43 – Il servo di Dio P. Edouard Huchant
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 08-feb-1815
- Morte = 30-lug-1888
- Professione = 24-mag-1845
- Sacerdote = 22-mag-1842
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
In un villaggio della diocesi di Tournais, detta in francese Montigny sur-Sambre l’8 febbraio 1815 vide la luce il servo di Dio Eduardo Huchant. Dotato di un carattere docile e intelligente, rispose ottimamente alle attese del maestro di scuola e dei genitori e non fu secondo a nessuno dei compagni né per pietà né negli studi letterari. Ancora giovanetto, decise di aspirare al sacerdozio e per arrivarvi in maniera degna si sforzò non solo di conservare una condotta integra, ma anche tutte le virtù.
Mentre studiava filosofia, già stanco del mondo, accarezzò l’idea di abbracciare la vita religiosa: ma non poté realizzarla subito per il no dei genitori e del confessore. Frattanto cominciò gli studi di teologia e non li aveva ancora portati a termine quando fu eletto insegnante nel collegio di Chimacens.
Ordinato sacerdote il 22 maggio 1842, fu subito mandato a Brania del Conte per prendersi cura delle anime come viceparroco. Due anni dopo ottenne dai genitori e dal confessore il permesso di entrare nella nostra Congregazione; ma da parte del Vescovo nacquero nuove difficoltà. Superatele, cominciò il noviziato a Saint Trod (Sint-Truiden); il 24 maggio 1845 emise i voti e gli fu assegnata come sede il collegio di Bruxelles.
All’inizio del giugno 1849, chiamato a casa sua dal padre gravemente ammalato, compì tutti i doveri di figlio richiesti dalla natura e quindi ritornò tra i confratelli senza indugi. Frattanto l’ammalato, che aveva voluto che aveva voluto confessarsi col figlio, era rimasto così contento da ripetere più volte: Eduardo sarà santo. E subito apparvero i segni di santità. Eduardo stava dormendo nel primo mattino, si alzò gridando: “Mio padre è morto!” e pronunziate queste parole, inginocchiato, recitò il De Profundis. Lo stesso giorno ricevette la notizia della morte, che lui aveva vista di lontano.
Per ordine dei superiori, da Bruxelles andò prima a Douai [Dowaai in tedesco], poi nella casa di Tournais; e la governò fino alla morte ora come superiore, ora come consigliere secondo l’incarico e svolse questo compito con tanta gioia dei superiori e dei sudditi da riuscire graditissimo ai primi, rimpianto dai secondi. Era un uomo talmente prudente che i superiori gli potevano affidare gli incarichi più importanti.
C’è da aggiungere che il Vescovo gli affidò la direzione della sua coscienza e l’inchiesta sulle meravigliose stimmate di Luisa Lateau secondo il diritto; egli la portò alla conclusione desiderata.
Per quanto riguarda i rapporti con i sudditi, era così mite e pronto alla fraterna carità da conquistare tutti non solo con la gentilezza dei modi ma anche con la dolcezza del parlare: anche gli ostinati l’ebbero caro. Fu altrettanto fu caro a Dio e per non commettere alcunché di male davanti a Dio, difese e custodì la sua innocenza con preghiere continue, con la meditazione delle realtà divine, con la umiltà, con le penitenze.
Per provvedere di più alla diffusione della gloria di Dio, in casa e fuori, sempre esercitava il suo ministero apostolico. Finché glielo permise l’età non ancora avanzata, predicò le sacre missioni in tal numero che fa meraviglia pensare che uno solo, già sovraccarico di mansioni, abbia potuto sostenere tante fatiche. Nella diocesi di Tournais e nelle altre non ci fu villaggio o città la cui popolazione non sia stata toccata dalle missioni.
Dio guardava benevolmente a tutto ciò e arricchì di particolari grazie la santità del suo servo, già diffusa nel popolo. Si narra che Eduardo, un giorno, predisse ad un bambino che sarebbe stato un religioso; il che si avverò; un’altra volta con preghiere raccomandò a Dio un religioso gravemente ammalato e questi insperatamente guarì.
E poi bisogna ricordare che il dolcissimo servo di Dio, a 73 anni, predisse la sua imminente morte e ne precisò l’ora, il modo e le circostanze quando non c’era alcun segno da cui si potesse presagire la grave perdita.
Infatti il 30 luglio 1888; sebbene si dimostrasse ilare con i confratelli più del solito, sul far della sera, entrando nella propria stanza, fu colpito da morte improvvisa. Al suo funerale accorsero il clero e il popolo; il vescovo della città li esortò più alla gioia che al dolore, dicendo: “In cielo abbiamo un protettore di cui spero si avvierà la causa di beatificazione. Frattanto la sua memoria è in benedizione”.