, consapevole di dover interrompere gli studi letterari, si impose di dedicare agli esercizi di pietà il tempo sottratto al sapere.
Da questa decisione, mantenuta con diligenza e senza interruzione, ne ricavò un incredibile profitto per la vita spirituale. Sempre paziente anche nella sofferenza, immerso in Dio, pervaso dal desiderio di santità, fece di tutto per non tralasciare la regola neppure nei punti minimi o trovare ostacoli nel cammino della perfezione. Con questa regola di vita sviluppò a poco a poco un forte amor per Gesù e ad esso affiancò quello tenerissimo perla Vergine.
Ricevette il sacerdozio l’ 11 dicembre 1854: da quel momento non visse più per sé, ma per Dio e perla Congregazione. Resistendoalla malattia, partecipò con gli altri padri alle sacre missioni. Ognuno può comprendere con quanto vantaggio per le anime le abbia svolte dal fatto che ancora oggi tutti ricordano il suo fervore nel predicare, il suo amore nell’accogliere i penitenti. In diverse città e villaggi si giura che egli ottenne incredibili conversioni di persone perdute. In particolare si elogia la sua straordinaria capacità di tenere prediche ai chierici e alle suore.
Quando le case religiose furono soppresse dalle leggi eversive, nel 1865 fece ritorno a Trinitapoli, nella casa paterna, dove fu prodigo di aiuti spirituali a tutti. Teneva predicazioni, trascorreva molte ore al confessionale, dirigeva pie associazioni; aiutava le monache nell’ascesi alla sanità. E non si deve tacere che faceva tutto questo con tale scienza che tutti, anche i più sapienti, ne restavano meravigliati. Richiesto donde egli attingesse tanta sapienza, rispondeva: “Ai piedi di Gesù crocifisso”.
Nel 1880, dopo la restituzione delle case alla Congregazione, si trasferì ad Angri e qui si preoccupò dell’educazione della gioventù, dell’amministrazione del patrimonio e del governo della comunità.
Frattanto la fama della sua santità si diffuse in lungo e in largo. Moltissime persone, di ogni condizione sociale e anche da zone lontane, venivano da lui e lo consideravano un angelo disceso dal cielo. Pubblicò molti opuscoli che suscitavano e alimentavano in modo straordinario l’amore per Cristo e la sua Madre. Aiutò e sostenne soprattutto il sacro tempio di Pompei dedicato alla Regina del SS. Rosario e tutte le pie opere annesse al Santuario. Il loro famoso fondatore Bartolo Longo e la sua illustre consorte, che l’avevano per direttore di coscienza, ammettono con schietta sincerità che riuscirono bene tutte le opere compiute per consiglio e approvazione del servo di Dio; male tutte quelle che non ebbero la sua approvazione.
Alla fine, carico di meriti si addormentò nel Signore ad Angri il 9 agosto 1902. Il suo funerale fu come un trionfo.