Gesù al letto del malato

19.Gesù si è accostato al letto del malato

Sorgerà il sole di giustizia e i suoi raggi porteranno la guarigione (Ml 3,20 Vg). Il nostro medico verrà a sanare gl’infermi, disse il Profeta, e sarà come il sole che, apparendo all’orizzonte, subito manda la sua luce fino all’altro polo. Ora il nostro Salvatore è già venuto. Consoliamoci e ringraziamolo. Dice sant’Agostino: “E’ disceso… fino al letto del malato”; vale a dire, sino a prendere la nostra carne; infatti i corpi sono come i letti delle nostre anime inferme[1].
Gli altri medici, per quanto amino i loro malati, cercano sì di mettere tutta la cura per gua­rirli; ma quale medico, per guarire il malato, assume la sua malattia? Gesù Cristo è stato il solo medico che, per guarirci, si è caricato delle nostre infermità.

Non ha voluto mandare altri, ma è venuto egli stesso a compiere quest’opera pietosa per guadagnarsi tutto il nostro amore: Egli si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori (Is 53, 4). Ha voluto sanare le nostre piaghe col suo medesimo sangue, e con la sua morte liberarci dalla morte eterna a noi dovuta. Insomma egli ha voluto prendere l’amara medicina di una vita di continue pe­ne e di una morte acerba, per ottenerci la vita e liberarci dai nostri mali. Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato? (Gv 18,11), egli disse a san Pietro. Fu dunque necessario che Gesù Cristo abbracciasse tante ignominie per guarire la nostra superbia, una vita povera per guarire la nostra cupidigia, un mare di pene, sino a morire di puro dolore, per guarire la nostra avidità dei piaceri dei sensi.

Preghiera

Sia sempre lodata e benedetta la tua carità, o mio Redentore! Che cosa sarebbe dell’anima mia, malata e afflitta dalle piaghe delle mie colpe, se non avessi te, Gesù mio, che mi puoi e mi vuoi guarire? Sangue del mio Salvatore, confido in te: lavami e guariscimi. Mi pento di averti offeso. Per dimostrarmi l’amore che mi porti, tu hai fatto una vita tribolata e una morte amara. Vorrei anch’io dimostrarti il mio amore: ma cosa posso fare io, misero infermo e tanto debole? O Dio dell’anima mia, tu sei onnipotente, tu puoi guarirmi e farmi santo. Accendi in me un grande desiderio di piacerti.

Rinuncio a tutte le mie soddisfazioni, per com­piacere te, mio Redentore, che meriti di essere compiaciuto ad ogni costo. O sommo bene, io ti stimo e ti amo più di ogni bene: fa’ che io ti ami con tutto il cuore e che ti domandi sempre il tuo amore. In passato ti ho offeso e non ti ho amato, perché non ti ho domandato il tuo amore. Ora te lo chiedo, insieme alla grazia di chiedertelo sempre. Esaudiscimi per i meriti della tua passione.

O Madre mia Maria, tu sei sempre pronta ad esaudire chi ti prega; tu ami chi ti ama. Io ti amo, Regina mia: impetrami la grazia di amare Dio, e non ti domando più nulla.

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da Novena del Santo Natale,  Avvento, 17.

Schmalzl M., Morte di S. Giuseppe - Disegno da Epistolae et Evangelia, 1884 (Raccolta Marrazzo)


[1] “Il genere umano è malato non a causa di una malattia fisica, ma per i peccati. Su tutta la terra da Oriente a Occidente sta disteso un gigantesco malato. Per guarire questo grande malato è disceso dal cielo il Medico onnipotente. Si è abbassato fino a prendere la carne mortale, accostandosi al letto del malato” (Discorso 87,11).