In memoria di P. Antonio Fazzalari redentorista (1945-2017) – Italia.
Carissimi,
con la presente condivido con voi il dolore per la scomparsa repentina del P. Antonio Fazzalari (1945-2017), deceduto alle 9,30 di lunedì 13 novembre 2017.
La morte di questo confratello è avvenuta in modo a dir poco singolare: si era recato insieme al nostro oblato Michele Russo presso uno studio medico per un normale prelievo di sangue. Aveva guidato lui l’auto, e già la mattina – al Superiore P. La Ruffa che l’aveva interrogato in proposito – aveva asserito di sentirsi bene. Una volta nello studio in attesa del prelievo, P. Antonio si è come assopito. Chiamato più volte dal medico, egli non ha dato segno di risposta. Al tastargli il polso, questo risultava ormai senza più segni di vita, mentre il corpo era intriso di sudore. Il decesso era stato causato da un arresto cardiaco fulminante. La spiegazione più plausibile è che una eventuale anomalia cardiaca precedente era stata resa silente dal diabete, di cui il confratello soffriva.
I funerali si sono svolti nella nostra chiesa di Tropea al mattino del 15 novembre, per permettere l’arrivo dei parenti dalla Francia e dal Nord Italia. La celebrazione è stata presieduta da Mons. Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, con grande affluenza di pubblico e un elevato numero di presbiteri diocesani, religiosi e religiose. L’emozione di tutti era tangibile, anche se è prevalso il clima di preghiera.
In seguito, interpretando il desiderio espresso talvolta dal confratello, la salma è stata traslata a Pagani, dove P. Antonio aveva speso anni del suo servizio da Redentorista. Giunta e collocata in Congrega dal pomeriggio del giorno 15, la salma è stata poi portata in Basilica la mattina dopo per un secondo rito di esequie, cui è seguita la tumulazione nella cappella cimiteriale di Pagani. Anche alla liturgia del 16 hanno partecipato fratelli e sorelle di P. Antonio, oltre a numerosi confratelli e ai novizi, e molti fedeli e amici.
Oltre che dal cero pasquale, un momento di tanto dolore è stato illuminato dalla Parola di Dio. Le esequie di Pagani hanno avuto come icona di riferimento il discorso di Gesù a Cafarnao, e precisamente il passaggio di Giovanni 6, 37-40, dove il Figlio dichiara la volontà chiara, determinata, forte, e in un certo senso invincibile del Padre: “questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno”. Questa certezza segna il cammino del credente, e gli permette di affrontare con fiducia il succedersi dei giorni feriali e festivi che Dio gli dà di vivere, incluso il passaggio inquietante della morte.
Per come l’ho conosciuto, P. Antonio ha fondato la sua vita su questa fiducia: che niente e nessuno l’avrebbe strappato dalle mani del Padre. Questa certezza ha fatto da fondamento alla sua vocazione, quella che da giovane l’indusse a lasciare casa per approdare nell’aspirantato Redentorista.
Egli era nato a Cittanova (RC) il 19 ottobre 1945, sesto di nove figli, di cui cinque femmine e quattro maschi. Aveva dunque compiuto da meno di un mese 72 anni. Il 29 settembre 1964 emise la sua prima professione a Ciorani, il 21 novembre 1969 quella perpetua. Dopo un anno di diaconato speso a Pagani, fu ordinato presbitero il 5 agosto 1973 a Colle Sant’Alfonso.
Conseguita la licenza in teologia morale nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (sezione san Luigi) in Napoli, dal 1974 fece parte della comunità di S. Andrea Jonio, e dal 1981 di quella di Tropea, di cui fu superiore dal 1987 al 1993, e poi economo fino al 1996. Questo è il periodo in cui P. Antonio si diede costantemente alla predicazione di missioni popolari, tridui, novene ecc.
Dopo un triennio (1996-1999) speso a S. Andrea Jonio, rivestì per sei anni (1999-2005) l’incarico di superiore a Pagani, per poi fare da sacrista a Materdomini (2005-2008). Dal 2008 ad oggi è stato sempre a Tropea: prima come Superiore e Vicario parrocchiale (2008-2014) e poi come membro di comunità, impegnato soprattutto nella accoglienza di ospiti.
Con P. Antonio perdiamo un missionario generoso, un confratello gioviale e un amico della gente. Rimpiangeremo la sua figura perché – diciamolo pure – non era difficile volergli bene. Permettetemi di metterne in luce alcuni aspetti, che per uno che ha detto “sì” a Cristo nella vita apostolica e nel sacerdozio, sono piuttosto dei riflessi della luce del Redentore sulla sua esistenza.
La prima dimensione di questa figura mi piace ravvisarla nella serenità che guidava i suoi giorni. P. Antonio era tutt’altro che un tipo ansioso o apprensivo. Era bravo a sdrammatizzare. Riusciva a catalizzare le tensioni, e a “smontarle”. Dava l’impressione di una certa flemmaticità, negli ultimi anni favorita dall’appesantirsi della costituzione fisica e da un graduale “lasciarsi andare” nella cura della salute. Ma essa si radicava in una bonomia di fondo, e questa a sua volta nella certezza che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28).
Un secondo riflesso del mistero di Cristo sul passaggio di P. Fazzalari su questa terra lo vedo nel suo animo missionario. Non intendo solo quello espresso nella predicazione straordinaria, che – a suo dire – gli aveva procurato tante umane soddisfazioni. Mi riferisco alla sua “stoffa” di uomo che lo portava ad avvicinare in modo semplice la gente, e a catturarne la simpatia dal primo approccio. Tanti, al duplice rito esequiale, lo ricordavano così.
Infine, avvalendomi soprattutto degli anni condivisi con lui nello studentato oltre che di tante altre occasioni in seguito, posso dire che P. Antonio era un confratello con cui era piacevole stare. Dotato di un naturale umorismo, favoriva facilmente l’ilarità soprattutto quando era forte la tentazione di prendersi troppo sul serio. Aveva i suoi hobby, tra cui buon ultimo avevo scoperto l’amore per la musica leggera italiana. Perché “mi permette di capire meglio la gente e di usare il suo stesso linguaggio”, diceva.
Sono certo che la sua giovialità e la sua bonomia P. Antonio le esporterà in paradiso, un bel posto da dove meglio si capisce che ci facciamo solo del male, quando ci prendiamo troppo sul serio.
Affidiamo la sua anima al Signore, sicuri che “le sue misericordie non sono finite, non è esaurita la sua compassione; esse son rinnovate ogni mattina, grande è la sua fedeltà” come diceva la prima lettura del rito di Pagani (Lam 3,22-23). La Madonna del Perpetuo Soccorso, sant’Alfonso e san Gerardo, presso i cui santuari P. Antonio ha lavorato, lo accompagnino verso l’abbraccio eterno del Padre.
P. Serafino Fiore cssr
Superiore Provinciale
Prot. P133/2017
Ciorani, 16 novembre 2017
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