P. Alessandro Di Meo (1726-1786) – Italia.
P. Alessandro Di Meo (1726-1786).
E’ una delle più belle glorie e dei primi ornamenti della nostra Congregazione.
Nacque in Volturara il 3 Novembre 1726. Venne subito applicato agli studi pei quali rivelava le migliori disposizioni, avendo sortito dalla natura un intelletto fatto a posta per apprendere.
Vestito l’abito clericale, ai suoi diciotto anni entrò nel nostro Istituto, dove emise i voti il giorno 17 gennaio 1749.
Datosi con tutto l’ ardore, che gli era proprio, alla pietà come agli studi, non è a dire i rapidi progressi che fece nell’ una e negli altri. S. Alfonso aspettandosi da lui i maggiori vantaggi, lo stimò degno che fosse inviato a Napoli ad apprendere la lingua ebraica, nella quale si rese, in poco tempo, così versato da far meraviglia al suo dottissimo professore, D. Ignazio La Calce.
Poi, per parecchi anni, fu lettore di teologia ai nostri giovani; quindi applicato finalmente al ministero apostolico, sia nelle missioni, sia negli esercizi alle varie classi e stati, operò veri prodigi di dottrina e santità.
«Non ci è stato Vescovo, per così dire, città o popolazione che non si sia impegnato per averlo; ed erano tante le premure, che non si sapeva dai Superiori a chi prima compromettersi.» Così il P. Tannoia nella Vita che ne scrisse.
Ma il mirabile si è che, in mezzo alle tante e diverse occupazioni del ministero, trovasse tempo e modo di attendere ai suoi studi, specialmente storici, e lasciarci così, oltre la sua Confutazione della lettera e replica di D. Cipriano Aristasio a S. Alfonso sopra la frequente Comunione, l’Apparato Cronologico e ben dodici grandi volumi degli Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli della mezzana età.
Di queste opere quale e quanto sia il pregio, lo sanno bene gli eruditi, senza che noi aggiungiamo altra parola.
La sua morte, profetizzata già qualche tempo innanzi da S. Alfonso come una grande disgrazia della Congregazione, avvenne il 20 marzo 1786, cagionata da apoplessia, che lo colse mentre in un corso d’esercizi a Nola, faceva l’ istruzione.
Ma la sua fu morte preziosa, quella dei Santi, perché dal Cielo fu glorificata con parecchi miracoli.
Un Vescovo diceva a S. Alfonso: «Il P. De Meo è un prodigio: non vi è stato, né vi sarà mai l’eguale».
E S. Alfonso facendo eco a questo elogio, rispose: «Il genio di Alessandro mi dà un’idea della sapienza di Dio».
L’ applicazione allo studio non diminuiva mai il suo fervore: l’orazione e la mortificazione erano le due compagne inseparabili: moltiplicava le astinenze, digiunava a pane e acqua ogni sabato, e si dava la disciplina tutti i giorni, e spesso anche a sangue.
Tre amori occupavano tutto il suo cuore: il SS. Sacramento, la Beata vergine e la Santa Regola.
Si considerava il più infimo; di tutti aveva idea fuorché di se stesso; stando in Collegio si vedeva sepolto nella sua stanza. Confessando, godeva vedersi affollato dalla gentaglia. Aveva il piacere di vedersi accerchiato da fanciulli, istruirli, e dar loro delle regolucce per non cadere nel peccato e mantenersi in grazia. Faceva loro molto volentieri la Dottrina Cristiana.
La prima volta che fu con la Missione nel suo paese, non ebbe ribrezzo, imitando S. Agostino, a confessare sul pulpito i giovanili trascorsi, cercar perdono a tutti, e confondersi, come diceva, dei scandali già dati.
Se si presentava innanzi ai Vescovi per ricevere la benedizione, non era per lui una formalità ma un atto tale umile, che uscivagli dal cuore: tutto si annichiliva e confondeva in se medesimo.
Qualcuno volle avvertirlo che eccedeva troppo: «Questo è il nostro dovere, rispose il P. De Meo, e così benedice Iddio le nostre fatiche.
Se pregava e si presentava innanzi a Dio, lo si vedeva talmente sommesso col corpo e con sentimenti così vivi di sua miseria che non differiva dal pubblicano Evangelico: mettevasi di faccia a terra, concentravasi, e quasi non aveva animo alzar gli occhi al Cielo per implorare in se le divine misericordie.
Bastava, ascoltandone la confessione, vederlo darsi in colpa di sue mancanze per far idea di sua umiltà. Erano tali l’espressioni, e così vivi i suoi atti, che chi lo ascoltava si confondeva. Nell’ atto dell’assoluzione lo si vedevasi faccia a terra, e cogli atti del corpo indicava l’umiliazione interna che aveva nel cuore.
Ardente era il suo amore per Gesù Cristo e Maria SS.ma, specialmente quando predicava, rapiva l’uditorio. Fu devotissimo di S. Giuseppe e di S. Michele Arcangelo.
Nel Capitolo Generale del 1783 fu nominato Consultore Generale, e stando in Pagani, ebbe la direzione di spirito della Congrega dei bracciali ed artisti, e in breve da 30 Fratelli la condusse a 170.
Il 20 settembre 1753 P. Di Meo con i suoi studenti e S. Gerardo da Deliceto andò in pellegrinaggio al Monte Gargano. – Il 23 marzo 1755 fu assegnato Lettore a Caposele.
Nel maggio 1784 fu a Materdomini per l’ultima volta quale Convisitatore del P. Villani Vicario Generale.
Nel marzo 1786 fu a Nola col P. Rastelli per un corso di esercizi, egli come istruttore. Ma la sera del 20 invece di fare l’istruzione volle fare considerare come un solo peccato mortale fa meritare l’inferno eterno. Nel descrivere le fiamme; nel dire vampe nel petto, vam… finì di parlare e cadde.
Alle ore sei e mezza dopo ricevuta l’ olio Santo volò al Cielo. La mattina del martedì vi furono solennissimi funerali. Tutti vollero qualche reliquia. Si fece fare subito la maschera di cera.
Innumerevoli furono i prodigi che Iddio operò mediante le reliquie del suo fedele Servo!…
Il cadavere fu riposto dentro due casse di legno e seppellito in un fosso munito di fabbrica.
L’ iscrizione della lapide è la seguente :
Quieti Aeternae – Aleandri Di Meo – C. SS. R. Presbiteri – Qui. Evangelii. Praeconio – Singulari. Doctrina. Ac Pietate – Omnibus Regni.Ordinibus. Carus – Ileic – Hercules, Morbo. Correptus – Concionabundus, obiit – An. Aet. Suae. LX. P.M. – Civibus. Advenis. Convenis – Illacrimantibus – Sodalitii. Hujus. Magistri – Locum . Ubi. Ante hac. Nemini – Debere – An. Rep. – 3 – MDCCLXXXVI.
Traduzione: – Alla quiete eterna – di Alessandro Di Meo – Prete della Cong.ne del SS. Red. – che per la predicazione del vangelo – per l’ eccellente sua dottrina e pietà- fu caro a tutti gli ordini del Regno – Qui – preso di apoplessia – mentre predicava morì – nell’ età di an. 60 – Dopo la morte mentre i cittadini e forestieri – ne piangevano la perdita – i maestri di questo Sodalizio diedero la sepoltura dove – a nessuno mai per lo innanzi -nell’anno 1786.
(Lett. II- 629. Berth. 369 a 1131.
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Profilo tratto da
Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone – vol.1
Pagani, Archivio Provinciale Redentorista
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