14. L’ETERNITA’ DELLE PENE
Nell’inferno non c’è una fine: si patiscono tutte le pene, e tutte sono eterne. Passeranno cento anni, ne passeranno mille, e l’inferno comincerà allora; passeranno centomila, cento milioni, mille milioni di anni e di secoli, e l’inferno sarà da capo.
Se un angelo in questo momento portasse a un dannato la notizia che Dio vuole liberarlo dall’inferno soltanto quando saranno passati tanti milioni di secoli quante sono le gocce d’acqua, le fronde degli alberi e i granelli di sabbia del mare e della terra, tu ti spaventeresti. Invece il dannato a questa notizia farebbe più festa di quanto la faresti tu nel venire a sapere che ti hanno fatto re di un grande regno. Allora infatti il dannato direbbe: “E’ vero che devono passare tanti secoli, ma alla fine verrà il giorno in cui questi tormenti finiranno!”.
Invece tutti questi secoli passeranno, e l’inferno sarà da capo; tutti questi secoli si moltiplicheranno tante volte, quante sono i granelli di sabbia, le gocce, le fronde, e l’inferno ricomincerà da capo.
Ogni dannato farebbe questo patto con Dio: “Signore, accresci quanto ti piace la mia pena, prolungala quanto vuoi; basta che le metta un termine, e io sono contento”. Invece questo termine non ci sarà mai.
Potesse almeno, il povero dannato, ingannare o illudere se stesso, dicendo: “Chissà, forse un giorno Dio avrà pietà di me e mi toglierà dall’inferno!”. Invece no. Il dannato si vedrà sempre scritta davanti la sentenza della sua eterna dannazione, e dovrà dire: “Tutte queste pene che ora patisco, questo fuoco, questa malinconia, queste grida, non finiranno mai, mai! Esse dureranno sempre, sempre!”.
O inferno! Come? Gli uomini credono che esisti, e tuttavia peccano e continuano a vivere in peccato? (da Massime Eterne, VII, 1)