Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
4. Diplomazia e umiltà
Diplomazia sì, ma cedere sempre il passo per umiltà. Fu una costante del vescovo Alfonso de Liguori.
Dopo la consacrazione episcopale, egli sostò a Napoli e, suo malgrado, si vide obbligato a compiere parecchie scarrozzate per riverire i Ministri borbonici, anche per accaparrarsi le loro simpatie nella sua futura azione pastorale.
Con la cortesia rabbonì i più duri ed ottenne con insperato successo il 30 giugno l’exequatur alla bolla pontificia di elezione: Michele Reggio e Tanucci, facendo buon viso a cattivo gioco, non ricusarono di firmarlo, come sarebbe stato nelle loro intenzioni. (A quanti era toccato di allungare il collo per mesi o anni, come al successore Mons. Onofrio Rossi (+ 1784) che trasferito nel 1775 da Ischia a S. Agata conseguì l’assenso regio solo nel 1779!).
Il cocchiere fiero di portare un vescovo, che per giunta era patrizio ed universalmente acclamato per santo, non voleva cedere il passo né a baroni né a duchi. Le reiterate raccomandazioni del modesto padrone non valevano nulla su quell’uomo, che dichiarava di saper bene il suo mestiere, rizzandosi con bravura sulla cassetta. Domenico ripeteva sotto i baffi spioventi: Chi va piano, va sano e va lontano, ma… non arriva mai.
Un giorno, presso la vetusta porta dello Spirito Santo, dove c’era maggior traffico in un’ora di punta, incontrò la carrozza di un titolato, e a trotto gli passò avanti, facendo schioccare la frusta. L’altro cocchiere in livrea suscettibile non meno di lui circa le precedenze lo rincorse, sorpassandolo arrogante. Intanto avanzavano, altre vetture, e l’automedonte intrepido non rallentava, filando dritto nell’ingorgo e berciando (=gridando a squarciagola).
Monsignore, nemico delle spacconate, strepitava dal finestrino, imponendogli che procedesse con moderazione per non andare a sbattere contro gli stipiti marmorei dei palazzi di Via Toledo.
A casa, nel rione dei Vergini, richiamò di nuovo il cocciuto vetturino, perché cedesse sempre a chiunque, anche a un salumaio. – “Ma Vostra Eccellenza che dice?” – “Sì, sì anche ad un salumaio“.
(Cf. Oreste Gregorio, Monsignore si diverte, Valsele Tip. 1987, pp. 29-30).
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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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