Fratello Gaetano Giammarino (1885-1954) – Italia.
Il 30 agosto 1954, moriva improvvisamente a Capri, il Fratello Gaetano Giammarino. Era nato a Torre Annunziata il 16 marzo 1885, e risiedeva a Pagani.
Anch’egli fu della scuola del santo Sacerdote don Pasquale Dati. Apprese tanto rispetto e quasi un sacro terrore per la dignità del Sacerdote che, entrando nell’Istituto di S. Alfonso, preferì di essere Fratello Coadiutore.
Fu per molti anni instancabile collaboratore dei nostri Missionari in Calabria.
Per circa 15 anni curò la spedizione della Rivista S. Alfonso, coll’ordine e l’esattezza, che erano le sue caratteristiche più spiccate. Tra le sue doti: quella di sarto espertissimo nella confezione dei nostri abiti.
S. ALFONSO, anno 1954, pag. 144.
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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
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Altro Profilo
Fratello Gaetano Giammarino
di Domenico e Cirillo W Luigia.
Nato a Torre Annunziata (Dioc. di Nola e Prov. di Napoli) il 16.3.1885 = Prof. 24.12.1911 = + a Capri 31.8.1954. Assegn. Pagani.
Faticoso itinerario provato col fuoco:
- Entrò fra noi postulante nel 1901.
- Nel 1922 a Pagani.
- Nel 1924 a Teano (con Francesco Sc.).
- Nel 1927 a Napoli (con Pasquale A. e Achille M.).
- Nel 1936 a Pagani (con Peppino, Giuseppiello, Ciccillo, Biagio, fino al decesso 1954).
“Fin da ragazzo frequentò la Congregazione, fondata dal santo Sacerdote D. Pasqualino Dati, addetto all’insegnamento del Catechismo ai fanciulli e nella loro preparazione alla 1ª Comunione. Quel sacerdote molti ne avviò per lo stato relgioso. Questo fratello preferì la nostra Congregazione. Fu assegnato a Ciorani, ove esercitava l’ufficio di sarto con grande bontà e abnegazione, riuscendovi in modo eccellente.
Dopo qualche tempo, non potendo sopportare un Superiore troppo esigente e impetuoso, ritornò a casa sua. Ma non riuscendo a cancellare il grande trasporto verso la Congregazione Liguorina, di nuovo bussò alla porta di Angri, ove conosceva il Sup. P. Francesco Pisani, quando stavano a Ciorani. Andarono insieme dal P. Provinciale Jacovetti a Pagani ed ottennero la riammissione e fu assegnato a Lettere.
Dopo fu trasferito a Ciorani per la Vestizione e 1° Noviziato. Era sempre vivace e sempre l’anima della conversazione, per il suo carattere aperto, scherzevole, lepido.
In ogni occasione sapeva far trionfare la carità fraterna, specialmente nella sacristia di Napoli, nell’accontentare con competenza tutti i confratelli che raccomandavano le faccende di ogni Comunità, senza mai negarsi” (F.M.F.).
Aveva frequentate le scuole ginnasiali. Nei tratti familiari era nobile in tutto quello che ci serviva. Si presentava molto per bene, elegante nel parlare e correttamente anche nello scrivere. Da soldato nella guerra 1915/18 fu assegnato in Sanità al “Sales” coi Padri Pascale T., Toglia G., Sac. Risi Francesco Arciprete di Torella, mostrandosi all’altezza dei sacerdoti. La mattina diceva “Vado a Messa” fraintendendo!..
Nel 1922, una sera, mi disse caritatevolmente: “Il Rettore (P. Petrone) è dispiaciuto che non siete andato a salutarlo in camera! Era vero. Lo avevo salutato in corridoio e poi facevo tutte le cose con l’intesa del Provinciale. Imparai a trattare il Rettore del Collegio anche a Pagani, ove il Provinciale sopprime questa autorità autonoma. È stata per me una bella scuola e gliene sono grato. Ha diretto. per molti anni il Periodico “S. Alfonso” nell’amministrazione e nella veste tipografica. Curava la contabilità degli oggetti di devozione per le Missioni, con esattezza e competenza… Il Triennio del Procuratore Prov. P. Jacovino G. è stato amministrato e diretto in tutto da lui, facendo conti, spese, viaggi ecc., sottomesso sempre al Procuratore.
“Facevamo la partita alla scopa” insieme, scopando entrambi dal Coro alla Cucina. Era uno scherzo anche questo per poterci riscaldare e fomentare l’affetto fraterno.
La prova del Signore venne sopra di noi due, incredibile, che ci sbandò e ci divise!.
Di ritorno da Salerno col P. Vito De Ruvo, questi mi pregò di andare subito a Napoli col Fr. Gaetanino, che stava grave, a giudizio del nostro medico. Subito lo accompagnai a Villa Rosa, al Vomero, ove stava un chirurgo importante di Torre Annunziata. Lo attendemmo e constatò, con altri medici, la gravezza del male. Stabilì l’operazione alle ore 4 del mattino seguente. Non potendo versare denaro, sprovvisti come eravamo, promisi che sarei ritornato la mattina presto, e pei denari e per assisterlo. Ritornato a Pagani ad ora tardi, trovai un diabolico malinteso da parte del Rettore, indignato, perché le cose si facevano in sua assenza, di pochi giorni. Dissi al Provinciale di mandargli le L. 14.000 da lui prestateci per i crediti della Basilica in Ricostruzione. Egli però rispettoso del Rettore disse categoricamente di non immetterci nei loro affari. Lo consigliai di andare lui stesso, giacché a me era stato proibito assolutamente di trattarci; e di mettere le cose a posto secondo giustizia.
Ma fu tutto inutile ed il povero Fratello si trovò tutto solo, abbandonato e a letto dopo l’operazione. Nessuno in clinica sapeva spiegare il mistero dell’abbandono, finché qualche suo parente, chiamato, vi andò, rimproverando il modo rozzo e spensierato di noi.
Le mie proteste non valsero a nulla, se non a caricare sul povero operato, ammalato e ricoverato di urgenza tutto il suo giusto rancore sopra di me innocente!..
A Pagani (dopo la mia partenza 2.2.1942) la sua infaticabile operosità si illanguidiva progressivamente negli ultimi anni. Solo potevano comprenderlo chi conosceva le sue vicende e malori, che egli nascondeva a tutti, preferendo la Volontà di Dio e l’intervento del Cielo.
La malattia nascosta lo andava sempre minando nella sua robusta fibra. Portandosi col caro Fratello Raimondo all’Isola di Capri per un giorno di svago, si sedette su un muricciuolo pronunziando queste due ultime parole “Mi sento male” e cadde come umile soldato in battaglia, colpito dal suo male proditoriamente: compianto da quelli che hanno conosciuto e ammirato il suo continuo eroismo caritativo religioso di tutta la sua vita e verso ciascuno di noi, suoi confratelli.
Fratello, perdonami: ero anch’io prigioniero!
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da Ricordo di fraterni amici
del P. Francesco Santoli
Tipolitografia Irpina, Lioni 1980
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