P. Vincenzo De Vivo (1914-1949) – Italia.
Il 4 maggio 1949, nella clinica Villa Chiarugi di Nocera Inferiore, chiudeva gli occhi alla vita terrena il P. Vincenzo De Vivo, nostro amatissimo Confratello. Aveva trentaquattro anni di vita, di cui quindici di religione e nove di sacerdozio.
Era nato a Pagani, il 10 novembre 1914, accanto alla Basilica che frequentava nella sua fanciullezza innocente, assiduo alla scuola catechistica, fervoroso alla Mensa Eucaristica, ardente nella sua pietà mariana, mentre gli maturava nel cuore il seme della vocazione sacerdotale e missionaria.
Nel nostro Educandato a Lettere; nella solitudine raccolta del Noviziato a Ciorani; a S. Angelo a Cupolo nella severità degli studi, temprò la sua virtù, formò il suo carattere alla nobiltà squisita del sentire, alla sublimità del soffrire.
Nel giorno della sua consacrazione sacerdotale avvenuta nel duomo di Benevento, il 24 settembre 1939, alla sovrabbondante gioia che gli ricolmava il cuore erano mescolate lacrime di tristezza e di dolore. Iniziava il suo sacerdozio unendo al Sacrificio di Gesù il suo sacrificio. E soffrì sempre! Intelligenza luminosa, anima veramente nobile per virtù e per sentire, cuore sensibilissimo; furono queste doti che acuirono le sue sofferenze psichiche.
Fu professore di lettere ed educatore in mezzo alla gioventù, di cui conosceva le necessità e gli entusiasmi: e la sua fu sempre parola di vita, di edificazione, sprone a eroismo di virtù.
Fu in mezzo alle anime, delle quali sentì la sete e la fame di Dio; anelava alla conquista di tutte le anime al regno di Dio. Gli anni passati nelle Puglie gli facevano ora sospirare a dare la sua opera di redenzione nelle Calabrie… Ma la sua missione era la sofferenza; era già apostolo e redentore con Gesù sulla Croce!
La celebrazione della sua ultima messa durò circa un’ora; poi si effuse in ringraziamenti alle Suore della Clinica, perché gli avevano consentito di celebrare quella santa Messa, che egli considerava come una grazia tutta particolare: concludeva la Messa della sua vita.
Quando era rientrato in Clinica, ove i Proff. Ventra e Cancer, le Suore e gli infermieri esaurivano tutte le risorse del cuore e della scienza per attenuare le sue sofferenze e strapparlo alla morte, si era portato direttamente nell’Oratorio e, disteso per terra ai piedi dell’altare, aveva pregato lungamente. Poi si alzò come fortificato e alle Suore che gli erano intorno disse: «Mi sono offerto vittima a Gesù; l’ho fatto ora perché non lo potrò fare dopo!».
In questo sublime atto di immolazione è tutto il significato, è tutta la grandezza della sua vita.
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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
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Altro Profilo
Lontano dal collegio, ma non dal cuore dei suoi confratelli, serenamente moriva, la notte del 4 maggio 1949, il carissimo P. Vincenzo De Vivo. La morte lo ha prematuramente strappato nella rigogliosa età di 35 anni.
Giovane di animo ardente e pio si era, specialmente nell’ultimo tempo, votato al sacrificio della vita quale vittima di amore per Gesù.
Apriva gli occhi alla luce in Pagani, il 10 novembre 1914. Cresciuto in una famiglia rigorosamente cristiana, all’ombra del glorioso corpo di S. Alfonso, nutriva nell’animo il desiderio di consacrarsi interamente a Gesù, seguendo le orme del Santo Dottore. Ancora in tenera età, entrò nel nostro Educandato di Ciorani e poi di Lettere. D’intelligenza aperta, si dedicò con ardore allo studio, riportando sempre ottimi voti.
A Ciorani, si presentò all’altare per pronunziare generosamente al Signore la sua offerta totale nella Professione Religiosa, che emise il 29 settembre 1933. A S. Angelo a Cupolo completò la sua formazione intellettuale e religiosa, dando esempi di santità e profonda pietà.
Nel 1939 poté finalmente coronare la sua vita di studio e di preghiera ai piedi dell’altare con la ordinazione sacerdotale. Ma la vita religiosa iniziata nel dolore doveva ancora percorrerla tra le lacrime: il Signore lo voleva sull’aspro e duro calvario.
Lettore di varie discipline nell’Educandato e nello Studentato, guidò le intelligenze dei nostri giovani, spronandoli nelle vie della virtù. Ma, il 26 gennaio 1949, fu costretto a lasciare il collegio di S. Angelo a Cupolo per tornare a Pagani ed essere ricoverato in clinica. Sembrò che migliorasse; in linea di esperimento fu dimesso dalla clinica e tornò in collegio. La miglioria però fu solo apparente e, dopo pochi giorni, dové nuovamente ricoverarsi. Era l’ultima tappa del suo sacrificio.
Era il primo maggio, il mese della Madonna che tanto amava. Celebrò la Messa, la sua ultima messa. « Non so che cosa mi possa accadere. Oggi celebro cosciente la mia messa; voglio pensare all’anima mia ». Durò un’ora! Che cosa avveniva in quell’anima delicata?
Martedì sera si aggravò e, il mercoledì, festa del Patrocinio di S. Giuseppe, alle prime ore, si addormentava nel Signore. Nella tarda ora del pomeriggio, la venerata e lacrimata salma venne trasportata nella Basilica di S. Alfonso.
S. GERARDO, anno XLIX, luglio 1949, pag. 111.
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