13. Gesù continua ad amarci
Cristo non cercò di piacere a se stesso (Rm 15, 3)
Con la sua morte Gesù non ha finito di amarci: egli ci ama e ci va cercando con lo stesso amore con cui venne dal cielo a cercarci e a morire per noi.
E’ celebre la finezza d’amore che il Redentore dimostrò a san Francesco Saverio allorché questi, viaggiando per mare, durante una tempesta un’onda gli portò via il Crocifisso. Quando poi la nave giunse a riva, mentre stava sulla spiaggia, pensando all’immagine perduta del suo amato Signore, il Santo vide un granchio venire verso di lui con il Crocifisso inalberato tra le branche. Egli allora gli andò incontro e, con lacrime di commozione e d’amore, lo prese e se lo strinse al petto (1). Con quanto amore Gesù va incontro a chi lo cerca, quando lo cerca con vero amore!
Ma come possono pensare di avere questo vero amore coloro che ricusano le croci inviate loro dal Signore? Cristo non cercò di piacere a se stesso (Rm 15,3). Cornelio a Lapide commenta: “Cristo non servì la propria volontà e i propri comodi, ma li mise a disposizione, insieme con la propria vita, per la nostra salvezza”.
Gesù per amore nostro non cercò piaceri terreni, ma le pene e la morte, benché fosse innocente. Noi, invece, cosa cerchiamo per amore di Gesù?
Un giorno san Pietro martire, mentre era in carcere per un’ingiusta accusa, si lamentava dicendo: “Signore, ma che cosa ho fatto per dover patire questa persecuzione?” Il Crocifisso gli rispose: “E io che male ho fatto, per finire su questa croce) (2).
Mio caro Salvatore, tu dicesti: “Che male ho fatto?” Ci hai amato troppo, soffrendo tanto per noi. E noi, che meriteremmo l’inferno per i nostri peccati, ricuseremo di patire quello che tu vuoi per il nostro bene?
Gesù mio, tu sei tutto amore con chi ti cerca. Io cerco solo te e la tua volontà. Donami il tuo amore, e poi trattami come ti piace. Abbraccio tutte le croci che mi manderai: povertà, persecuzioni, malattie, dolori.
Liberami dal male del peccato, e poi mandami pure ogni altro male. Tutto sarà poco in confronto dei mali che tu hai sofferto per amore mio.
(da L’Amore delle Anime, XVI,4)
[1] Questo episodio, narrato da G. Massei, Vita di san F. S, Roma 1682, è stato l’argomento principale del processo tenutosi a Cebu (Filippine) dal 1606 al 1613, e servì ad affrettare la beatificazione del Santo che fu, in qualche maniera, ritardata dalla beatificazione di Ignazio di Loyola, che doveva avere la precedenza, trattandosi del fondatore della Compagnia di Gesù (cf. Bibliotheca sanctorum, Roma 1965, V, col. 1232). Francesco Saverio fu beatificato nel 1619 e canonizzato nel 1622, insieme con Ignazio, Filippo Neri, Teresa d’Avila e Isidoro l’agricoltore.
[2] Di martiri con il nome di Pietro ce ne sono molti: a quale di essi si riferisce sant’Alfonso? Egli parla di san Pietro di Verona, primo martire dell’Ordine dei Predicatori e terzo grande santo domenicano, dopo san Domenico e san Tommaso d’Aquino. Nato nel 1205 a Verona da genitori catari, combatté contro questi eretici, i quali ordirono un complotto fissando un premio per il suo assassinio. Fu ucciso con un colpo di scure sulla testa insieme al suo compagno nella boscaglia presso Seveso (MI) nel 1252. Sant’A. ricava l’episodio dalla Vita del martire, scritta da Tommaso da Lentini.