Mons. Giuseppe Consenti (1834-1907) – Italia.
Mons. Giuseppe Consenti (1834-1907)
Vescovo di Nusco, poi di Lucera
Nacque nel 25 aprile 1834 in Galatina da Raffaele e Concetta Calcagnile.
Dall’infanzia si dimostrò docile, affettuoso verso la madre, che riveriva sempre come l’Angelo invisibile, e di cui volle, in ogni tempo aver seco la cara immagine, cui dopo Dio faceva ricorso nelle amarezze della vita.
Fanciullo rivelava indubbiamente la vocazione al Sacerdozio, ed infatti, appena quindicenne partì per Pagani per essere ricevuto nella nostra Congregazione del SS. Redentore.
Fece la sua Professione religiosa il 1° novembre 1852. Esatto nell’ osservanza delle sante Regole, disponeva nel suo cuore con la vita savia ed esemplare l’ascensione al Sacerdozio, di cui fu insignito nel 25 marzo 1859; e fu subito adibito zelante operaio nelle sacre Missioni, ammirato da tutti come il fratello prudente, affabile, economo, percorrendo qual Missionario quasi tutta l’Italia.
Più volte fu preconizzato Vescovo dal Papa Leone XIII di s. m.; ma dispiaceva non poco al nostro Rettore Maggiore privare la Congregazione di un soggetto che nella predicazione e nella prudenza era degno discepolo del S. Fondatore.
Però nel 1890 lo stesso Sommo Pontefice, motu proprio, volle condecorare delle infule episcopali le sue apostoliche fatiche, e lo creò Vescovo di Nilopoli e Coadiutore al Vescovo di Nusco.
Quando ebbe il biglietto di nomina a Vescovo P. Consenti stava di stanza a Pagani, nominato di fresco Rettore del Collegio di Angri.
Nonostante la rinunzia, parecchie volte ripetuta, fu obbligato per obbedienza a riceverne la consacrazione; ed a Nusco per ben 4 anni rivelò la sua paterna vigilanza nel mantenere la concordia nel Clero, l’ordine nelle famiglie, la osservanza e l’ ubbidienza alle sante leggi della Chiesa, governando la Diocesi, più che da vigile Pastore, da padre affettuoso, incancellabile per l’affabilità dalla mente e dal cuore di quanti lo conobbero.
Ma l’occhio linceo di Leone XIII ben riconobbe in Mons. Consenti l’uomo di governo pel bene del popolo e gli assegnava un campo più vasto per esercitare l’apostolico suo zelo trasferendolo alla storica Città e Diocesi di Lucera, il 12 giugno 1893, per opera del Cardinale Siciliano Di Rende, Arcivescovo di Benevento.
Nel 1895 prese parte al Concilio Provinciale Beneventano, e fu uno dei Vescovi firmatari di quella petizione che da Leone XIII ottenne per Benevento l’Università teologica-giuridica, essendo Arcivescovo il Benemerito Cardinale Donato Maria Dell’Olio.
Nei 14 anni del suo Episcopato Mons. Consenti fu sempre e tutto consacrato all’adempimento del suo Ministero Episcopale, massime alla predicazione così da divenire illustre Oratore del Pergamo Italiano, specie in occasione delle Feste di S. Ambrogio in Milano.
Il Consenti per il suo zelo pastorale fu Vescovo modello; per la sua carità fu padre dei poveri; per la sua gentilezza fu l’ amico, fu il benefattore di tutti. Egli si fece tutto a tutti per acquistare tutti alla carità di Gesù Cristo.
Nell’esercizio del suo ministero fu instancabile, e non indietreggiò mai innanzi agli ostacoli, specie quando si trattò di fare il bene. Dio e la salute delle anime, la Chiesa ed il Papato, il Clero, il Popolo, il Seminario ed i Religiosi furono le maggiori delizie della sua vita.
Nel 1895 intervenne al Congresso Eucaristico di Milano, presieduto dal Cardinale Sarto, poi Pio X di s. m. al quale presero parte più di 80 Vescovi con 3 Cardinali.
Indi passò all’ Opera dei Congressi Cattolici che si teneva in Torino.
Nel 1901 fu al Congresso di Taranto, e dovunque la sua parola facile e vibrante destava vivo entusiasmo. Egli incarnò in sé il vero concetto del Vescovo, quale lo descrive S. Paolo nelle sue lettere a Timoteo e a Tito. «Non superbo, non iracondo, non violento, non amante del vil guadagno; ma ospitale, benigno, temperante, giusto, santo, continente, tenace di quella parola fedele ch’è secondo la dottrina, modello a tutti del ben fare, nella dottrina, nella purità dei costumi, nella gravità ».
Mons. Consenti, temperato alla disciplina regolare della Congregazione del SS. Redentore, rispecchiò in sé le virtù del S. Fondatore, e come lo ebbe a modello nel ministero di Missionario, così lo seguì in quello episcopale.
Mai pensò a se stesso, ma si fece sempre tutto a tutti pur di condurre le anime a Dio. Egli era buono, semplice, modesto, temperatamente allegro, come schietto.
Aveva in odio ogni forma d’ipocrisia e di viltà; tanto che contra qualsiasi infingimento egli sia con la parola, sia con lo scritto, soleva levare ben alto il suo grido.
Amico della Magistratura, ricambiato di stima e di onore dalle Autorità civili e militari, seppe mantenere l’armonia, non ostante la dissonanza dei partiti, delle indole, dei temperamenti, delle opinioni, perché tutti indistintamente riconoscevano in Mons. Consenti l’uomo prudente, affabile, che senza manomettere la propria dignità, senza tradire la propria coscienza, si faceva tutto a tutti, accogliendo persino a mensa, come il divin Salvatore, anche qualche Pubblicano o Fariseo, sperando guadagnarlo a Gesù Cristo e al Vangelo.
Mons. Consenti bisogna guardarlo nel cuore più attentamente.
Ogni atto del suo episcopato, fosse stato pure di un giusto rigore, dava al suo cuore un novello incentivo ed una novella espansione. Ancora era uso a dire che ad illuminare le menti di certuni, assai volte, per le vie del cuore, aveva egli ottenuto più che non altri ottengono per forza d’ingegno, di sapere o di dialettica.
E diceva il vero. Certo è che la gente di ogni grado, e, talora anche poco credente, si accostava a lui volentieri. La bontà del cuore lo rendeva mite a giudicare, facile ad accogliere tutti, e specialmente largo nel dare ai poverelli. E poiché viveva modestamente e parcamente, trovava più facile il modo di venire in aiuto dei bisognosi.
Fu più volte da Vescovo a predicare a Pagani, e quando predicò il Triduo di riparazione alle bestemmie contro la Morale di S. Alfonso, il 17, 18, 19, e 20 ottobre 1901 destò un entusiasmo indescrivibile in tutto il popolo.
Nell’ultimo anno in cui la sua infermità più lo travagliava, ed egli vedeva vicino il termine della sua vita, le sue lettere chiaramente rivelavano il suo spirito di sacrificio nel sopportare pazientemente i gravissimi suoi mali, sia fisici che morali.
La gemma poi, che corona tutte le prerogative di Monsignore, fu la sua tenerissima devozione alla Madonna. Bastava solo sentirlo parlare di Maria SS. per sentirsi tutto infervorato.
Amò sempre la Congregazione, per cui andava sempre vestito da Liguorino. E nel testamento lasciò L. 3.000,00 al Provinciale, pro tempore, per una Missione annua nella Diocesi di Lucera.
Travagliato da più anni da un malore viscerale, riparò in Galatina, presso i suoi, ma quando sperava di superare l’ostinazione del male, lo colse, improvvisamente la morte il 13 novembre 1907, dopo aver ricevuti i santi Sacramenti e data la Benedizione al Clero e al popolo, contando anni 73, mesi 6, giorni 19.
Solennissimi furono i funerali, vi intervennero anche tutte le Autorità civili e militari. In ciascuno nostro Collegio si celebrarono i funerali e si fecero dei suffragi per otto giorni.
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Il Cav. Normando Eduardo nativo di Montoro Inferiore residente ad Acquaviva delle Fonti racconta che un suo amico Canonico, condannato innocentemente dal pretore di Monte S. Angelo si appellò al tribunale di Lucera e mercé al vivo interessamento di Mons. Consenti fu assolto per inesistenza di reato.
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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.3 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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